Roma, duro colpo alla Banda della Magliana: maxi confisca al boss Nicitra

26 marzo 2021 | 09:05
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Roma, duro colpo alla Banda della Magliana: maxi confisca al boss Nicitra
Roma, duro colpo alla Banda della Magliana: maxi confisca al boss Nicitra
Roma, duro colpo alla Banda della Magliana: maxi confisca al boss Nicitra
Roma, duro colpo alla Banda della Magliana: maxi confisca al boss Nicitra

Il patrimonio confiscato ammonta a 13 milioni di beni

Roma – I Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, questa mattina, stanno dando esecuzione ad un decreto, emesso dalla Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale Civile e Penale di Roma, su richiesta della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia, che dispone la confisca di beni, mobili e immobili, per un valore di circa 13 milioni di euro, a carico di Salvatore Nicitra, uno degli ex boss della così detta “Banda della Magliana”, Rosario Zarbo, Francesco e Rosario Inguanta (padre e figlio).

Lo stesso decreto dispone per Nicitra e suoi sodali la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale di Polizia con obbligo di soggiorno per tre anni nel Comune di residenza.

Le misure di prevenzione disposte sono una conseguenza dell’indagine “Jackpot”, che gli stessi Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma conclusero nel febbraio 2020, con l’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare a carico di 38 persone, ritenute appartenenti, a diverso titolo, a un’associazione per delinquere (416 C.P.), facente capo al Nicitra che, negli anni, ha monopolizzato l’area a Nord della Capitale, assumendo il controllo, con modalità mafiose, del settore della distribuzione e gestione delle apparecchiature per il gioco d’azzardo (slot machine, videolottery, giochi e scommesse on line), imposte con carattere di esclusività alle attività commerciali di Roma e provincia.

I beni, oggi oggetto di confisca, sono parte degli stessi che i Carabinieri sequestrarono contestualmente agli arresti degli indagati, su disposizione dello stesso Tribunale.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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