Francesco: “Non viviamo una fede a metà: siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi”

11 aprile 2021 | 11:05
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Francesco: “Non viviamo una fede a metà: siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi”

Nella chiesa di Santo Spirito in Sassia il Papa celebra la Messa nella festa della Divina Misericordia con medici, infermieri, detenuti e disabili: “Se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile”

Città del Vaticano – “Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono. Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi“. Nel giorno dell’Ottava di Pasqua, Papa Francesco, per il secondo anno consecutivo, torna nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, a pochi passi dal Vaticano, per celebrare la Santa Messa nella festa della Divina Misericordia (istituita da San Giovanni Paolo II nel 1992).

Lo scorso anno, a causa del lockdown, la basilica era deserta. Oggi, in ottemperanza alle norme vigenti, sono presenti circa 80 persone, tra cui un gruppo di detenuti e di detenute dal carcere di Regina Coeli, Rebibbia femminile e Casal del Marmo di Roma, alcune Suore Ospedaliere della Misericordia, una rappresentanza di infermieri dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia, alcune persone con disabilità, una famiglia di migranti dall’Argentina, dei giovani rifugiati provenienti da Siria, Nigeria ed Egitto, tra cui due persone egiziane appartenenti alla Chiesa copta e un volontario Caritas siriano appartenente alla Chiesa cattolica sira. A testimoniare che l’abbraccio della Divina Misericordia è davvero per tutti.

E Francesco, dal pulpito, rivolgendosi ai fedeli, ricorda la “novità” della Pasqua, e lo fa partendo dall’odierna pagina del Vangelo, che narra dell’incontro di Cristo risorto con l’apostolo Tommaso, “l’incredulo”. Gesù, “dopo la sua risurrezione, opera la ‘risurrezione dei discepoli’. Ed essi, risollevati da Gesù, cambiano vita”, sottolinea Francesco.

“Prima, tante parole e tanti esempi del Signore non erano riusciti a trasformarli. Ora, a Pasqua, succede qualcosa di nuovo. E avviene nel segno della misericordia. Gesù li rialza con la misericordia. E loro, misericordiati, diventano misericordiosi“, rimarca Francesco. I discepoli, secondo Bergoglio, “vengono misericordiati, attraverso tre doni”: “offre loro la pace, poi lo Spirito, infine le piaghe”.

In primo luogo dà loro la pace, “non una pace che toglie i problemi di fuori, ma una pace che infonde fiducia dentro. Non una pace esteriore, ma la pace del cuore“. “Quei discepoli sfiduciati – spiega il Pontefice – vengono rappacificati con sé stessi. La pace di Gesù li fa passare dal rimorso alla missione. La pace di Gesù suscita infatti la missione”. “Non è tranquillità, non è comodità” ma, al contrario, “è uscire da sé” perché “la pace di Gesù libera dalle chiusure che paralizzano, spezza le catene che tengono prigioniero il cuore. E i discepoli si sentono misericordiati”.

Per Dio nessuno è sbagliato, nessuno inutile, nessuno escluso. Gesù oggi ripete ancora: “Pace a te, che sei prezioso ai miei occhi. Pace a te, che sei importante per me. Pace a te, che hai una missione. Nessuno può svolgerla al tuo posto. Sei insostituibile. E Io credo in te”.

In secondo luogo, “Gesù misericordia i discepoli offrendo loro lo Spirito Santo“; “lo dona per la remissione dei peccati. I discepoli erano colpevoli, erano scappati via abbandonando il Maestro. E il peccato tormenta, il male ha il suo prezzo. Da soli non possiamo cancellarlo. Solo Dio lo elimina – sottolinea Francesco -, solo Lui con la sua misericordia ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde“.

Come quei discepoli, prosegue il Papa, “abbiamo bisogno di lasciarci perdonare. Il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro. Chiediamo la grazia di accoglierlo, di abbracciare il Sacramento del perdono”. Della Confessione, fa notare il Santo Padre, “ne abbiamo tanto bisogno, tutti. Ne abbiamo bisogno come i bimbi piccoli, tutte le volte che cadono, hanno bisogno di essere rialzati dal papà. Anche noi cadiamo spesso. E la mano del Padre è pronta a rimetterci in piedi e a farci andare avanti”.

La Confessione è il Sacramento che ci rialza, che non ci lascia a terra a piangere sui pavimenti duri delle nostre cadute. È il Sacramento della risurrezione, è misericordia pura. E chi riceve le Confessioni deve far sentire la dolcezza della misericordia.

Il terzo dono sono le piaghe: “Da quelle piaghe siamo guariti (cfr 1 Pt 2,24; Is 53,5)”, recita infatti la Bibbia. “Ma come può una ferita guarirci?”, si domanda il Papa. La risposta di Francesco è secca: “Con la misericordia. In quelle piaghe, come Tommaso, tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo, che ha fatto sue le nostre ferite, che ha portato nel suo corpo le nostre fragilità. Le piaghe sono canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie. Sono le vie che Dio ci ha spalancato perché noi entriamo nella sua tenerezza e tocchiamo con mano chi è Lui. E non dubitiamo più della sua misericordia”.

Tutto nasce da qui, dalla grazia di essere misericordiati. Da qui comincia il cammino cristiano. Se invece ci basiamo sulle nostre capacità, sull’efficienza delle nostre strutture e dei nostri progetti, non andremo lontano. Solo se accogliamo l’amore di Dio potremo dare qualcosa di nuovo al mondo”, aggiunge il Santo Padre.

“Così hanno fatto i discepoli: misericordiati, sono diventati misericordiosi”. Gli Atti degli Apostoli raccontano infatti che “nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune”. “Non è comunismo, è cristianesimo allo stato puro – afferma il Papa -. Ed è tanto più sorprendente se pensiamo che quegli stessi discepoli poco prima avevano litigato su premi e onori, su chi fosse il più grande tra di loro. Ora condividono tutto. Come hanno fatto a cambiare così? Hanno visto nell’altro la stessa misericordia che ha trasformato la loro vita”.

I loro timori si erano dissolti toccando le piaghe del Signore, adesso non hanno paura di curare le piaghe dei bisognosi. Perché lì vedono Gesù. Perché lì c’è Gesù.

“Sorella, fratello, vuoi una prova che Dio ha toccato la tua vita? Verifica se ti chini sulle piaghe degli altri – il monito finale del Pontefice – . Oggi è il giorno in cui chiederci: ‘Io, che tante volte ho ricevuto la pace di Dio, il suo perdono, la sua misericordia, sono misericordioso con gli altri? Io, che tante volte mi sono nutrito del suo Corpo, faccio qualcosa per sfamare chi è povero?’. Non rimaniamo indifferenti. Non viviamo una fede a metà, che riceve ma non dà, che accoglie il dono ma non si fa dono”.

Siamo stati misericordiati, diventiamo misericordiosi. Perché se l’amore finisce con noi stessi, la fede si prosciuga in un intimismo sterile. Senza gli altri diventa disincarnata. Senza le opere di misericordia muore. Chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita unificata. Solo così annunceremo il Vangelo di Dio, che è Vangelo di misericordia“, conclude il Papa.

Terminata la celebrazione, durante la quale si è anche pregato per le vittime del Covid-19, Francesco recita la preghiera del Regina Coeli, dove ringrazia i presenti alla Messa: fedeli abituali, personale infermieristico, carcerati, persone con disabilità, rifugiati e migranti, Suore Ospedaliere della Divina Misericordia, volontari della Protezione Civile: “Voi rappresentate alcune realtà nelle quali la misericordia si fa concreta, si fa vicinanza, servizio, attenzione alle persone in difficoltà. Vi auguro di sentirvi sempre misericordiati per essere a vostra volta misericordiosi”. Poi la benedizione e il saluto, con qualche suora che chiede anche un selfie.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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