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La Superlega fa il miracolo: mette tutti i politici italiani d’accordo

Da Draghi a Meloni, da Salvini a Letta, da Conte a Sassoli, i leader della politica italiana bocciano la Super League

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Roma – La Superlega è riuscita lì dove molti altri hanno sempre fallito: mettere d’accordo tutta la politica italiana, che si schiera dalla parte della Uefa bocciando la nascita del torneo (leggi qui).

Tra i primi a dirsi contrario, con una nota diffusa da Palazzo Chigi e il premier Mario Draghi: “Il Governo segue con attenzione il dibattito intorno al progetto della Superlega calcio e sostiene con determinazione le posizioni delle autorità calcistiche italiane ed europee per preservare le competizioni nazionali, i valori meritocratici e la funzione sociale dello sport”.

Parole simili arrivano anche da Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia: “La nuova ‘Super League’ è la deriva da tempo avviata alle nostre società applicata al mondo del calcio: scavalcare la rappresentanza dal basso e imporre dall’alto l’istituzione di una oligarchia. Che non esista più il calcio di una volta purtroppo è evidente, così come il business che gira intorno a questa disciplina ma almeno finora il merito sportivo era un punto di partenza, non un dettaglio. E non si distrugge il merito in nome dei profitti”.

Anche Matteo Salvini si dice contrario al progetto: “Lo sport non può essere solo business, milioni e campioni viziati. Da milanista dovrei essere contento di avere garantita una permanenza europea nei prossimi anni a prescindere dai risultati, ma da sportivo non mi piace. Il fatturato non è tutto, non possono esserci dieci squadre che tengono in mano lo sport del continente. Non mi piace questa idea dei pochi privilegiati e prescelti da non si sa chi e tutti gli altri che si dividono le briciole. Il calcio ha sì bisogno di riforme, ma non è questo il modo di cambiare”.

Sulla questione tuona anche il segretario del Pd, Enrico Letta: “Siamo stati presi tutti alla sprovvista da quanto accaduto e dai messaggi usciti. Ci siamo rimasti male tutti, perché tutti affezionati al calcio. Vedere questa rivoluzione nei suoi lati negativi, a me ha lasciato molto impressionato. Credo fortemente che in questo periodo di pandemia, che ci ha costretti in casa, il calcio è stato un momento importante per avere qualche momento di svago. Al momento di uscita dalla pandemia bisogna farlo tutti insieme. Solidarietà e cooperazione sono la chiave con cui guardare al futuro, dopo questo terribile periodo, e vale anche per il calcio. Contrasto l’idea in tutti i modi, penso che dobbiamo fare un grande lavoro per spiegare perché è negativa: un danno per il nostro sistema. Da qualunque punto di vista lo si guarda, l’esito è negativo. Ho un ultimo dubbio o speranza: che sia una mossa fatta per negoziare con gli organi del Uefa che si riuniranno in questi giorni. Tuttavia, credo che la strada in cui ci si sta infilando implicherà delle perdite per tutti: sistema, squadre minori, appassionati, tutti coloro che vivono e gravitano attorno a questo mondo. Il motivo per cui non funziona è che è basata sull’Nba, con un piccolo particolare: l’Nba si svolge in un unico Paese, gli Stati Uniti. Qui parliamo di molto altro. La bellezza della Champions sono tutte queste avventure, appassionanti, di squadre che riescono a raggiungere incredibilmente le fasi finali della competizione, come la nostra Atalanta, l’Ajax. È questo il bello del calcio, non vedere l’ennesima sfida tra Manchester City e Tottenham o Real Madrid e Barcellona. Il bello del calcio è anche vedere Davide contro Golia. Tutte le istanze europee devono intervenire, compreso il Governo italiano, basti vedere quanto spazio occupa sui media. Questa vicenda può impoverire il nostro Paese”.

Anche Giuseppe Conte, tra i leader del Movimento 5 Stelle, dalla sua pagina Facebook boccia la Super League: “Oggi tanti appassionati di calcio si trovano spaesati, amareggiati. Immagino alcuni anche arrabbiati. Di sicuro si sentono depredati del sogno più bello che lo sport riesce a disseminare in ogni angolo del pianeta: la possibilità che la propria squadra del cuore – non fa niente se piccola, priva di blasone e con scarsi mezzi finanziari – possa sovvertire i favori dei pronostici e riuscire a prevalere su un prato verde, come fu per Davide contro Golia. I campi di calcio, da quelli di terriccio nascosti in periferia fino ai grandi palcoscenici mondiali, sono motore di cambiamento e di aggregazione, fonte di speranza e di tante legittime aspirazioni per i giovani, sia che vivano nei grandi centri urbani sia che vivano in paesini in cerca di riscatto. Ma lo sport, prima di tutto, è strumento di inclusione e fattore che cementa le relazioni umane. Non viviamo fuori dal mondo e siamo consapevoli che, a certi livelli e in certi settori, anche lo sport diventa business, per cui si coagulano interessi economici che impongono di rendere pienamente sostenibili gli investimenti fatti. Ma la remunerazione degli investimenti va cercata rispettando i valori alla base dello sport, non stravolgendone completamente il significato. Chi oggi lavora per realizzare il progetto della Superlega e persegue una logica elitaria che prescinde dalla qualità del gioco, dal merito sportivo e dallo spirito di solidarietà, sappia che ci vedrà caparbiamente “contro”, come appassionati di calcio e come sportivi. Chi uccide il principio di una sana e aperta competizione sportiva per abbracciare ciniche ragioni contabili, si assume il grave rischio di spegnere la magia del calcio e la passione che esso suscita, perché come ha osservato Papa Francesco ‘dietro a una palla che rotola c’è quasi sempre un ragazzo con i suoi sogni e le sue aspirazioni'”.

Un secco “no” arriva anche da David Sassoli, presidente del Parlamento Europeo che twitta: “Dobbiamo difendere il modello di sport europeo. Sono contrario al calcio che diventa appannaggio di pochi ricchi, lo sport deve essere per tutti”.

(Il Faro online)

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