Papa Francesco: “Dio ci giudicherà sull’amore concreto, dato o negato ai poveri”

22 novembre 2020 | 13:24
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Papa Francesco: “Dio ci giudicherà sull’amore concreto, dato o negato ai poveri”

Il Pontefice all’Angelus: “Guardiamoci dalla logica dell’indifferenza. Sarò giudicato su questo: su come mi sono avvicinato, su come ho guardato Gesù presente nei bisognosi”

di FABIO BERETTA

Città del Vaticano – “Il criterio del giudizio” che Dio userà alla fine dei tempi “sarà preso in base all’amore concreto dato o negato” ai più poveri, “perché Lui stesso, il giudice, è presente in ciascuna di esse. Saremo giudicati sull’amore. Non sul sentimento, no: sulle opere, sulla compassione che si fa vicinanza e aiuto premuroso”.

Lo ribadisce, ancora una volta, Papa Francesco, durante la preghiera domenicale dell’Angelus. Affacciandosi su una piazza San Pietro baciata dal sole e riempita da poche centinaia di fedeli, il Pontefice ricorda la solennità che celebra oggi la Chiesa, ovvero quella di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo, con la quale si chiude l’anno liturgico.

“Egli è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e il compimento della storia; e la liturgia odierna si concentra sull’ ‘omega’, cioè sul traguardo finale. Il senso della storia lo si capisce tenendo davanti agli occhi il suo culmine: la fine è anche il fine”, spiega Bergoglio.

L’evangelista, fa notare il Papa, pone “il discorso di Gesù sul giudizio universale all’epilogo della sua vita terrena: Lui, che gli uomini stanno per condannare, è in realtà il supremo giudice. Nella sua morte e risurrezione, Gesù si mostrerà il Signore della storia, il Re dell’universo, il Giudice di tutti. Ma il paradosso cristiano è che il Giudice non riveste una regalità temibile, ma è un pastore pieno di mitezza e di misericordia”.

“Gesù, infatti, in questa parabola del giudizio finale, si serve dell’immagine del pastore, richiamando le profezie di Ezechiele (cfr 34,1-10)”, spiega il Santo Padre, sottolineando come nel testo biblico alcuni israeliti “erano stati crudeli e sfruttatori, preferendo pascere sé stessi piuttosto che il gregge; pertanto Dio stesso promette di prendersi cura personalmente del suo gregge, difendendolo dalle ingiustizie e dai soprusi”. Una promessa, aggiunge Francesco, “di Dio per il suo popolo che si è realizzata pienamente in Gesù Cristo, che dice di sé: ‘Io sono il buon pastore”.

Infatti, nella pagina evangelica di oggi, “Gesù si identifica non solo col re-pastore, ma anche con le pecore perdute, cioè con i fratelli più piccoli e bisognosi. E indica così il criterio del giudizio: esso sarà preso in base all’amore concreto dato o negato a queste persone, perché Lui stesso, il giudice, è presente in ciascuna di esse”.

Il Signore, dunque, “alla fine del mondo, passerà in rassegna il suo gregge, e lo farà non solo dalla parte del pastore, ma anche dalla parte delle pecore, con le quali Lui si è identificato. E ci chiederà: ‘Sei stato un po’ pastore come me?’. ‘Sei stato pastore di me che ero presente in questa gente che era nel bisogno, o sei stato indifferente?'”.

E ammonisce: “Fratelli e sorelle, guardiamoci dalla logica dell’indifferenza, di quello che ci viene in mente subito: guardare da un’altra parte quando vediamo un problema. Io, davanti ai miei fratelli e sorelle nel bisogno, sono indifferente e guardo da un’altra parte? Sarò giudicato su questo: su come mi sono avvicinato, su come ho guardato Gesù presente nei bisognosi”.

La preghiera del Papa a 40 anni dal sisma dell’Irpinia

Dopo la benedizione, il pensiero del Papa va “alle popolazioni della Campania e della Basilicata, a quarant’anni dal disastroso terremoto, che ebbe il suo epicentro in Irpinia e seminò morte e distruzione”.

“Quell’evento drammatico, le cui ferite anche materiali non sono ancora del tutto rimarginate, ha evidenziato la generosità e la solidarietà degli italiani. Ne sono testimonianza tanti gemellaggi tra i paesi terremotati e quelli del nord e del centro, i cui legami ancora sussistono. Queste iniziative hanno favorito il faticoso cammino della ricostruzione e, soprattutto, la fraternità tra le diverse comunità della Penisola”, aggiunge.

Quindi l’immancabile saluto ai pellegrini e a quanti lo seguono tramite i mezzi di comunicazione: “A tutti auguro una buona domenica. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.

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