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Finanze vaticane, il cardinal Becciu indagato Oltretevere per peculato

Cecilia Marogna: "So quel che ho fatto e non ho fatto, quel che ho letto finora sui giornali non mi tocca, la realtà è diversa, non è come viene raccontata, non è quel che sembra"

Città del Vaticano – Le autorità vaticane hanno indagato il cardinale Angelo Becciu per peculato. È quanto rivela oggi “Repubblica”, secondo la quale la Procura di Roma ha ricevuto una rogatoria per fare chiarezza su alcuni rapporti tra il porporato e alcuni membri della sua famiglia. In particolare i magistrati, che presto delegheranno la Guardia di Finanza, dovranno indagare sui rapporti tra la Caritas di Roma e la Angel’s, società amministrata da Mario Becciu.

L’azienda, che produce birra, aveva sottoscritto un contratto per poter apporre il logo della Caritas sulle proprie bottiglie, in cambio del 5% del fatturato in favore della Caritas. Un contratto considerato poco chiaro Oltretevere. Il Vaticano, inoltre, vuole avere maggior informazioni sul rapporto tra la diocesi di Ozieri e la Spes, cooperativa di proprietà di un altro Becciu, Tonino. Secondo l’accusa all’impresa sono arrivati 700 mila euro a fondo perduto, peraltro senza motivo. Denaro che proviene in parte dal fondo dell’otto per mille della Cei e, in parte, dall’Obolo di San Pietro, fondo sotto il controllo diretto del cardinale.

In difesa del porporato scende la “dama bianca”, Cecilia Marogna, dal carcere di San Vittore dove è rinchiusa dal 13 ottobre (leggi qui). Sempre tramite “Repubblica”, afferma: “So quel che ho fatto e non ho fatto, quel che ho letto finora sui giornali non mi tocca, la realtà è diversa, non è come viene raccontata, non è quel che sembra”. E aggiunge: “Becciu è un prete vero, uno che ci crede sul serio, fedele alle disposizioni“.

Torna a farsi sentire poi Francesca Immacolata Chaouqui, ex membro della Commissione pontificia sulle Finanze Vaticane (Cosea), che ricorda il periodo della sua condanna in Vatileaks e il suo arresto in un’intervista a “La Verità”. “A causa sua il pensiero di ammazzarmi mi è passato dal cervello… poi io sono una combattente mi sono buttata sul lavoro, ma è difficile senza averlo vissuto capire quanto sia stato brutto quello che mi ha fatto Becciu”, dice Chaouqui.

“Il promotore di giustizia non voleva farlo, fu Becciu a convincerlo, tanto è vero che rimasi chiusa nella cella di un convento un solo giorno. Il Papa appena seppe del mio arresto da incinta inorridì e mi fece liberare all’istante…“, sostiene Chaouqui. “Dopo Vatileaks, il cardinale, con qualunque interlocutore, mi descriveva come carne putrida, feccia. La gente usciva dai colloqui con Becciu ritenendomi la peste. Questo mi aveva annichilito – racconta Chaouqui -. Anche se nessuno sapeva che reato avessi commesso. Nel frattempo io gli scrivevo su Messenger, gli parlavo di me, gli mandavo la foto della mia famiglia e di mio figlio…”.

E il cardinale? “Ogni tanto commentava le foto del bambino metteva dei like. Dopodiché era il comandante Domenico Giani che continuava a consigliarmi – prosegue -. Io sto alle costole del cardinale dal 2013, quando venni a conoscenza della lettera con la quale Becciu voleva affidare a Raffaele Mincione la realizzazione di un investimento in una piattaforma petrolifera in Angola. Denunciai al Santo Padre l’opacità di questo tipo di affare nel novembre di quell’anno. L’accordo non si realizzò, ma la Cosea venne sciolta. Becciu mi considerava un vero pericolo per i suoi business perché non avevo nulla da perdere, non cercavo soldi e conoscevo il mondo della finanza e, di fama i faccendieri a cui si affidava”, dice l’ex membro Cosea aggiungendo di essere stata anche nel paese d’origine dell’ex cardinale, Pattada.

“Dopo il tentativo di pace fallito, ogni giorno che mi svegliavo, cercavo di scoprire il latrocini del cardinale. Mi feci una rete di informatori all’interno delle società che Becciu utilizzava. E nel 2017 venni a sapere di uno strano affare a Londra“, prosegue.

“Avevo visto come prosperava la cooperativa del fratello – afferma Chaouqui -, la falegnameria dell’altro fratello, che sembrava una gioielleria, gli affari del terzo fratello psicologo, con l’olio Donum Dei. Un nome che suonava come una presa in giro visto che era stato fatto con i soldi dei poveri… comunque in questa storia non ci sono solo i fratelli, ma pure sedicenti nipoti…”.

Chaouqui racconta poi di “tre persone in questi giorni mi hanno mostrato i messaggi con cui, ritenendo che io fossi la disgrazia per gli affari del presunto zio, l’uomo cercava notizie da pubblicare contro di me sui giornali ‘anche a pagamento’“. Chaouqui spiega che le sue due deposizioni in relazione a Becciu sono agli atti dell’inchiesta. Mentre rispetto alla collaboratrice Cecilia Marogna rifiuta ogni accostamento: “l’unica cosa che condivido con lei e l’età. Io non sono mai stata sospettata di aver rubato alcunché”.

E rivela: “Mostrava sul suo telefono le foto delle stanze della Segreteria di Stato e Becciu la presentava come se fosse l’astro nascente della diplomazia vaticana. Non ero gelosa di lei. Ero disgustata. Nessuno di noi si permette di fotografare le sacre stanze e di postarle sui social con commenti come ‘sentirsi a casa’“.

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