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Il Papa ai giovani: “Cambiamo l’economia”. E lancia il “Patto di Assisi” per affrontare la crisi

21 novembre 2020 | 20:04
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Il Papa ai giovani economisti: “Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case”

Città del Vaticano – Papa Francesco lancia il “Patto di Assisi” per affrontare il post coronavirus e la crisi economica strutturale che non ha atteso la pandemia per manifestarsi. Bergoglio lo fa rivolgendosi con un videomessaggio ai circa duemila giovani che, sempre con collegamenti a distanza, in questi tre giorni si sono confrontati attraverso l’evento “The Economy of Francesco”, vero e proprio raduno mondiale di quella che, nelle intenzioni degli organizzatori, è il vero e proprio momento di nascita di un nuovo movimento generazionale e mondiale.

“La gravità della situazione attuale, che la pandemia del Covid ha fatto risaltare ancora di più, esige una responsabile presa di coscienza di tutti gli attori sociali, di tutti noi, tra i quali voi avete un ruolo primario: le conseguenze delle nostre azioni e decisioni vi toccheranno in prima persona, pertanto non potete rimanere fuori dai luoghi in cui si genera, non dico il vostro futuro, ma il vostro presente – ha spiegato il Pontefice rivolgendosi ai giovani – Voi non potete restare fuori da dove si genera il presente e il futuro. O siete coinvolti o la storia vi passerà sopra”.

Al centro della nuova stagione economica, nel pensiero del Papa, devono esserci i poveri. “È tempo che diventino protagonisti della loro vita come dell’intero tessuto sociale. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro”, chiede Bergoglio, “Ricordatevi l’eredità dell’illuminismo, delle èlites illuminate. Tutto per il popolo, niente con il popolo. E questo non va. Non pensiamo per loro, pensiamo con loro. E da loro impariamo a far avanzare modelli economici che andranno a vantaggio di tutti”.

Infatti “è tempo, cari giovani economisti, imprenditori, lavoratori e dirigenti d’azienda, è tempo di osare il rischio di favorire e stimolare modelli di sviluppo, di progresso e di sostenibilità in cui le persone, e specialmente gli esclusi (e tra questi anche sorella terra), cessino di essere – nel migliore dei casi – una presenza meramente nominale, tecnica o funzionale per diventare protagonisti della loro vita come dell’intero tessuto sociale”. E’ tempo anche di nuovi uomini per nuovi approcci. “Se è urgente trovare risposte, è indispensabile far crescere e sostenere gruppi dirigenti capaci di elaborare cultura, avviare processi – non dimenticatevi questa parola: avviare processi – tracciare percorsi, allargare orizzonti, creare appartenenze”, dice ancora il Papa.

Ma anche la Chiesa, di fronte alle nuove sfide, rinuncia alle sue formule più consolidate, almeno nei decenni più recenti. Ci vuole “qualcosa di nuovo”, un radicale ripensamento delle strutture culturale e non dell’economia. “No, non siamo costretti a continuare ad ammettere e tollerare in silenzio nei nostri comportamenti che alcuni si sentano più umani di altri, come se fossero nati con maggiori diritti” o privilegi per il godimento garantito di determinati beni o servizi essenziali”. Sia però ben chiaro: “Non basta neppure puntare sulla ricerca di palliativi nel terzo settore o in modelli filantropici. Benché la loro opera sia cruciale, non sempre sono capaci di affrontare strutturalmente gli attuali squilibri che colpiscono i più esclusi e, senza volerlo, perpetuano le ingiustizie che intendono contrastare”.

“Infatti, non si tratta solo o esclusivamente di sovvenire alle necessità più essenziali dei nostri fratelli. Occorre accettare strutturalmente che i poveri hanno la dignità sufficiente per sedersi ai nostri incontri, partecipare alle nostre discussioni e portare il pane alle loro case – conclude -. E questo è molto più che assistenzialismo: stiamo parlando di una conversione e trasformazione delle nostre priorità e del posto dell’altro nelle nostre politiche e nell’ordine sociale”.

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