Seguici su

Cerca nel sito

Domenica delle Palme, il Papa: “Dio regna solo con la forza disarmata e disarmante dell’amore” foto

Messa in una San Pietro semideserta con poche decine di fedeli, tutti con la mascherina. Il Pontefice: "La grandezza della vita non sta nell’avere e nell’affermarsi, ma nello scoprirsi amati. E nella bellezza di amare"

Città del Vaticano – “Sotto la croce non si può più fraintendere: Dio si è svelato e regna solo con la forza disarmata e disarmante dell’amore. Oggi Dio stupisce ancora la nostra mente e il nostro cuore. Lasciamo che questo stupore ci pervada”.

Per il secondo anno consecutivo, Papa Francesco presiede il tradizionale rito che dà inizio alla Settimana Santa in una San Pietro semideserta, davanti a poche decine di fedeli, tutti distanziati e con indosso la mascherina. Il Covid-19 e la zona rossa, infatti, impongono, anche per quest’anno, una celebrazione della Domenica delle Palme non nella grande piazza ma all’interno della basilica vaticana.

Il Pontefice si ferma sotto il baldacchino del Bernini per benedire i rami d’ulivo, poi la piccola processione, con vescovi e cardinali anche loro con indosso la mascherina, fino all’Altare della Cattedra, addobbato con rami di palma e drappi rossi. Immagini che ricordano la celebrazione dello scorso anno (leggi qui), quando al centro del presbiterio era esposto il crocifisso miracoloso e l’icona della Salus Popoli Romani, voluti fortemente da Bergoglio anche per la Statio orbis del 27 marzo (leggi qui).

Nell’omelia, Francesco sottolinea i due aspetti – a prima vista contrapposti – della Domenica delle Palme: “Ogni anno questa Liturgia suscita in noi un atteggiamento di stupore: passiamo dalla gioia di accogliere Gesù che entra in Gerusalemme al dolore di vederlo condannato a morte e crocifisso. È un atteggiamento interiore che ci accompagnerà in tutta la Settimana Santa”. E proprio “stupore” è la parola chiave attorno alla quale ruota l’intera riflessione del Santo Padre.

Da subito, sottolinea il Pontefice, “Gesù ci stupisce. La sua gente lo accoglie con solennità, ma Lui entra a Gerusalemme su un umile puledro. La sua gente attende per Pasqua il liberatore potente, ma Gesù viene per compiere la Pasqua con il suo sacrificio. La sua gente si aspetta di celebrare la vittoria sui romani con la spada, ma Gesù viene a celebrare la vittoria di Dio con la croce“.

Quelle persone “che in pochi giorni passarono dall’osannare Gesù al gridare ‘crocifiggilo'”, ammiravano “Gesù, ma non erano pronte a lasciarsi stupire da Lui. Lo stupore – spiega – è diverso dall’ammirazione. L’ammirazione può essere mondana, perché ricerca i propri gusti e le proprie attese; lo stupore, invece, rimane aperto all’altro, alla sua novità”.

Anche oggi, ammonisce, “tanti ammirano Gesù, ma la loro vita non cambia. Perché ammirare Gesù non basta. Occorre seguirlo sulla sua via, lasciarsi mettere in discussione da Lui: passare dall’ammirazione allo stupore. E che cosa maggiormente stupisce del Signore e della sua Pasqua? Il fatto che Lui giunge alla gloria per la via dell’umiliazione“.

Attentato in Indonesia durante la messa delle palme: la preghiera del Papa

Cristo, infatti, “trionfa accogliendo il dolore e la morte, che noi, succubi dell’ammirazione e del successo, eviteremmo“. “Questo stupisce – rimarca il Papa -: vedere l’Onnipotente ridotto a niente. Vedere Lui, la Parola che sa tutto, ammaestrarci in silenzio sulla cattedra della croce. Vedere il re dei re che ha per trono un patibolo. Vedere il Dio dell’universo spoglio di tutto”.

Ma perché tutta questa umiliazione? “Lo ha fatto per noi, per toccare fino in fondo la nostra realtà umana, per attraversare tutta la nostra esistenza, tutto il nostro male. Per avvicinarsi a noi e non lasciarci soli nel dolore e nella morte. Per recuperarci, per salvarci. Gesù sale sulla croce per scendere nella nostra sofferenza”, la risposta che si dà il Pontefice.

Gesù “prova i nostri stati d’animo peggiori: il fallimento, il rifiuto di tutti, il tradimento di chi gli vuole bene e persino l’abbandono di Dio”. In altre parole, “sperimenta nella sua carne le nostre contraddizioni più laceranti, e così le redime, le trasforma“.

Il suo amore si avvicina alle nostre fragilità, arriva lì dove noi ci vergogniamo di più. E ora sappiamo di non essere soli: Dio è con noi in ogni ferita, in ogni paura: nessun male, nessun peccato ha l’ultima parola. Dio vince, ma la palma della vittoria passa per il legno della croce. Perciò le palme e la croce stanno insieme.

Francesco invita dunque i fedeli a chiedere “la grazia dello stupore. La vita cristiana, senza stupore, diventa grigiore. Come si può testimoniare la gioia di aver incontrato Gesù, se non ci lasciamo stupire ogni giorno dal suo amore sorprendente, che ci perdona e ci fa ricominciare? Se la fede perde lo stupore diventa sorda: non sente più la meraviglia della Grazia, non sente più il gusto del Pane di vita e della Parola, non percepisce più la bellezza dei fratelli e il dono del creato”.

Sprona poi i credenti a guardare al Crocifisso “per ricevere la grazia dello stupore“, ricordando che “San Francesco d’Assisi, guardando il Crocifisso, si meravigliava che i suoi frati non piangessero. E noi, riusciamo ancora a lasciarci commuovere dall’amore di Dio? Perché non sappiamo più stupirci davanti a Lui? Forse perché la nostra fede è stata logorata dall’abitudine. Forse perché restiamo chiusi nei nostri rimpianti e ci lasciamo paralizzare dalle nostre insoddisfazioni. Forse perché abbiamo perso la fiducia in tutto e ci crediamo persino sbagliati. Ma dietro questi ‘forse’ c’è il fatto che non siamo aperti al dono dello Spirito, che è Colui che ci dà la grazia dello stupore”.

Lasciamoci stupire da Gesù per tornare a vivere, perché la grandezza della vita non sta nell’avere e nell’affermarsi, ma nello scoprirsi amati. E nella bellezza di amare.

Per Bergoglio, la liturgia odierna “ci svela l’icona più bella dello stupore. È la scena del centurione, che ‘avendolo visto spirare in quel modo, disse: Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!’. In che modo aveva visto morire Gesù? Lo ha visto morire amando. Soffriva, era stremato, ma continuava ad amare. Ecco lo stupore davanti a Dio, il quale sa riempire d’amore anche il morire. In questo amore gratuito e inaudito, il centurione, un pagano, trova Dio”.

“Tanti prima di lui nel Vangelo, ammirando Gesù per i suoi miracoli e prodigi, lo avevano riconosciuto Figlio di Dio, ma Cristo stesso li aveva messi a tacere, perché c’era il rischio di fermarsi all’ammirazione mondana, all’idea di un Dio da adorare e temere in quanto potente e terribile. Ora non più, sotto la croce non si può più fraintendere: Dio si è svelato e regna solo con la forza disarmata e disarmante dell’amore. Oggi Dio stupisce ancora la nostra mente e il nostro cuore. Lasciamo che questo stupore ci pervada”, conclude

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
Clicca qui per iscriverti al canale Telegram, solo notizie sul Papa e Vaticano