Roma, prodotti ittici scaduti e violazione delle norme anticovid: chiuso un minimarket

20 aprile 2021 | 11:07
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Roma, prodotti ittici scaduti e violazione delle norme anticovid: chiuso un minimarket

Disposta la chiusura per 5 giorni e comunque fino al ripristino delle condizioni minime previste dalle norme sull’igiene pubblica

Roma – Proseguono a pieno regime i controlli della Polizia di Stato per la verifica ed il rispetto delle norme anti Covid-19 nel territorio della Capitale e della sua provincia.

Dall’inizio del mese, gli agenti della Divisione Amministrativa e Sociale della Questura di Roma, diretta da Agnese Cedrone, hanno effettuato più di 40 controlli ad attività commerciali quali bar, ristoranti, case vacanze, affittacamere e istituti di vigilanza.

Tale attività di contrasto ha permesso di sanzionare in diverse distinte operazioni 5 attività.

Ai titolari, oltre alla multa da 400 euro cadauno, è stata applicata la sanzione accessoria che dispone la chiusura, per un massimo per 5 giorni, dell’attività commerciale stessa.

I poliziotti, in un minimarket di Albano Laziale, in una cella frigorifera destinata alla clientela hanno rinvenuto 11 confezioni di prodotti ittici scaduti da circa un anno; trattasi di una marca bengalese di pesce, privo delle informazioni al consumatore, delle prescritte indicazioni in lingua Italiana e dei requisiti circa il contenuto e di conseguenza pericolose per la salute pubblica.

Del tutto veniva notiziato il personale del Sian, servizio di igiene degli alimenti e nutrizione, della Asl per l’emissione del provvedimento di chiusura. Al gestore, originario del Bangladesh, oltre al sequestro del pesce scaduto, veniva sanzionato per l’inosservanza dei protocolli Covid in quanto non forniva igienizzanti e guanti monouso ai clienti per la manipolazione degli alimenti e, stante le condizioni igieniche precarie incompatibili con la conservazione e la somministrazione al pubblico di alimenti mal tenuti e dei prodotti congelati e non, conservati in maniera inidonea, veniva chiuso per 5 giorni e comunque fino al ripristino delle condizioni minime previste dalle norme sull’igiene pubblica.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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