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Quando Dante immortalò Fiumicino nei versi della Divina Commedia

25 marzo 2021 | 08:00
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Quando Dante immortalò Fiumicino nei versi della Divina Commedia

Il Sommo Poeta individua sul litorale romano il punto di raduno per le anime che attendono di essere trasportate verso la spiaggia del Purgatorio

Fiumicino – Non solo Roma e Firenze, ma anche il litorale romano. Nella sua “Comedia”, divenuta poi “Divina” grazie a Boccaccio, Dante Alighieri celebra anche Fiumicino, rendendo immortale la cittadina dove una volta sorgeva il porto dell’Urbe imperiale. Il Sommo Poeta ricorda la foce del Tevere, immaginandola come il il punto di raduno per le anime che attendono di essere trasportate dall’angelo nocchiero verso la spiaggia del Purgatorio.

All’epoca del Sommo Poeta su queste sponde sorgeva Ostia antica, ora con il paesaggio mutato dallo scorrere del tempo e dalle modificazioni della linea di costa, nello stesso punto sorgono Fiumicino, sulla sponda Nord e Ostia, sul quella Sud.

Dante non nomina esplicitamente nè l’una (che all’epoca non esisteva ancora) nè l’altra: ma cita la foce del Tevere nel II Canto del Purgatorio al verso 101, quando il poeta, proprio sulla spiaggia, incontra Casella, musico toscano, morto all’inizio del Trecento. Dante lo definisce suo amico: è probabile che Casella abbia musicato qualche canzone del poeta.

Ond’io, ch’era a la marina volto
dove l’acqua di Tevero s’insala,
benignamente fu’ da lui ricolto.
A quella foce ha elli or dritta l’ala,
però che sempre quivi si ricoglie
qual verso Acheronte non si cala.

Questi dedicati a Casella forse non sono tra i versi più celebri di Dante, quelli che sono rientrati nell’immaginario collettivo di tanti studenti, però , nel giorno in cui si celebra in ogni città d’Italia la ricorrenza del Dantedì, è bello sapere che anche questo tratto di litorale, la sua spiaggia, la sua acqua salmastra, siano stati citati dal Sommo Poeta.

Dante e Traiano

Ma il legame tra Dante e il litorale romano non si ferma qui: particolare è infatti l’attenzione che il Sommo Poeta dedica all’imperatore Traiano che viene collocato, benchè pagano, nel Paradiso e che ha un legame speciale con il territorio di Fiumicino e di Ostia.

In età traianea, infatti, Ostia vede avviare la sua fase di maggiore sviluppo urbanistico e prosperità economica mentre Portus viene dotato di un secondo bacino, più interno, a pianta perfettamente esagonale e in stretta connessione sia col bacino portuale di Claudio che col Tevere.

Non è però per i suoi meriti politici e economici che Dante premia l’imperatore con la beatitudine eterna: Dante giustifica la presenza dell’imperatore in Paradiso sulla base di una leggenda medievale di cui l’Imperatore Traiano è protagonista.

E’ Dante stesso a raccontare la storia nel Purgatorio dove la leggenda è scolpita all’ingresso della I Cornice come esempio di umiltà: Traiano è a cavallo, pronto a partire per una spedizione, quando gli si avvicina una vedova chiedendogli giustizia per il figlio ucciso. Lì per lì l’imperatore si rifiuta di darle ascolto, ma pressato e commosso dalle insistenze della donna, decide di fare il suo dovere: scende da cavallo avvicinandosi a una donna del popolo e questo gli vale il riconoscimento della virtù dell’umiltà.

Ma sarà nel canto XX del Paradiso che il poeta vedrà direttamente l’imperatore: sarà l’aquila ad indicarglielo, nel Cielo di Giove, dove egli merita di stare grazie alle preghiere di papa Gregorio.

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