appunti di viaggio

Covid, risse e coltelli… la mutazione dei bulletti di quartiere

29 marzo 2021 | 07:00
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Covid, risse e coltelli… la mutazione dei bulletti di quartiere

Oggi siamo nell’epoca del Covid-19, gli stadi sono vuoti, le discoteche chiuse. Eppure…

“Ma dove stiamo andando a finire, giovani che si affrontano per strada”, o ancora: “La società moderna sta precipitando nella violenza”. Sono solo alcuni dei commenti registrati dopo la rissa tra bande a Fiumicino, che ha visto protagonisti tutti ragazzi di 18 anni.

Andrò controcorrente, eppure, a guardare bene, non è poi così “nuovo” ciò che sta accadendo. Risse tra giovani ci sono sempre state, e anche l’uso dei coltelli non è affatto una novità.

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Soltanto che prima eravamo “abituati”, diciamo così, a sentirne parlare allo stadio oppure fuori dalle discoteche. Erano posti dove i giovani – quelli scapestrati, s’intende – si mettevano alla prova, davano sfogo alla loro brutalità. Uno sguardo di troppo, un complimento azzardato, una bandiera sulle spalle… tanto bastava per scatenare la violenza.

Oggi siamo nell’epoca del Covid-19, gli stadi sono vuoti, le discoteche chiuse. Ma non c’è ragazzo che non abbia uno smartphone, con specifiche app per parlare, discutere, litigare.

Il coronavirus ci ha fatto passare al teppista digitale, il bulletto di quartiere che prima si incrocia sui social, sfoga la sua rabbia a parole, poi passa alle vie di fatto.

Una “mutazione”, per usare un termine in voga oggi, molto pericolosa. Perché prima i luoghi di scontro erano ben identificati e circoscrivibili. Si potevano anticipare alcune mosse, con la Celere, con le Volanti.

Oggi tutto diventa più difficile da arginare, perché non sai mai chi, quando e come potrà innescare lo scontro. E soprattutto non sai dove. Il monitoraggio dei social è possibile, ma assai complicato; ne esistono a decine, ne compaiono di nuovi ogni giorno. E “lavorano” ventiquattro ore su ventiquattro, senza soluzione di continuità.

Arrendersi dunque? Certo che no, ma è superfluo gridare allo scandalo oppure alla società malata. Oggi come qualche tempo fa, c’è bisogno di maggiore cultura del rispetto (da insegnare nelle scuole e nelle famiglie), di più opportunità di incontro tra ragazzi.

Si dirà: ma quali incontri, che c’è il Covid-19… Giusto, ma il covid non durerà in eterno, e i segnali che giocoforza ci sono arrivati in questo periodo vanno in direzioni precise.

Puntare sulla sanità, sulla scuola, sull’educazione civica, sui punti sani di aggregazione. Quante città, compresa Fiumicino, sono indietro anni luce su questi temi? La politica si faccia carico adesso di ciò che servirà appena finito il coronavirus. Perché se oggi il virus può essere una scusante, il fatto di ignorare i suoi “insegnamenti” domani sarà un’aggravante.

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