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Brignone (ApA): “Liquidare la Capo d’Anzio per rilanciare il nostro porto”

3 gennaio 2021 | 17:00
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Brignone (ApA): “Liquidare la Capo d’Anzio per rilanciare il nostro porto”

L’esponente di Alternativa per Anzio: “Le condizioni per ripristinare il rispetto delle normative in un anno non ci sono”

Anzio – “Nel Consiglio comunale di mercoledì scorso si è tornato a parlare della Capo d’Anzio e del porto, in occasione sia dell’approvazione del bilancio consolidato, sia della revisione ordinaria delle partecipazioni societarie pubbliche”. Inizia così una nota diffusa da Luca Brignone di Alternativa per Anzio.

“Su questo punto già la Corte dei conti metteva in guardia il Consiglio comunale, organo competente per tale revisione. Nell’ormai famosa lettera di dicembre raccomandava l’approvazione dei bilanci 2018 e 2019 della società con ‘congruo anticipo rispetto alla ricognizione delle partecipate da effettuarsi entro il 31/12/2020 ed […] in tempo utile per consentire al Consiglio comunale di formulare le proprie valutazioni in occasione della ricognizione periodica delle partecipazioni, secondo quanto previsto dall’art. 20 del Tusp’. Tali bilanci non risultano ad oggi approvati a causa di contenziosi noti tra i soci. Sappiamo però che gli schemi attualmente elaborati indicano perdite di esercizio di 73mila euro per il 2018 e 121mila euro per il 2019, un fatturato medio annuo nel triennio precedente ben al di sotto della soglia del milione di euro fissata dall’art. 20 del Tusp”.

“Insomma – continua Brignone -, la società non presenta i requisiti e anche l’Amministrazione è stata costretta ad approvare un piano di razionalizzazione, il quale, tuttavia, si fonda su presupposti poco credibili: valutazione del proseguo dell’attività aziendale; incremento fatturato medio sopra la soglia (andrebbe più che raddoppiato in un anno); pubblicazione del bando fase II e III del progetto, in un contesto in cui ancora oggi aspettiamo la sentenza sul ricorso del socio privato sulle quote, sentenza che può essere impugnata ancora una volta in Cassazione. Insomma, le condizioni per ripristinare il rispetto delle normative in un anno non ci sono. L’operazione Megaporto è arrivata ormai al fallimento completo e l’unica soluzione per noi è chiudere la società, metterla in liquidazione e concludere l’iter già avviato per la revoca della concessione regionale del 2011, ad oggi completamente inattuata”.

“Dopodiché si avvierà una nuova fase, in cui grazie alla legge regionale n.1 del 20 febbraio 2020 avremo come Comune la competenza per il rilascio delle concessioni sui beni demaniali marittimi. Facciamo fatica a comprendere come questo possa andare nell’interesse del privato, come sostenuto in Consiglio dalla maggioranza. Non stiamo sostenendo l’alienazione delle quote (peraltro, è bene ricordare che la concessione è vincolata al fatto che la società concedente sia di natura pubblica; se venisse privatizzata la concessione diventerebbe illegittima e decadrebbe immediatamente), stiamo sostenendo la decadenza della concessione e con essa della società, per tornare ad avere piena sovranità sul futuro del nostro porto“, conclude.
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