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Covid ed economia; caro Conte, i “morti” non si ristorano

26 ottobre 2020 | 06:30
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Covid ed economia; caro Conte, i “morti” non si ristorano

Promettere ristori e non darli (come in realtà è già accaduto e sta accadendo) potrebbe essere solo l’ultimo anello di un catena che sta strangolando il Paese.

Troppe incongruenze, troppe dissonanze nell’emergenza Covid. I divieti parlano al presente (da oggi…) le rassicurazioni al futuro (saranno predisposte misure di ristoro…). Non è un modo di comunicare che possa essere accettato.

Anche perché molte parole suonano “false”, all’orecchio di tanti italiani. Come la promessa di “ristoro” per chi dovrà affossare le proprie attività nella palude dei divieti. Visto che il problema è sanitario, varrebbe la pena ricordare al premier Conte è che qualsiasi intervento terapeutico di ripresa di un malato passa per un fattore primario: che il paziente sia ancora vivo.

Promettere ristori per categorie che già oggi sono in affanno (ristoratori, bar, attività alberghiere e tutti gli indotti di cui nessuno parla, ossia i fornitori piuttosto che Taxi e Ncc) rasenta la presa in giro.

Eh si, perché i prestiti le banche, anche nella Fase Uno, li hanno concessi solo a chi dimostrava una certa stabilità, alla faccia delle garanzie statali; e la cassa integrazione, ad oggi, non è arrivata a migliaia di lavoratori. So per certo che ci sono persone che non hanno visto un euro, dico un solo euro, da marzo; mentre una pletora hanno visto la prima tranche e poi nulla più, da maggio. A che serve promettere ristori se poi non arrivano?

Oggi come oggi – che tu sia imprenditore o dipendente – non può valere il discorso che “prima o poi lo Stato paga”, perché se lo fa “prima” c’è una ragionevole possibilità di lasciare le attività aperte, ma se lo fa “poi”, troverà solo aziende morte e in decomposizione; con i cadaveri dei posti di lavoro a scivolare lungo le acque putride della recessione.

E poi, perché penalizzare i ristoratori che già hanno diminuito i posti a sedere consentendo il distanziamento sociale? Perché sedersi a pranzo è tollerato ma sedersi a cena è un problema (stessi posti, stessi spazi)? E perché andare a teatro o al cinema con un distanziamento obbligato (una sedia sì e una sedia no) sarebbe un problema?

E perché imporre mascherine senza che nessuno ne controlli (e ne finanzi) il corretto uso? Usare una mascherina 15 giorni non serve a contenere l’epidemia, ma basta per non incorrere in sanzioni. Se non è ipocrisia questa…

E infine: un Pese già stanco e sfiduciato, con un’economia al collasso, vede un nuovo lockdown “mascherato” impedire di utilizzare gli strumenti antistress naturali ed efficaci: lo sport, la cultura, la musica, le risate. Non si può festeggiare in casa, né giocare a calcetto, né andare al cinema, né sedersi a teatro, né fare una nuotata, né curare il proprio corpo in palestra. Ma si può andare in chiesa come nei centri commerciali, sacro e profano. Si sta creando un mix esplosivo, e c’è qualcosa che mi sfugge. Pur comprendendo l’esigenza di tutelare la salute.

Promettere ristori e non mantenere la parola data (come in realtà è già accaduto e sta accadendo) potrebbe essere solo l’ultimo anello di una catena che sta strangolando il Paese. Ma quando si è in debito di ossigeno, si fanno movimenti imprevedibili, per liberarsi dall’asfissia. Oppure si muore. Due scenari ugualmente bui.