il canto

La vera storia di “Tu scendi dalle Stelle”

23 dicembre 2020 | 07:35
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La vera storia di “Tu scendi dalle Stelle”

Di origine napoletana, ecco la storia del brano più celebre del periodo di Natale, ovvero “Tu scendi dalle stelle”

Roma – Credenti o meno, tutti conoscono il canto “Tu scendi dalle stelle”, forse il più famoso tra i brani di Natale. Oggi riadattato in centinaia di versione, la canzone composta da Sant’Alfonso Maria De Liguori ha una genesi che rimanda alla tradizione napoletana del presepe. Il sacerdote campano fu ispirato proprio dalle tante sacre rappresentazioni esposte nei vicoli del capoluogo campano già nei secoli scorsi. Anche per questo Sant’Alfonso è il primo a scrivere inni sacri usando il dialetto napoletano per far comprendere anche ai più poveri il messaggio e il senso cristiano del Natale, ovvero Dio che si fa uomo per salvare il mondo.

Quanno nascette ninno

Secondo la tradizione, il brano “Tu scendi dalle stelle” deriva dalla “Pastorale” meglio conosciuta come “Quanno nascette ninno”, risalente al dicembre del 1754. Originariamente il canto si chiamava “Per la nascita di Gesù”, nome con il quale venne pubblicato nel 1816.

Tuttavia, diversi studiosi non concordano con questa versione. Secondo padre Paolo Saturno, già docente di Storia della musica ed estetica musicale al conservatorio di Salerno “contrariamente a quanto si è sostenuto fino a oggi, il santo non è l’autore delle parole di ‘Quanno nascette ninno’“.

In un’intervista rilasciata a “Credere”, il prete afferma che l’autore delle parole “della bella cantata natalizia in napoletano” sarebbe “il sacerdote Mattia del Piano che pubblicò il brano nel 1779 (quindi molti anni dopo Tu scendi dalle stelle, ndr), ispirandosi ai ‘concetti spirituali’ della produzione di sant’Alfonso e adattando la musica di Tu scendi dalle stelle. Solo la musica, quindi, si può attribuire a sant’Alfonso“. Il problema della paternità, ammette padre Paolo, “è un dibattito che prosegue da 200 anni”.

Il testo completo

Dunque, di certo c’è solo che la musica è stata composta dal santo napoletano (che era anche un valente clavicembalista). Il testo del brano, nel corso degli anni, è stato più volte riadattato e modificato, frutto in parte di interventi successivi dello stesso autore, ma altre da attribuire senz’altro alla tradizione popolare che presto si impadronì del brano.

In tutte le versioni conosciute, comunque, il canto è composto da sette strofe di sei versi ciascuna: i primi due versi di ogni strofa sono endecasillabi a rima baciata; il terzo e il quarto verso sono ottonari, il primo spesso con rima interna (Bambino: divino, eletto: pargoletto, amore: core, ecc.,) il secondo tronco (tremar, povertà, trasportò, ecc.); il quinto verso è un quinario che rima con il sesto verso, endecasillabo.

Lo schema complessivo si può pertanto riassumere così: AAb(b)cC. Tale schema è particolarmente complesso, e non sembra avere precedenti illustri nella tradizione letteraria.

Tu scendi dalle stelle, o Re del cielo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo,
e vieni in una grotta al freddo e al gelo.
O Bambino mio divino,
io ti vedo qui tremar;
o Dio beato!
Ahi quanto ti costò l’avermi amato!
ahi quanto ti costò l’avermi amato!

A te, che sei del mondo il Creatore,
mancano panni e foco, o mio Signore,
mancano panni e foco, o mio Signore.
Caro eletto pargoletto,
quanto questa povertà
più m’innamora,
giacché ti fece amor povero ancora,
giacché ti fece amor povero ancora.

Tu lasci il bel gioir del divin seno,
per venire a penar su questo fieno,
per venire a penar su questo fieno.
Dolce amore del mio core,
dove amor ti trasportò?
O Gesù mio,
perché tanto patir? Per amor mio!
perché tanto patir? Per amor mio!

Ma se fu tuo voler il tuo patire,
perché vuoi pianger poi, perché vagire?
perché vuoi pianger poi, perché vagire?
Sposo mio, amato Dio,
mio Gesù, t’intendo sì!
Ah, mio Signore,
tu piangi non per duol, ma per amore,
tu piangi non per duol, ma per amore.

Tu piangi per vederti da me ingrato
dopo sì grande amor, sì poco amato,
dopo sì grande amor, sì poco amato!
O diletto del mio petto,
se già un tempo fu così,
or te sol bramo:
caro non pianger più, ch’io t’amo e t’amo,
caro non pianger più, ch’io t’amo e t’amo.

Tu dormi, Ninno mio, ma intanto il core
non dorme, no ma veglia a tutte l’ore,
non dorme, no ma veglia a tutte l’ore.
Deh, mio bello e puro Agnello,
a che pensi? dimmi tu.
O amore immenso,
“Un dì morir per te” – rispondi – “io penso”,
“Un dì morir per te” – rispondi – “io penso”.

Dunque a morire per me, tu pensi, o Dio
ed altro, fuor di te, amar poss’io?
ed altro, fuor di te, amar poss’io?
O Maria, speranza mia,
s’io poc’amo il tuo Gesù,
non ti sdegnare
amalo tu per me, s’io nol so amare!
amalo tu per me, s’io nol so amare!