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“Revenge Porn” a Roma, si fa inviare foto hard e poi la ricatta: arrestato

L'uomo dovrà rispondere oltre che del reato di estorsione, anche di sostituzione di persona, violenza sessuale e del c.d. "revenge pornography"

Roma – Si è presentata negli uffici del commissariato Colleferro, diretto da Marco Morelli, denunciando quanto le stava accadendo. La donna, 32enne italiana, ha raccontato agli investigatori di aver conosciuto, da circa 15 giorni, su un noto social, un uomo e di aver intrapreso con lui un’amicizia.

Durante le varie conversazioni tra i due questo, presentandosi con un falso cognome, le aveva confidato di essere un attore di film pornografici. Poi, persuasa dal suo interlocutore, la vittima, gli aveva inviato alcune fotografie che la ritraevano completamente nuda.

Appena in possesso delle immagini il “presunto attore”, aveva iniziato a ricattarla minacciandola di inviare le immagini al marito se non avesse accettato di avere rapporti sessuali con lui.

Dopo i primi accertamenti sull’utenza telefonica fornita dalla vittima, gli agenti della Polizia di Stato sono risaliti all’ esatta identità dell’uomo, italiano di 38 anni originario della provincia di Frosinone.

D’accordo con i poliziotti, la vittima ieri pomeriggio, ha fissato un appuntamento con il suo interlocutore presso un’area di parcheggio a Colleferro.

Appostati e ben nascosti, gli investigatori hanno atteso l’arrivo dell’uomo e, dopo una breve conversazione con la donna, a cui era stato occultato un registratore, sono entrati in azione bloccando il 38enne.

Dalla registrazione è emersa chiara l’intenzione dello stesso di ricattare la vittima e la volontà di cancellare quelle foto solo dopo aver ottenuto quanto richiesto. Durante la perquisizione il fermato è stato trovato in possesso di un piccolo frammento di hashish.

Arrestato, l’uomo dovrà rispondere oltre che del reato di estorsione, anche di sostituzione di persona, violenza sessuale e del c.d. “revenge pornography”.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.
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