La sentenza

Omicidio Vannini, i giudici: “Dai Ciontoli menzogne, depistaggi e atteggiamenti crudeli”

29 novembre 2020 | 06:30
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Omicidio Vannini, i giudici: “Dai Ciontoli menzogne, depistaggi e atteggiamenti crudeli”

Pubblicate le motivazioni della sentenza della II Corte d’Appello di Roma che ha condannato Antonio Ciontoli a 14 anni di carcere per l’omicidio di Marco Vannini

Sono state pubblicate, a distanza di quasi due mesi dalla sentenza (leggi qui), le motivazioni con cui la Corte di Appello di Roma al termine del processo bis ha condannato a 14 anni di reclusione per omicidio volontario Antonio Ciontoli e a 9 anni per concorso anomalo in omicidio i figli Federico e Martina e la moglie Maria Pezzillo in relazione all’omicidio di Marco Vannini, ucciso da un colpo di arma da fuoco, la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015, mentre si trovava a casa della sua fidanzata a Ladispoli.

I giudici: “Dai Ciontoli comportamenti crudeli”

“Spiegazioni inverosimili” e “atteggiamenti che in taluni momenti rasentano una vera e propria crudeltà nei confronti di un ragazzo ferito che urla di dolore e viene rimproverato per questo motivo, un ragazzo che è stato ed è il fidanzato di Martina e che il Ciontoli afferma di tenerlo in conto e in considerazione come un figlio”, scrivono i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma.

Per i giudici, gli imputati hanno di fatto depistato le indagini. È citata la “pulizia delle superfici delle pistole e del bossolo” e la “pulitura delle tracce di sangue, soprattutto nel luogo dove asseritamente era avvenuto il ferimento del giovane”. Non solo. Per i magistrati, sono “ripetute le menzogne rivolte per circa 110 minuti ai soccorritori sia prima del loro intervento che al momento e che che dopo”. Nelle motivazioni inoltre si fa riferimento “all’accordo che i Ciontoli tentano di raggiungere tra loro su quanto dichiarare“.

L’avvocato Grazi: “Evidenziate le menzogne”

Con un post su Facebook, l’avvocato Celestino Gnazi, legale della famiglia Vannini. fa notare come i giudici della II Corte d’Appello di Roma hanno evidenziato “le ‘menzogne’ dei familiari che, secondo la Corte, avevano lo scopo di ‘adeguarsi il più possibile alle dichiarazioni di Antonio Ciontoli'”. “In relazione all’atteggiamento degli imputati – aggiunge l’avvocato – i giudici hanno parlato di ‘vera a propria crudeltà’ e di ‘depistaggi’ avvenuti attraverso la pulizia delle armi e del sangue, le menzogne ai soccorritori e gli accordi sulle versioni da dare. Tutte cose che abbiamo sempre detto e pensato e che ora, finalmente, emergono con chiarezza in una sentenza”.

Ora attendiamo, con più serenità, il definitivo verdetto della Cassazione per dire che Marco ha avuto la migliore giustizia umanamente possibile”, aggiunge l’avvocato Gnazi. “Certo, – commenta sul social il legale – non sarà facile dimenticare chi ha affermato che quel colpo d’arma da fuoco e quella ferita non erano stati avvertiti neppure dal povero Marco perché, altrimenti, ‘sarebbe stato lui a sollecitare i soccorsi'”.

“In ogni caso – aggiunge Gnazi – non verrà lasciato nulla di intentato affinché ognuno si assuma le proprie responsabilità. Dovrà assumersele anche chi è stato sentito come testimone innanzi alla Corte che, in relazione a quanto è stato detto, ha parlato di ‘assoluta assenza di credibilità’ e di ‘propensione alla reticenza’. Non ci si può rassegnare al perenne oltraggio della verità e verrà fatto tutto il possibile per farne emergere ancora un altro pezzo”. (fonte: Agi)