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Cronaca Locale
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Luigi Satta: “Porto canale, che fine farà via Torre Clementina?”

2 novembre 2020 | 13:20
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Luigi Satta: “Porto canale, che fine farà via Torre Clementina?”

In dirittura d’arrivo la realizzazione della darsena pescherecci, ma serve una diga foranea se vogliamo preservare l’economia turistica

Fiumicino – “I nostri pescatori hanno passato nottate in banchina a vigilare le proprie imbarcazioni con il fiume in burrasca, quando il Porto canale, con i venti provenienti Sud / Sud Ovest / Ovest è stato schiacciato tra il mare grosso e il Tevere che non riusciva ad uscire. Situazione pericolosa, anche in considerazione dell’alveo del fiume ristretto a causa dei lavori di messa in sicurezza degli argini per il rischio esondazione”. A parlare è Luigi Satta, già delegato per la Pesca al Comune di Fiumicino e uno dei più convinti sostenitori – dalla prima ora – del Porto Commerciale.

“Ora – spiega Satta – arriva la buona novella: entro Giugno 2021 dovrebbe iniziare la costruzione del nuovo Porto commerciale, con previsioni di consegna entro Giugno 2023. Il polo della pesca di Fiumicino, dunque, entro pochi anni lo vedremo ormeggiato in sicurezza nella nuova darsena della pesca.

Un po’ di storia

“Il porto canale o Fossa Traianea, dagli Anni ’50 agli Anni ’80 ha svolto il ruolo di porto commerciale movimentando cemento, carbone, bestiame, materiale per l’edilizia (granito per i cigli dei marciapiedi, in particolare) e prodotti petroliferi sia all’interno che in rada, nelle piattaforme.

Nell’ultimo decennio ha subito interventi strutturali, per la messa in sicurezza contro eventuali esondazioni del Tevere, Questi interventi sono stati realizzati alle banchine sud e nord, dal ponte 2 Giugno fino alla passerella pedonale.

Lavori sui quali ci sarebbe molto da ridire; il progetto dell’epoca avrebbe dovuto prevedere la demolizione e ricostruzione degli argini; ma ,forse, la ditta appaltatrice ha commesso qualche errore, e invece di demolire la parte verso fiume e portare vie i materiali, li ha inglobati all’interno delle parancole posizionate per contenere la vecchia banchina, attaccando all’esterno i nuovi pannelli, creando un ‘effetto imbuto’.

La realizzazione di quest’opera, infatti, ha ristretto il fiume di 220 cm. Non sappiamo se la ditta esecutrice non abbia tenuto fede al progetto o, invece, il disastro attuale è da imputare al progettisti.

Come detto, hanno ‘semplificato’ i lavori, e invece di demolire la parte delle banchine nello specchio acqueo, hanno pensato di posizionare delle parancole di acciaio incernierate tra di loro, ingrossando le banchine di 110 centimetri sulle 2 banchine sud e nord, provocando il restringimento di circa 220 centimetri della fossa traianea, come detto sopra.

Non ci vuole molto per capire cosa succede all’interno del porto canale con il mare in burrasca e quando il deflusso delle acque di piena aumenta la velocità, arrivando fino a 5/ 7 nodi, (circa 13 km all’ora).

Consapevole dell’esperienza fatta qualche anno prima con gli stessi principi progettuali, per lavori realizzati sulla banchina nord, dalla passerella fino alla foce – spiega ancora Satta -, ho cercato invano di farmi ascoltare sollevando il problema in diversi articoli, pubblicati dal Faro Online. e con incontri col presidente dell’Autorità Portuale di quel periodo. Ma sono state sollecitazioni cadute nel vuoto.

Il prossimo futuro

Il porto-canale una volta liberato dalla pesca, dovrebbe essere declassato da porto dello Stato ad approdo turistico, sempre sotto la giurisdizione territoriale dell’Autorità del sistema strategico portuale.

Attualmente, la situazione non permette di dare ormeggio ad altre tipologie di imbarcazioni. Le cause ostative sono diverse: la mancanza di sicurezza per gli ormeggi, il flusso continuo di rifiuti in sospensione (tronchi di alberi, frigoriferi, carcasse di animali) trasportati dalla corrente verso la foce; un problema sia per la sicurezza delle barche ormeggiate, sia per la navigazione, sia per l’ambiente.

La proposta: una diga foranea

Inoltre la foce andrebbe messa in protezione con una diga foranea, realizzata ad una certa distanza. Ciò avrebbe l’effetto di ostacolare il forte moto ondoso che crea un tappo al deflusso del fiume specialmente in condizioni di piena, ed evitare un’eventuale esondazione, nonché fungerebbe da ‘raccolta’ naturale dei detriti trasportati dal fiume, che potrebbero essere concentrati e dunque smaltiti.

Di una diga non foranea, ma soffolta (sott’acqua) esiste un vecchio progetto, bocciato poi dagli enti competenti, motivando l’impedimento al deflusso del Tevere. Ecco, una diga foranea non crea impedimenti ma agevola il deflusso – come già detto – e impedirebbe di prendere il largo a gran parte di quei rifiuti in sospensione, diminuendo al contempo il deposito sulle spiagge.

La Regione Lazio per le sue competenze, dovrà intervenire (di realizzare un pettine diga all’altezza di Capo Due Rami se ne parlava già durante le la prima amministrazione Bozzetto). Per la raccolta, ci sono già ditte specializzate a recuperare tutti i rifiuti in sospensione sia sul fiume che a mare.

Non c’è più tempo da perdere

Inutile parlare di sviluppo turistico se non si riesce a guardare al futuro oltre il contingente. Una volta tolti i pescherecci, il Porto canale sarà solo una distesa di acqua, e anche il centro cittadino perderà appeal. La prima vittima – conclude Satta – se non si interverrà nei tempi giusti, sarà l’intera via Torre Clementina. Ecco perché bisogna operare al più presto nella progettazione di una diga foranea, a difesa di un patrimonio storico ed economico.

Immaginare invece, lungo i 2 chilometri di banchine, una serie di imbarcazioni ormeggiate, anche di notevole misura e lusso, vale la vita economica di Fiumicino, dell’indotto della ristorazione di via Torre Clementina e non solo.

Una volta messa in sicurezza la fossa Traianea – conclude Satta -, potrebbe svolgere il ruolo di approdo turistico e vedere ormeggiate yacht di grandi dimensioni. E Fiumicino rinascerebbe più bella di adesso.