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Fabrizio Donato: “Quest’anno l’addio alla carriera, ma non prima di aver tentato il pass olimpico”

29 marzo 2021 | 10:00
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Fabrizio Donato: “Quest’anno l’addio alla carriera, ma non prima di aver tentato il pass olimpico”

Il Capitano delle Fiamme Gialle e della Nazionale vuole gli ultimi Giochi della carriera. Il bronzo ‘dorato’ di Londra 2012 e la futura carriera da allenatore

Ostia – Raccontare di Fabrizio Donato è come entrare in un museo dello sport. All’interno di esso vi sono cimeli, medaglie, attestati di record e tanta cultura sportiva. Fotografie, emozioni, bandiere tricolori e scarpette chiodate, ancora sporche di sabbia.

La sua lunga carriera agonistica, sancita dall’indossare i colori delle Fiamme Gialle dal 1995, ha fatto storia. Ha fatto da insegnamento. I valori vengono creati dalle persone e dalla loro vita e il campione del salto triplo, bronzo olimpico a Londra 2012, ha delineato insegnamenti solamente con il suo esempio sul campo. Lui ‘uomo di campo’ come si descrive a Il Faro online. Lui, due volte campione europeo, a Torino 2009 nell’indoor e a Helsinki nel 2012 all’aperto. Lui futuro allenatore (già oggi coach) di futuri campioni della disciplina. Lui che quest’anno lascerà una carriera straordinaria alle spalle per guardare avanti. Lui che lo farà certamente, come anticipa nella sua intervista, ma non prima di avere tentato la storia delle storie. Sarebbe la sua sesta Olimpiade quella di Tokyo 2021 (già 2020).

E la data segnata in calendario per Fabrizio è quella di maggio. In uno dei meeting targati Fidal, il capitano delle Fiamme Gialle salterà oltre la misura indicata per strappare la qualifica. Ci proverà, con tutto se stesso, con tutto il cuore. Portandosi dentro immagini, ricordi ed emozioni olimpiche già vissute (da Sydney 2000 non salta una edizione dei Giochi) e dalle cose a cui tiene di più, mettendo la famiglia sempre al primo posto. Si lancerà in pedana in tre passi, in volo poi fino alla sabbia, sognando che da quei granelli lanciati nel vento esca il pass per Tokyo. La misura decisa dalla World Athletics è assolutamente raggiungibile da una leggenda del triplo come lui: 17,14. Solo un centimetro in più rispetto alla gloriosa medaglia d’argento agli Euroindoor di Belgrado nella primavera del 2017 , conquistata a 41 anni e solo a meno di 30 centimetri (più o meno) dall’oro di Torino 2009. Si sa che i centimetri, come i secondi e come i centesimi nello sport sono chilometri percorsi. Solo un soffio di respiro in più, solo una goccia di sudore in più possono rendere possibili i sogni. E Donato non si ferma, perché ama le sfide. Ed è a buon punto per saltare verso Tokyo. Lo confessa. E lo fa nella primavera del 2021, in cui i festeggiamenti per i 100 anni dell’atletica delle Fiamme Gialle sono in corso. (leggi qui)

Fabrizio Donato (foto@Colombo/Fidal)

Comincia da lui il viaggio de Il Faro online nei professionisti del team gialloverde. Dopo aver raccontato storie e speranze di Angelo Ulisse nei 100 metri (leggi qui) e Giulia Gabriele nella 10 chilometri di marcia (leggi qui), del settore giovanile della ‘Fiamme Gialle Simoni’, ecco lo start verso il mondo dei  senior. E solo dal Capitano si poteva probabilmente iniziare. Orgogliosissimo della sua appartenenza alle Fiamme Gialle. Una  storia  d’amore cominciata nel 1995. E da lì Fabrizio ha regalato gioie sportive alla Guardia di Finanza. E anche alla Nazionale Italiana di cui è felice di essere capitano, anche in azzurro. E’ punto di riferimento di giovani e senior il bicampione europeo del triplo e argento indoor a Parigi (per cui la Fidal ha dedicato un libro fotografico per il decennale della conquista del 2001, come mostrato  da Fabrizio nelle sue stories di Instagram). Tra quelle pagine c’è anche Roberto Pericoli, suo storico allenatore alle Fiamme Gialle, insieme alla scintillante e illuminata Tour Eiffel serale. Un coach che ha saputo ben cucire addosso a Fabrizio il salto ideale. E lui oggi  lo fa per i suoi allievi. Segue Simone Biasutti dal mese di ottobre e augura il meglio a chi, potrà fare anche meglio di lui un giorno, adattando il triplo alle caratteristiche del campione. Prima di tutto il bene dell’atletica e tante vittorie che possono far crescere nel mondo un movimento che vuole tornare sul podio alle Olimpiadi.

Fabrizio Donato (foto@Colombo/Fidal)

L’ultima medaglia vinta ai Giochi fu proprio la sua con 17,48. A Londra 2012 Fabrizio si sentì un dio sul terzo gradino. Sotto di due posizioni rispetto agli altri (Christian Taylor oro con 17,81 e Will Claye argento con 17,82), ma il primo tra i primi, per la gioia e per ciò che lui in quella medaglia aveva messo. Sacrifici, sudore. Perfezione maniacale e tanta sofferenza negli allenamenti stancanti e che mai bastavano. In questo modo si preparano le Olimpiadi. In questo modo si pianifica una ‘qualifica’. La parola ‘chiave’ per Fabrizio nella primavera del 2021. Prima di appendere le scarpette al chiodo e passare ad altre parole importanti, come ricordi, bilanci e ringraziamenti. Adesso si punta in alto, il più in alto possibile fino a Tokyo, partecipando ad una emozionante sfida e indimenticabile avventura. Armin Zoggeler e Arianna Fontana, anche loro hanno collezionato medaglie ed eventi olimpici in carriera, ai Giochi Invernali. Nelle edizioni estive Fabrizio è tra i pochissimi campioni che ha avuto una partecipazione continua in esse.

E le ritroveranno incorniciate, gli appassionati di sport e di atletica, nel suo ‘ideale’ museo personale. Uno dei più emozionanti dell’atletica leggera. Vi vorranno entrare in tanti per ammirare e conoscere una storia umana e sportiva straordinaria e in tanti sapranno quale campione è statoe quale allenatore sarà. Dal 2021 in poi.

Da chi sta raccontando ora la sua storia e da chi lo ha sempre seguito con piacere,  uno dei primi atleti delle Fiamme Gialle conosciuti, forza Fabrizio non mollare. Salta e vola a Tokyo. La parola chiave è ‘sogno’.

Caro Fabrizio, ci siamo lasciati con Il Faro online nell’ottobre del 2019 (leggi qui), dicendoci che tu avresti voluto qualificarti per le Olimpiadi. Poi è scoppiata la pandemia, i Giochi sono slittati al 2021 e ti sei operato alla schiena. A quale punto si trova il tuo sogno? Sei ancora della stessa idea a 4 mesi dall’evento?

Filippo Tortu, Fabrizio Donato e Filippo Randazzo

Il mio obiettivo di fine carriera è quello di provare a qualificarmi alle Olimpiadi di Tokyo 2021. Non sono cambiati i miei piani, anche se la pandemia li ha stravolti. Ma come spesso capita nella mia vita, da una difficoltà ne ho tratto una opportunità. Ho sfruttato il periodo di stop per sistemare quelle criticità che ormai da troppi anni  condizionavano la mia attività, cioè il dolore alla mia schiena. Mi sono operato, ho sistemato questo problema e sto cercando di trovare una condizione fisica tale, da affrontare una qualifica per i Giochi. Non sarà affatto facile, ce la sto mettendo tutta, come sempre del resto. Vediamo se il tempo mi darà ragione. Quest’anno terminerò la mia carriera, sereno e contento di aver fatto il possibile nella mia vita atletica. Molto serenamente, non so quando.. tra  qualche mese appenderò le scarpette al chiodo. Sono a buon punto per la qualifica, non lo nascondo. Maggio si avvicina per la prima gara della stagione e aspetto con impazienza questo giorno”.

Sei il capitano della squadra di atletica delle Fiamme Gialle. I professionisti e i giovani ti prendono da esempio come modello sportivo e umano. Quali sensazioni ti suscitano questi attestati di stima? Com’è essere il capitano di una squadra gloriosa?

Sono il Capitano delle Fiamme Gialle ma anche della Nazionale di atletica leggera, ancora per qualche mese probabilmente, o almeno fino a che sarò in attività. Sono sempre dell’idea che si resti capitani a vita. Ho come esempi Fabrizio Mori e Nicola Vizzoni. Sono stati miei capitani e lo saranno per sempre. Grande onore per me, è un grande privilegio. So di essere un esempio per i giovani. Sono stato al recente raduno di Formia e mi sono sentito un carico di responsabilità per tanti atleti giovani. Ero lì in veste di atleta, ma anche di tecnico. Ho dato una mano ai ragazzi e la cosa mi ha divertito tantissimo. Il mio è il mondo del campo, della pista. Mi sento un ‘uomo di campo’ e quindi avere i ragazzi al mio fianco è il meglio che io potessi chiedere”.

L’atletica Fiamme Gialle festeggia 100 anni e tu ne sei il protagonista e uno degli atleti più significativi. E’ importante per te farne parte? Cosa pensi di questi lunghissimi anni di successi e vittorie per le Fiamme Gialle? E cosa pensi del tuo contributo come atleta?

Fabrizio Donato (foto@Colombo/Fidal)

Le Fiamme Gialle festeggiano un grande traguardo nell’atletica, quello dei 100 anni. Sono orgoglioso di farne parte. Sono stati anni ricchi di soddisfazione, medaglie, trofei, record. Sono testimoni indelebili della grande passione che noi gialloverdi ogni giorno mettiamo in campo. Anche io penso di aver dato un piccolo contributo, è dal 1995 che faccio parte di questa stupenda “famiglia” e sicuramente la particolarità che ci contraddistingue è la passione, l’amore che io e i miei colleghi mettiamo quotidianamente al servizio dello sport”.

Due titoli europei nel salto triplo. Uno all’aperto nel 2012 e uno indoor nel 2009. Tra i due, quale è stato quello che hai sentito maggiormente tuo?

Sono titoli particolari, che porto nel cuore. Per situazioni diverse. Quello del 2009 è arrivato in Italia, quel giorno c’era la mia famiglia in tribuna e quindi l’Italia intera tifava per me. Ha una doppia valenza, non è facile gareggiare in casa, avere delle responsabilità importanti, ma allo stesso tempo gareggiare a Torino per l’Europeo Indoor è stato un valore aggiunto. Ho avuto una spinta in più, perché i tuoi tifosi possono fare la differenza e mi hanno dato grande energia. Quello di Helsinki nel 2012 che dire.. grandissima condizione e risultato ottenuto. E’ arrivato a pochi mesi dalla medaglia olimpica, un assaggio della mia medaglia di bronzo. L’oro lo ricordo con gioia. Ma tra di essi sinceramente, non saprei quale mettere al primo posto”.

Il bronzo di Londra 2012 ha sancito la tua splendida carriera agonistica. Come fu mettersi al collo la medaglia del terzo posto? Fisicamente parlando, quale livello di forma avevi raggiunto e come ti eri preparato? Come ci si allena per una Olimpiade?

Fabrizio Donato con il bronzo a Londra 2012 (foto@Colombo/Fidal)

“Sicuramente è stata la ciliegina sulla torta. Vincere una medaglia olimpica è il massimo traguardo per un atleta, quasi  irraggiungibile. Purtroppo negli ultimi due quadrienni non abbiamo vinto nessun alloro nell’atletica, quindi la mia resta l’ultima conquistata di questi anni. Questo fa capire quanto l’impresa sia complicata nel conquistarla. Qualcuno dice che è solo un bronzo, ma posso assicurare che per me è stata una medaglia d’orissima’. Cosa c’è più dell’oro? Ecco così è stata per me. Ci si sente belli, immortali. E’ difficile tuttavia dare una risposta. Solo a parlarne mi vengono i brividi. Peccato che quei momenti siani passati velocemente. Ho dei ricordi troppo emozionanti e passati in fretta. Mi sarebbe piaciuto che il tempo si fosse fermato lì. Quando sono salito sul gradino del podio, seppur il più basso dei tre ovviamente, assicuro di essermi sentito il più alto, un gradino sopra gli altri. Passano i momenti belli ma mi resteranno per sempre nel cuore. Ci si prepara in maniera scrupolosa per le Olimpiadi. Io sono uno che cura ogni dettaglio, sono maniacale, sono un perfezionista. Non lascio nulla al caso, mi sono dedicato, come oggi, all’atletica anima e corpo, senza ovviamente mettere da parte  la famiglia. Per raggiungere grandi risultati bisogna lavorare senza mai tralasciare il divertimento e il sorriso. Cose che non sono mai svanite in me”.

Hai amici negli altri sport? Con quali atleti ti senti? Vi scambiate consigli?

“Il bello dello sport è che ti unisce agli altri, ti fa incontrare persone speciali, splendide. Ogni sport ha qualcosa da insegnare. Lo fa ogni mio compagno di Nazionale e di allenamento. I miei tanti amici nel mondo dello sport, in ogni disciplina, hanno qualcosa da insegnare. Non posso citarne uno, sarebbe una ingiustizia nei confronti degli altri. Posso solo dire che lo sport è maestro di vita e ogni volta che parlo con un amico o compagno di atletica ne faccio tesoro”.

Hai un erede secondo te? Farai l’allenatore un giorno? O già lo fai? Con quali idee ti approcci a questo mestiere? Come deve essere secondo te il triplista perfetto? Tu lo sei stato?

“Non so se esiste un mio erede, ma spero di sì. Ci sono tanti giovani interessanti. A Formia ho condiviso il raduno con Tobia Bocchi, Andrea Della Valle e Simone Biasutti, tre giovani triplisti che stanno dimostrando grandissime capacità. Manca ancora qualcosina per competere con il mondo, ma non ne sono lontani. Sono giovanissimi e dico loro di prendersi tutto il tempo a disposizione. Nel salto triplo c’è bisogno di tanta esperienza. Ci stanno arrivando e sono sicuro che prima o poi faranno grandi cose. Se poi potranno fare meglio di me ed essere miei eredi, glielo auguro con tutto il cuore. Sono dei bravi ragazzi e meritano. Il mio mondo è quello del campo e spero che ‘da grande’ potrò esserne partecipe. Il mio mondo è quello della sabbia, della pista, della pedana. Ho già iniziato il mio percorso come allenatore. Di me stesso, di Andrew Howe, sto allenando adesso Simone Biasutti. Si è affidato a me e lo sto seguendo da ottobre. Il mio futuro sarà quello di tecnico, nei campi d’Italia e del mondo. Vorrei continuare ovviamente a dare il mio contributo. Non so se esiste il triplista perfetto, ogni atleta ha le sue caratteristiche. Ci sono diverse scuole. Cubana, americana, inglese. Ovviamente Jonathan Edwards ‘Il Gabbiano Volante’, attuale detentore del record del mondo, ha lanciato un qualcosa di diverso. Ha rivoluzionato la tecnica del salto. Si può fare con maggiore velocità e meno forza. Il salto viene adattato all’atleta. L’allenatore è come un sarto. In base all’atleta gli cuce addosso il salto ideale. L’allenamento non è universale, è personalizzato. Ogni atleta ha il proprio allenamento. Non so se sono stato un atleta perfetto. Mi piace che la perfezione mai si raggiunga. Se sono ancora qui sul campo, con il desiderio di fare qualcosa di straordinario, è perché penso che io non abbia raggiunto la perfezione. Il pensiero di averla raggiunta implica di essere giunto al traguardo. Io non mi ci sento. Non l’ho raggiunto il traguardo. Continuo a perfezionare qualcosa di straordinario che  si chiama corpo umano e ‘tecnica del salto’ in questo caso. Il bello del nostro mondo è che non si finisce mai di imparare, provare e di essere perfetti”.

(foto@Colombo/Fidal)

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