La ricerca

Trigliceridi, uno studio dimostra che sono pericolosi anche a livelli non altissimi

10 aprile 2021 | 09:00
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Trigliceridi, uno studio dimostra che sono pericolosi anche a livelli non altissimi

Gli esperti: “E’ fondamentale adottare uno stile di vite sano, seguendo un’appropriata alimentazione e svolgendo un’adeguata attività fisica”

Salute e Benessere – “Lievi innalzamenti dei trigliceridi, già a partire dai 150 milligrammi per decilitro (mg/dL), aumentano il rischio di sviluppare eventi aterosclerotici e mortalità per tutte le cause, anche in una popolazione a lieve-moderato rischio cardiovascolare”. E’ l’indicazione che arriva da ‘TG-real’, studio epidemiologico mondiale sui trigliceridi pubblicato sul ‘Journal of American Heart Association’ (Jaha) e realizzato con il contributo non condizionato di Alfasigma.

I risultati suggeriscono che “è fondamentale tenere sotto controllo questi livelli e che adottare uno stile di vite sano, seguendo un’appropriata alimentazione e svolgendo un’adeguata attività fisica, riduce il rischio”. E “quando le misure adottate non sono sufficienti e diventa necessario assumere farmaci – ricorda Alfasigma – sono oggi disponibili i fibrati e gli acidi grassi omega-3″.

“Abbiamo impiegato 3 anni a concludere questo studio”, afferma Marcello Arca, professore associato del Dipartimento di Medicina traslazionale e di precisione dell’università La Sapienza di Roma, capofila del lavoro multicentrico che “per la prima volta a livello mondiale – sottolineano i promotori – ha dimostrato, su una vasta popolazione italiana a basso-moderato rischio cardiovascolare, che livelli di trigliceridi tra 150 e 500 mg/dL sono associati a un aumento significativo di eventi cardiovascolari e mortalità, e che questi valori si riscontrano nel 10% della popolazione indagata“. Secondo gli esperti, “questo studio è importante per due motivi. Il primo è che ha dimostrato come l’ipertrigliceridemia possa aumentare la probabilità di un soggetto di andare incontro alle malattie ischemiche causate dalla aterosclerosi, il secondo è che questa osservazione è stata compiuta in un grande gruppo di soggetti, ben 158mila, che non presentavano patologie particolari e quindi potevano essere definiti a basso rischio”.

Lo studio TG-real ha evidenziato per la prima volta – riporta una nota – la correlazione tra alti livelli di trigliceridi ed eventi aterosclerotici e mortalità per tutte le cause. Una correlazione che non era mai stata indagata a sufficienza in pazienti a basso rischio cardiovascolare. Dallo studio è infatti emerso che “valori di trigliceridemia superiori a 150 mg/dL e fino a 500 mg/dL aumentano di circa 2 volte la probabilità di andare incontro alle malattie ischemiche legate all’aterosclerosi come infarto acuto del miocardio e angina di petto, e di circa 3 volte la probabilità di morire per tutte le cause”.

Lo studio ha preso dunque in considerazione un gruppo di circa 158mila partecipanti. I pazienti, che al momento della prima osservazione non presentavano patologie di rilievo – dettaglia la nota – sono stati seguiti per oltre 3 anni allo scopo di monitorare l’eventuale comparsa di complicanze, come ad esempio un ricovero per infarto acuto del miocardio. La ricerca, condotta con metodo innovativo, si è basata sulla messa in comune di informazioni che derivano dalle schede dei ricoveri ospedalieri, dalle informazioni sulla dispensazione dei farmaci e dai dati in possesso dei medici di famiglie e dei laboratori di analisi. Un sistema complesso e articolato che, nel rispetto delle autorizzazioni previste per legge, questo studio è riuscito con sofisticati sistemi informatici a mettere insieme per tracciare la storia clinica di ciascuno soggetto.

“I risultati del lavoro – commenta Arca – suggeriscono per il futuro di includere sempre nella valutazione clinica dei nostri pazienti la misura della trigliceridemia, cosa che troppo spesso oggi viene trascurata e dimenticata a vantaggio della sola attenzione nei confronti della colesterolemia. La conoscenza dei valori della trigliceridemia può darci una guida e un indirizzo utile per migliorare gli interventi terapeutici e quindi la salute dei cittadini”.

“Al di là di alcune malattie genetiche che causano un aumento anche molto marcato dei trigliceridi – spiega Arca – la causa più frequente della ipertrigliceridemia è rappresentata dalla combinazione di fattori di predisposizione genetica con il sovrappeso, soprattutto quello che fa aumentare il girovita, e un cattivo funzionamento dell’insulina: una condizione che modernamente viene definita sindrome metabolica. Sappiano che la sindrome metabolica ha tra le sue cause remote una dieta troppo ricca in calorie rispetto alle necessità e una ridotta attività fisica”.

Per evitare l’innalzamento dei trigliceridi occorre evitare l’aumento di peso e l’assunzione di una quantità di calorie maggiore di quelle necessarie, “un rischio ancora più probabile durante le feste natalizie, soprattutto se si è già sovrappeso o si soffre di malattie metaboliche come il diabete”, osservano gli esperti. “Di fronte a un eccesso di peso si deve decidere – precisa Arca -. O si interviene sul fronte delle entrate, riducendo la quantità di cibo, oppure si aumenta il dispendio energetico, incrementando il proprio livello di attività fisica. Il tutto sempre in modo graduale e controllato. Se tutto questo non è sufficiente ed è necessario usare farmaci, al momento quelli disponibili sono i fibrati e gli acidi grassi omega-3″.

(Fonte Adnkronos)
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