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Smart working, luci ed ombre per i lavoratori della comunicazione

La ricerca è stata condotta dalla Uilcom in partnership con Variazioni

Lavoro, bandi e notizie – Lo smart working sta diventando, al giorno d’oggi, una delle più diffuse modalità di lavoro, sia per i dipendenti che per le aziende. Tutto è cominciato per far fronte all’emergenza sanitaria da Covid-19 e per diminuire il rischio di contagio. In pochi  avevano sperimentato lo smart working prima. Poi, lo hanno fatto per settimane e mesi e oggi non ne vogliono più fare a meno. Ma vorrebbero più autonomia e regole, diritto alla disconnessione e innovazione tecnologica, e un lavoratore su due auspica per il sindacato un ruolo più rilevante nella organizzazione dello smart working del futuro. E’ questa la fotografia del ‘lavoratore agile’ nel settore della comunicazione ai tempi del coronavirus scattata dalla Uilcom, sindacato di categoria della Uil.

‘Smart working, quale futuro? La ricerca di Uilcom per il lavoro che verrà’ è il titolo dell’indagine condotta in partnership con Variazioni. Lanciata nel corso dell’autunno 2020, poco prima che si aprisse la seconda fase pandemica, la ricerca è stata condotta da Variazioni, società specializzata in smart working e innovazione organizzativa, attraverso la somministrazione di un sondaggio cui hanno aderito su base volontaria 14.664 lavoratrici e lavoratori del settore della comunicazione, di cui meno della metà iscritto alla Uilcom, per il 56% donna e 44% uomo, in prevalenza di età compresa tra i 35 e 55 anni, distribuiti su tutto il territorio nazionale con una prevalenza di addetti con sede in Campania, Lazio, Lombardia e Piemonte, dipendenti, soprattutto impiegati e quadri, presso aziende (94% private, 6% pubbliche) del settore della comunicazione (telecomunicazioni, Ict, Tv e radio, informazione, pubblicità).

L’analisi evidenzia che gli addetti appartenenti al comparto hanno colto immediatamente i vantaggi e le complessità organizzative dello smart working adattandosi rapidamente, acquisendo nuove competenze e riconoscendo con lucidità gli elementi necessari a trasformare l’esperienza emergenziale del lavoro da casa in un nuovo modello organizzativo smart, processo per cui riconoscono al sindacato un ruolo chiave. Il campione, infatti, ha dichiarato, per il 77%, di non aver mai fatto smart working in precedenza e, per l’88%, che ha lavorato da casa tutti i giorni nel periodo del lockdown, il 61% dei lavoratori ha dichiarato di avere esigenze di conciliazione.

Il 78% degli intervistati ha dichiarato di utilizzare il mezzo privato per recarsi al lavoro, il 18% quello pubblico, con una media di km percorsi pari a 36 al giorno, equivalenti a oltre un’ora di tempo dedicato al trasferimento quotidiano casa-lavoro. Lo smart working ha quindi permesso di evitare emissioni di CO2 equivalenti a 35 mila alberi al giorno per tutti i partecipanti all’indagine e risparmiare mediamente 18 euro al giorno a ciascun lavoratore.

Alla domanda ‘Continueresti a lavorare in modalità smart anche in futuro?‘, la stragrande maggioranza dei lavoratori, pari all’87%, risponde affermativamente. Lo smart working influirà sull’innovazione dei modelli organizzativi aziendali per il 73% degli intervistati. Il 77% dei lavoratori ritiene che la propria attività sia totalmente o in prevalenza ‘smartizzabile’: il 58% lavorerebbe da casa tutti i giorni della settimana, tanto da vivere con preoccupazione il ritorno in ufficio. Il 65% dei lavoratori afferma di aver vissuto con difficoltà il ritorno in ufficio a seguito della prima fase emergenziale, un po’ per timore del contagio (38%) e, per il 51%, per motivi di conciliazione legati alla gestione della famiglia o della mobilità casa-lavoro.

Rispetto al vissuto dell’esperienza emergenziale, la metà dei lavoratori afferma di essersi organizzata bene e aver gestito senza o con pochi problemi la sovrapposizione degli impegni professionali con quelli domestici. Il 20% degli intervistati afferma di aver lavorato di più del dovuto, per il 93% la qualità del lavoro è aumentata o rimasta costante, l’83% giudica che sia aumentata o rimasta costante anche la qualità della vita.

Rispetto al campione generalista dell’osservatorio di Variazioni, il comparto presenta peculiarità: per esempio, rispetto agli altri, i lavoratori della comunicazione evidenziano un migliore rapporto con le tecnologie e facilità nell’adozione di nuove procedure, ma la capacità organizzativa e l’autonomia nell’organizzazione del lavoro sono risultati elementi da rafforzare. Valutazioni che evidenziano il bisogno di più formazione e l’identificazione di regole più chiare. Più che in altri settori, i lavoratori nell’industria della comunicazione, considerano il proprio lavoro ‘smartizzabile’, tanto che, potendo scegliere, estenderebbero lo smart working anche oltre i 3 giorni alla settimana, dato che negli altri settori non supera i due. Insieme ai lavoratori degli altri settori condividono le motivazioni a proseguire con il lavoro agile: evitare spostamenti non necessari e, in seconda battuta, gestire meglio le esigenze di conciliazione.

E dai lavoratori arrivano le indicazioni per pensare il lavoro del futuro e per la costruzione di nuove policy aziendali che, per oltre uno su due, il 61%, non potrà prescindere dal coinvolgere il sindacato. Emergono chiarissime le indicazioni per l’adozione di nuovi modelli organizzativi. I lavoratori si aspettano: lo sviluppo di competenze e tecnologie digitali e comunicative; l’adozione di policy per regolamentare l’eccesso di reperibilità; una migliore organizzazione e programmazione del lavoro per aumentare autonomia nell’organizzazione del lavoro.

Ringraziamo per l’ampia partecipazione alla ricerca i lavoratori e le lavoratrici del settore – ha commentato Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom – . La loro voce si è espressa all’unisono da tutte le regioni d’Italia, permettendoci di conoscere luci e ombre dello smart working e proiettarle nel futuro. Facciamo tesoro dell’esperienza vissuta e raccontata in questa indagine, che include l’analisi del vissuto del lavoro in emergenza e del successivo ‘ritorno’ in ufficio, per pensare allo smart working, elemento centrale nei tavoli di contrattazione, come strumento che innova il ruolo di rappresentanza e i modelli organizzativi aziendali a beneficio di tutto il comparto” .

“Oggi – ha proseguito Ugliarolo – è arrivato il momento di entrare nel merito dello smart working e tracciare le coordinate di base per ripensare il lavoro del domani, affrontando temi non più procrastinabili come la sostenibilità, la flessibilità del lavoro e il diritto alla disconnessione; tutto ciò rappresenta alcune delle sfide del prossimo periodo post-Covid; ci aspetta il compito, insieme alle nostre controparti, di ridisegnare un nuovo modello di lavoro che tenga sicuramente conto di ciò che responsabilmente abbiamo fatto in questi mesi difficili. Come sindacato, pensiamo si dovrà in futuro sviluppare un confronto che possa trovare un equilibrio tra l’organizzazione del lavoro pre-pandemia con ciò che è scaturito durante tutto il 2020 in particolar modo per la tutela della salute di chi lavora”, ha concluso.

“La ricerca sui lavoratori Uilcom – ha affermato Arianna Visentini, Ceo e fondatrice di Variazioni –  arricchisce e conferma i dati che abbiamo raccolto come Variazioni su un campione misto complessivo di 40.000 rispondenti. I lavoratori non solo hanno scoperto che si può lavorare e bene anche in un altro modo, fuori dall’ufficio, ma hanno acquisito una nuova consapevolezza del valore dei propri ruoli nella vita privata e della possibilità di conciliarli con la vita professionale. Spazio e tempo sono diventate variabili da organizzare in modo più sostenibile, efficiente, produttivo”.

“Lo smart working – ha concluso – può essere, da un lato, uno strumento di innovazione tecnologica, di aumento della produttività e, dall’altro, di riduzione degli impatti ambientali e dei costi. Le aziende dovranno trovare la quadra insieme ai lavoratori e ai loro rappresentanti, se vorranno coinvolgere le persone evitando di impattare negativamente sulla motivazione dei propri collaboratori. Quale sarà la formula per il lavoro del futuro dunque? Non esistono ricette scritte, ci sono aree di miglioramento, come il diritto alla disconnessione, la formazione, la chiara organizzazione. La condizione imprescindibile è che ciascuno, aziende, lavoratori e comunità in senso lato, ne tragga, tutti e in egual misura, vantaggio”.
(Fonte: Adnkronos)
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