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Verni: “Solidarietà al giornalista Ranucci, importante riaccendere i riflettori sulla mafia”

Il monito dell'avvocato: "Non dimentichiamo che la stessa pandemia ha creato una ulteriore occasione, per le organizzazioni criminali, per rafforzarsi"

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Roma – “A nome mio personale, oltre che per conto dell’associazione di cui sono portavoce, esprimo piena solidarietà al giornalista Sigfrido Ranucci per le minacce di morte ricevute che, sebbene risalenti al 2010, non perdono certo il tragico significato. Peraltro, non è affatto detto che, le suddette, non siano purtroppo, per alcuni versi, ancora attuali, perché, proprio la puntata del noto programma televisivo “Report”, andata in onda qualche giorno fa e condotta dal giornalista in questione, può aver dato molto fastidio a più di qualcuno”.

Così l’avvocato Marco Valerio Verni, portavoce dell’associazione Sostenitori dei Collaboratori e Testimoni di Giustizia, impegnata già da diverso tempo nella lotta alla mafia, che continua: “E’ importante aver (ri)acceso i riflettori su vicende dolorose quali l’ipotesi di una presunta trattativa tra lo Stato e la mafia e la stagione stragista degli anni novanta, in cui persero la vita quelli che non esito a definire dei veri e propri eroi, per i quali la lotta a questo cancro (la mafia) fu la loro ragione di vita ma, purtroppo, anche la causa della relativa morte”.

“Per quanto riguarda la prima tematica, in particolare, non conoscendo, naturalmente, tutte le carte processuali, ed essendo in corso, ad oggi, un giudizio di appello, occorre, naturalmente, rimanere nell’alveo di un principio che, nel nostro ordinamento, è tra i capisaldi fondamentali, ossia quello della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva di tutti gli attuali imputati. Parimenti, non si può non tener conto di una sentenza di primo grado che, comunque, ha portato alla condanna di determinate persone, tra cui alti esponenti dello Stato, per l’appunto”.

“Occorre mantenere alta la guardia – ha continuato l’avvocato Verni – e sensibilizzare la società su questa guerra che, di certo, non ha perso la sua importanza ed è sempre drammaticamente attuale. Non dimentichiamo, peraltro, che la stessa pandemia, dovuta al Covid-19, ha creato una ulteriore occasione, per le organizzazioni criminali in questione, per rafforzarsi, anche, paradossalmente, sotto il profilo del ‘consenso sociale’, da una parte attuando un vero e proprio welfare criminale nei confronti di persone che, non più in grado di sopravvivere economicamente, magari sono costrette a rivolgersi ad esponenti delle suddette (o, al contrario, sono da costoro avvicinate) per ricevere degli aiuti, dall’altra, potendo acquisire, a poco prezzo, o perché frutto di usura o estorsione, quote societarie o intere aziende che sono andate in crisi. Senza dimenticare che, al di là delle attività classiche, tra cui appalti e smaltimento dei rifiuti, le stesse ‘nuove’ occasioni legate alla gestione dell’emergenza sanitaria sono diventate potenziali campi di interesse: basti pensare a quelle di sanificazione, alla vendita di mascherine o al vaccino stesso”.

“A tal ultimo proposito, basti ricordare l’allarme lanciato proprio in queste ore dal Viminale (vedasi il quarto report dell’Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso), ma, prima ancora, dall’Interpol, che, per tramite del suo massimo esponente, Jurgen Stock, non ha esitato a definire il vaccino in questione ‘l’oro liquido del 2021, la cosa più preziosa da distribuire il prossimo anno’, alla qual cosa ‘la mafia e le altre organizzazioni criminali sono già preparate'”.

“Come ripetuto più volte, però, bisogna essere concreti e procedere con delle priorità che sono necessarie nel contrasto alle mafie: oltre ad accelerare sui decreti attuativi riguardanti la recente legge sui testimoni di giustizia, senza i quali, quest’ultima, non potrà entrare a regime e manifestare tutto il suo potenziale, magari mettendo in evidenza anche eventuali punti da migliorare o integrare, occorre altresì intervenire sulla questione dei familiari dei collaboratori di giustizia i quali vivono spesso in condizioni di forte disagio psicologico e relazionale, non solo a causa del – naturale, verrebbe da dire – trasferimento in località protetta, ma soprattutto a causa dell’assenza di un progetto di vita stabile per sé e per i propri parenti, con tutto quello che ne può conseguire, anche in termini, purtroppo, di vera e propria incolumità fisica”.

Particolare attenzione deve essere, a tal proposito, rivolta ai minori: questi ultimi soprattutto, infatti, devono essere oggetto di forte interesse e protezione, da parte dello Stato che deve prendere coscienza del fatto che, quando si parla di bambini-soldato, non si possa e non si debba pensare solo a realtà altre e lontane da noi, quali i terroristi di Boko Haram, ad esempio. Ed occorre prestare attenzione ad altre questioni, tra cui il paventato ripensamento sul 41bis, o l’introduzione dell’istituto della dissociazione. Lo Stato, insomma, non deve cedere di un millimetro, nella lotta alle mafie. E’ un muro contro muro, con buona pace di chi possa pensare il contrario. Ed ogni ritardo o passo falso può costituire, nel migliore dei casi, un regalo alle suddette. O, nel peggiore di essi, significare una possibile o potenziale convivenza o connivenza con le stesse”, conclude l’avvocato Verni.
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