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Non solo colpa del Covid: perché gli Ncc rischiano il tracollo

11 marzo 2021 | 11:53
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Non solo colpa del Covid: perché gli Ncc rischiano il tracollo

Da ben prima della pandemia i lavoratori protestano contro una regolamentazione confusa e contraddittoria, che rischia di costare loro il lavoro

Il servizio di Ncc rischia il tracollo in tutta Italia. Ma il Covid-19 è solo uno dei motivi.

E’ quanto sostengono i lavoratori del settore che, da ben prima dell’inizio della pandemia, protestano contro una regolamentazione del servizio a dir poco confusa e contraddittoria, e che rischia di costare il lavoro a migliaia di loro.

Ma partiamo dall’inizio. Cosa sono gli Ncc, e come lavorano? E perché, complice l’emergenza sanitaria in atto, rischiano una crisi irreversibile?

Il servizio di Ncc e il turismo

Il servizio di Ncc si contraddistingue per la sua specificità: si rivolge ad un’utenza precisa, sposandone esigenze e necessità. Proprio per questo, è particolarmente diffuso in settori come quello cinematografico e, ovviamente, quello turistico.

Ed è proprio dal turismo che il settore trae buona parte dei suoi guadagni. “Più del 70% dei turisti in Europa viaggiano con prenotazione in singole o più città con tutti i servizi annessi già dalla prenotazione presso il tour operator di fiducia”, spiegano dall’Associazione nazionale Imprese Trasporto Viaggiatori (Anitrav).  “Mediamente, 7 famiglie su 10 provenienti da Stati membri dell’Unione Europea atterrano in aeroporti di grandi città con un pacchetto preconfezionato dall’agenzia o costruito per proprio conto presso le stesse, attenendosi ai suggerimenti proposti dall’agente di turno, quello che in gergo si chiama ‘taylor made’, ovvero confezionato su misura”.

Di questi pacchetti fa inevitabilmente parte il trasporto: dall’aeroporto all’albergo e viceversa, e da un luogo all’altro della città (o del Paese) di arrivo.

Il caso Roma

Tenendo conto di tutto ciò, è naturale pensare che una città come Roma, capitale pressoché indiscussa del turismo internazionale, possa fare la fortuna del settore. Eppure, non è così. “La Capitale d’Italia – sottolineano dall’Anitrav – ha registrato nel 2019 una presenza turistica elevatissima, facendola diventare – dietro Londra e Parigi – la terza meta più gettonata dai cittadini europei, con una previsione di crescita che, al netto del Covid, l’avrebbe vista scalare la vetta sino al raggiungimento del primo posto. Ma l’Amministrazione pubblica romana conta appena 900 titoli autorizzativi operativi per l’esercizio di noleggio con conducente che, sommata ai vari enti della provincia, raggiunge una quota di circa 1600 unità”.

“Considerando che, nel solo 2019, sono circa 47,5 milioni (più o meno 130mila al giorno) i passeggeri transitati soltanto all’aeroporto ‘Leonardo Da Vinci’ di Fiumicino, sommandoli alla densità di popolazione di tutta l’Area Metropolitana (circa 4.235.000 abitanti), con un calcolo semplicissimo possiamo affermare che nel rapporto fra domanda ed offerta esiste un divario gigantesco“, spiegano.

“Il rapporto fra i cittadini residenti a Roma e i 900 Ncc di Roma, infatti, rivela come, nella Capitale, vi sia un solo Ncc ogni 4.705 abitanti“. Un numero che, se si prendesse in considerazione anche l’enorme afflusso di turisti nella città, si rimpicciolirebbe fino a scomparire. Ma chi è che regolamenta i titoli autorizzativi? E come?

La differenza fra “licenza” e “autorizzazione”

“Bisogna tenere ben distinti i due concetti di ‘licenza’ e ‘autorizzazione’, inquadrati dalla legge 21 del 1992: la licenza, infatti, viene identificata con il servizio di taxi; l’autorizzazione, invece, con quello di Ncc”, sottolinea l’Associazione nazionale Imprese Trasporto Viaggiatori.

“Mentre la licenza è un provvedimento con cui la Pubblica amministrazione conferisce a determinati soggetti ‘nuovi diritti’ all’esercizio di un’attività e che non preesistono in capo a questi e né al provvedimento stesso (si consideri che nel servizio taxi non c’è rischio di impresa e le tariffe vengono stabilite dalla Pa, così come i colori dei mezzi da adibire al servizio taxi nonché l’omologazione del tassametro; oppure il numero di telefono comunale al quale l’utenza normalmente si rivolge per la richiesta del servizio – colonnine taxi poste nelle piazzole di sosta taxi all’interno del comprensorio comunale – e che la prestazione di servizio è obbligatoria, prevedendo addirittura contributi pubblici della Pa che ha rilasciato la licenza), l’autorizzazione è invece un provvedimento mediante cui la Pa provvede alla ‘rimozione di un limite legale’ che si frappone all’esercizio di una attività inerente ad un ‘diritto soggettivo’ già preesistente in capo al soggetto interessato ed al provvedimento stesso (non c’è obbligo di prestazione di servizio e quindi non c’è il principio di territorialità o di esercizio all’interno del comprensorio comunale; la tariffa viene concordata tra il vettore e l’utenza con la presenza di rischio di impresa; non viene previsto alcun limite territoriale per lo svolgimento del servizio, l’unico obbligo è quello di rimettere il mezzo in una rimessa che non viene vincolata al territorio del Comune che ha emesso il provvedimento che, come detto, ‘provvede alla rimozione del detto limite legale’)”.

“Questa definizione serve a comprendere non solo il concetto giuridico dei termini, ma soprattutto a identificare quale dei due servizi, rientranti nella sfera della legge 21/1992, dipenda direttamente dall’Amministrazione pubblica e quale, invece, appartenga ad un ambito prettamente privato, come nel caso del servizio di Ncc”.

La differenza fra taxi e Ncc

“Secondo la stessa legge, le due attività si differenziano tra loro per diverse peculiarità, fra cui:

Alla luce di tutto ciò, ci si chiede per quale motivo, visto che non è previsto l’obbligo di servizio, la Pubblica amministrazione debba rilasciare un’autorizzazione a disposizione dell’utenza comprensoriale: qual è il senso, se poi questo titolo non ha l’obbligo di soddisfare le richieste dei residenti in quel dato comune?”, si chiedono dall’Anitrav.

Le modifiche alla legge 21 del 1992 e l’intervento della Corte costituzionale

Il 30 dicembre 2008, con il decreto-legge 207 – poi convertito in legge n. 14 del 27 febbraio 2009 -, la legge 21 del 1992 veniva modificata in maniera sostanziale, stabilendo, tra le altre cose, che:

Queste modifiche, però, non sono entrate in vigore sino al 31 dicembre 2018, poiché sospese più volte con diversi provvedimenti di legge.

L’11 febbraio 2019, poi, il decreto-legge del 2018 (il “Decreto Semplificazioni”) veniva convertito con modificazioni in legge 12, dove all’articolo 10bis venivano poste delle ulteriori modifiche alla legge 21 del 1992, disponendo nuove e diverse restrizioni all’esercizio del servizio del noleggio con conducente, immediatamente messe sotto osservazione dalla Corte costituzionale e di ulteriori istituzioni. La legge 12 del 2019, infatti, stabilisce che:

“La sentenza 56 del 26 febbraio 2020 della Corte costituzionale – spiega l’Anitrav – ha però dichiarato l’incostituzionalità della norma nella parte in cui prevede il rientro in rimessa per ciascun servizio, nonché nella parte che prevede di ricevere prenotazioni esclusivamente presso la sede o la rimessa, per palese irragionevolezza della disposizione, dal momento che, nella medesima norma, viene data la possibilità di ricevere le prenotazioni di servizio attraverso gli innovativi strumenti tecnologici”.

Insomma, negli anni la regolamentazione del servizio di Ncc si è fatta sempre più intricata e, a volte, persino contraddittoria, al punto che, sostengono i rappresentanti di categoria, “un funzionario pubblico, responsabile di detto settore per il comune di appartenenza, non riesce ad arrivare mai ad avere certezze sull’applicazione delle norme”.

Tale confusione aprirebbe, dunque, la strada ad interpretazioni erronee delle norme, col rischio che i lavoratori del settore possano vedersi negare o portar via l’autorizzazione. Secondo l’Anitrav, infatti, “spesso le amministrazioni comunali, enti delegati al rilascio di titoli autorizzativi, mal interpretano la legge di settore, arrivando ad avviare procedimenti amministrativi di revoca dei titoli autorizzativi rilasciati“.

Un vicolo cieco, insomma, da cui gli Ncc cercano di fuggire da anni, e che oggi è stato reso ancor più stretto e angusto dalla pandemia di Covid-19. La crisi del settore turistico internazionale, infatti, rischia di assestare il colpo di grazia sulle nuche dei lavoratori: una situazione, denuncia l’Anitrav, non più sostenibile, e alla quale le istituzioni devono urgentemente porre rimedio una volta per tutte.

(Il Faro online)