Unità dei Cristiani, il Papa: “Una preghiera che non porta all’amore è fatuo ritualismo”

25 gennaio 2021 | 19:35
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Unità dei Cristiani, il Papa: “Una preghiera che non porta all’amore è fatuo ritualismo”
Unità dei Cristiani, il Papa: “Una preghiera che non porta all’amore è fatuo ritualismo”
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Unità dei Cristiani, il Papa: “Una preghiera che non porta all’amore è fatuo ritualismo”
Unità dei Cristiani, il Papa: “Una preghiera che non porta all’amore è fatuo ritualismo”
Unità dei Cristiani, il Papa: “Una preghiera che non porta all’amore è fatuo ritualismo”

Nella basilica di San Paolo fuori le mura la preghiera dei Vespri con le altre comunità cristiane, il Pontefice: “Per amare i fratelli spogliamoci di pregiudizi e ostacoli del passato”

di FABIO BERETTA

Roma – “La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fatuo ritualismo. Non è infatti possibile incontrare Gesù senza il suo Corpo, composto di molte membra, tante quanti sono i battezzati. Se la nostra adorazione è genuina, cresceremo nell’amore per tutti coloro che seguono Gesù, indipendentemente dalla comunione cristiana a cui appartengono, perché, anche se non sono ‘dei nostri’, sono suoi”.

Nella basilica di San Paolo fuori le mura tornano a riunirsi i rappresentanti della chiese e delle comunità cristiane presenti a Roma per preghiera tutte insieme, davanti alla tomba del Principe degli Apostoli. Una tradizione che si rinnova anche quest’anno con i consueti Secondi Vespri della solennità della Conversione di San Paolo Apostolo, rito che conclude la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani, la 54ma, sul tema “Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto”.

A presiedere la cerimonia però non è Papa Francesco, bloccato in Casa Marta per il riacutizzarsi della sciatalgia (leggi qui) ma il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Ed è proprio il porporato che legge l’omelia preparata dal Pontefice, una riflessione tutta incentrata sui versi del Vangelo di Giovanni: “Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9).

Una richiesta, quella di Gesù, Cristo stesso lega “all’immagine della vite e dei tralci. Il Signore stesso è la vite che non tradisce le attese, ma resta fedele nell’amore e non viene mai meno, nonostante i nostri peccati e le nostre divisioni. In questa vite che è Lui, tutti noi battezzati siamo innestati come tralci: significa che possiamo crescere e portare frutto solo se uniti a Gesù. Stasera guardiamo a questa indispensabile unità”, costituita, secondo Bergoglio, “da tre anelli concentrici, come quelli di un tronco”.

“Il primo cerchio, quello più interno, è il rimanere in Gesù. Da qui parte il cammino di ciascuno verso l’unità”, sottolinea il Papa, ribadendo come “nella realtà odierna, veloce e complessa, è facile perdere il filo, tirati da mille parti. Tanti si sentono frammentati dentro, incapaci di trovare un punto fermo, un assetto stabile nelle circostanze variabili della vita”. Ma “Gesù ci indica il segreto della stabilità nel rimanere in Lui”, mostrandoci anche “come fare: ogni giorno si ritirava in luoghi deserti per pregare – aggiunge il Santo Padre -. Abbiamo bisogno della preghiera come dell’acqua per vivere. La preghiera personale, lo stare con Gesù, l’adorazione, è l’essenziale del rimanere in Lui. Questa è la prima unità, la nostra integrità personale, opera della grazia che riceviamo rimanendo in Gesù”.

Il secondo cerchio, invece, è quello dell’unità con i cristiani, che il Papa paragona a dei “vasi comunicanti: il bene e il male che ciascuno compie si riversa sugli altri”. Per il Pontefice, infatti, “nella vita spirituale vige una sorta di ‘legge della dinamica’: nella misura in cui rimaniamo in Dio ci avviciniamo agli altri e nella misura in cui ci avviciniamo agli altri rimaniamo in Dio”.

In altre parole: “La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fatuo ritualismo. Non è infatti possibile incontrare Gesù senza il suo Corpo, composto di molte membra, tante quanti sono i battezzati. Se la nostra adorazione è genuina, cresceremo nell’amore per tutti coloro che seguono Gesù, indipendentemente dalla comunione cristiana a cui appartengono, perché, anche se non sono ‘dei nostri’, sono suoi”.

Certamente “amare i fratelli non è facile, perché appaiono subito i loro difetti e le loro mancanze, e ritornano alla mente le ferite del passato”. Ma “ci viene in aiuto l’azione del Padre che, come esperto agricoltore (cfr Gv 15,1), sa bene cosa fare: ‘Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto’ (Gv 15,2)”. Perché Dio fa così? “Perché – risponde il Papa – per amare abbiamo bisogno di essere spogliati di quanto ci porta fuori strada e ci fa ricurvare su noi stessi, impedendoci di portare frutto” .

Il terzo e ultimo cerchio dell’unità “è l’umanità intera”. Bergoglio pone l’accento “sull’azione dello Spirito Santo”, che è “la linfa che raggiunge tutte le parti. Ma lo Spirito soffia dove vuole e ovunque vuole ricondurre all’unità. Egli ci porta ad amare non solo chi ci vuole bene e la pensa come noi, ma tutti, come Gesù ci ha insegnato. Ci rende capaci di perdonare i nemici e i torti subiti. Ci spinge ad essere attivi e creativi nell’amore. Ci ricorda che il prossimo non è solo chi condivide i nostri valori e le nostre idee, ma che noi siamo chiamati a farci prossimi di tutti”.

Non solo: “Lo Spirito, che rinnova la faccia della terra, ci esorta anche a prenderci cura della casa comune, a fare scelte audaci sul modo in cui viviamo e consumiamo, perché il contrario del portare frutto è lo sfruttamento ed è indegno sprecare le preziose risorse di cui tanti sono privi”, ammonisce Francesco.

Infine, il saluto e l “grazie” a tutti quelli “che in questa Settimana hanno pregato e continueranno a pregare per l’unità dei cristiani. Rivolgo i miei fraterni saluti ai rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali qui convenuti: ai giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano a Roma con il sostegno del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; ai professori e agli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, che sarebbero dovuti venire a Roma, come negli anni precedenti, ma non hanno potuto a causa della pandemia e ci seguono attraverso i media”.

“Cari fratelli e sorelle, rimaniamo uniti in Cristo: lo Spirito Santo, effuso nei nostri cuori, ci faccia sentire figli del Padre, fratelli e sorelle tra di noi, fratelli e sorelle nell’unica famiglia umana. La Santissima Trinità, comunione d’amore, ci faccia crescere nell’unità”, conclude il Santo Padre.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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