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Antonietta Di Martino: “Puntavo la medaglia e la vincevo. Ad Osaka l’emozione più forte”

22 aprile 2021 | 10:00
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Antonietta Di Martino: “Puntavo la medaglia e la vincevo. Ad Osaka l’emozione più forte”

I record nell’alto e i giovani: Tamberi e Vallortigara faranno bene a Tokyo. L’ex campionessa delle Fiamme Gialle, oggi finanziera a Salerno, sogna di fare l’allenatrice

Come uno stacco in pedana verso l’asticella dell’alto, così Antonietta ha vissuto la sua carriera. Come il superare misure che sempre l’hanno esaminata in gara, facendo un passo in più verso la perfezione, o provando ad essere fermamente pronta a dare il meglio di sé, in ogni occasione. Una favola straordinaria la sua, nell’atletica leggera mondiale in cui ha conseguito in gara due record italiani, ancora imbattuti. E’ volata fino a 2,03 la Di Martino ex campionessa della Nazionale italiana e oggi finanziera a Salerno. All’aperto e di ritorno da un periodo nerissimo di stop, a causa di un infortunio debilitante al bicipite femorale, non immaginava che poi alla fine del tunnel, quel sole di ‘bentornata’ nell’attività agonistica l’avrebbe accolta con un primato, ancora da sconfiggere oggi, dopo 14 anni. L’aveva strappato alla grande Sara Simeoni al Memorial Primo Nebiolo di Torino e se ancora lo ricorda, non le sembra vero.

A 12 anni la prima gara nell’atletica. Gli  infortuni e l’emozionante argento mondiale

(foto@Colombo/Fidal)

Si racconta l’ex atleta delle Fiamme Gialle. Lo fa in occasione dei festeggiamenti del 2021, per il Centenario dell’atletica proprio delle Fiamme Gialle. Antonietta Di Martino è stata una delle donne dell’atletica che maggiormente hanno segnato il tempo in questo sport e non solo per i record conquistati. Era sempre pronta Antonietta, sempre attenta, sempre dedita a fare bene in competizione. Olimpiadi, Mondiali ed Europei. Non era facile ‘tenere botta’ sugli eventi sportivi, tantissimi per lei con la divisa tricolore e con quella delle Fiamme Gialle addosso. Lo dice nella sua intervista rilasciata a Il Faro online di domenica, in un momento tranquillo della settimana, in cui è lontana dai suoi impegni attuali con il servizio d’istituto oggi in Guardia di Finanza. Al Comando Provinciale di Salerno, la Di Martino salta ogni giorno per fare bene il suo lavoro all’ufficio protocollo e registrare ancora record importanti, dando il meglio di sé nel lavoro. Come in gara faceva e ha fatto dal lontanissimo 1990. Giovanissima a 12 anni ha cominciato a praticare l’atletica e subito gli allenatori hanno colto in lei quel talento che poi è esploso e frastagliato anche, sempre in carriera, dai tantissimi infortuni: “Mi facevo male e ripartivo sempre”. Ha dichiarato Antonietta. Chi l’ha costantemente seguita, se lo ricorda. E ricorda pure che sguardo concentrato e movimento perfetto saltava oltre l’asticella (superando momenti bui) e vinceva medaglie, oltre le difficoltà, dando un significato più profondo al gesto tecnico che ha caratterizzato la  sua vita sportiva. E ha imparato tantissimo dallo sport, portandosi quei valori dietro e di cui è stata forgiata, anche nella vita quotidiana: “Vado avanti e non mi fermo”. Dice tranquillamente oggi, nel ricordare una carriera accesa di allori. Sei medaglie internazionali vinte con un Golden Gala italiano portata a casa e un giro di pista con il tricolore ad Osaka, ai Mondiali del 2007, dopo aver  saltato la misura di un argento vinto eguagliando il suo primato di 2,03 outdoor, che valeva come un oro al collo: “E’ la medaglia più bella che io ricordi”. Non può che farlo Antonietta. Andò a quel Mondiale con il tempo del primato nelle gambe e lo ripeté come niente fosse. Un anno importante per lei quello, che precedette l’esordio olimpico a Pechino 2008. L’ex azzurra fu una delle atlete simbolo della spedizione azzurra in Cina e il rimpianto più grande per lei, nonostante non ami averne, è il non aver conquistato un alloro a cinque cerchi. Ma se pensa alla  sua  carriera lunghissima fatta di luci intense e di ombre fitte, allora quella medaglia olimpica oggi ce l’ha cucita  sulla pelle, per i  valori messi a frutto. Arrivò tra le prime dieci a Pechino con una misura di 1,93.

Il record nell’indoor e l’oro di Parigi vinto. Le previsioni per le Olimpiadi: Tamberi, Vallortigara e Trost

(foto@wikipedia)

Non solo il 2007, ma pure il 2011. Un’altra stagione d’oro quella da ricordare con orgoglio. Il primato del 2011 nell’indoor al Meeting di Banská Bystrica, in apertura di  stagione invernale in febbraio, parla della sua caparbietà e della determinazione di una donna dell’atletica e di una mamma amorevole oggi, che non si è mai arresa: 2,04 per lei. Stagione coronata poi nella primavera successiva con la vittoria dell’oro europeo a Parigi con 2 metri e 01 saltati. Eccezionale quel primo gradino del podio e finalmente la prima su tutte. Altissima per le atlete del 2021 però, la misura di 2,04. Ancora imbattuto il record conseguito. Solo Elena Vallortigara, altista delle Fiamme Oro, campionessa italiana assoluta indoor in carica e cara amica di Antonietta, come quest’ultima piacevolmente dice, si è avvicinata ad essa: 2,02 per la giovane azzurra (leggi qui) che dopo l’1,96 dello scorso anno, si accinge a partecipare alla prima Olimpiade in Giappone: “Ci può essere il fattore sorpresa a Tokyo”. Ammette l’ex campionessa delle Fiamme Gialle. E spera che Alessia Trost, ‘sua erede gialloverde’, possa volare a Tokyo con una misura limite di 1,96 di qualifica, che può certamente fare. Non si sbilancia Antonietta e non fa di solito dei pronostici. Non li faceva neanche su se stessa. Ma immagina che l’Italia a Tokyo potrebbe sicuramente fare bene. Tamberi ha grandi possibilità: attuale vicecampione europeo indoor (leggi qui), grandissimo altista con primato italiano e campione del mondo a Portland nel 2016 (leggi qui). Ai Giochi della rivincita Gianmarco può far sognare l’Italia (leggi qui) e si augura la Di Martino che anche Alessia Trost possa staccare il pass per le Olimpiadi. Parla dei giovani italiani, la ‘veterana’ dell’atletica azzurra e sicuramente farà il tifo per loro, saltando con loro idealmente dall’Italia.

Simbolo dell’atletica delle Fiamme Gialle. Una gioia far parte di un Gruppo Sportivo d’élite

E’ stato un onore lei vestire la maglia della squadra di  atletica  delle  Fiamme Gialle. In occasione del Centenario (leggi qui), prosegue allora il viaggio de Il  Faro online raccontando la storia della campionessa  Di Martino, dopo aver raccontato i giovani della ‘Fiamme Gialle Simoni’ del capitano Fabrizio Donato(leggi qui). Non cambiano le emozioni dello sport, possono mutare però le storie, anche poi il punto in comune per tutti è la passione e la voglia di fare bene sempre. Antonietta è una donna forte oggi che ha aggiunto una medaglia in più in palmares. In occasione degli scorsi Mondiali di Doha la World Athletics gli ha consegnato il bronzo dei Mondiali di Berlino 2009, a seguito della squalifica retroattiva di Anna Chicherova. Era arrivata ai piedi del podio in competizione e ritirarla, e metterla al collo, davanti a suo figlio, è stata una emozione unica: “Bellissimo quel momento”. Era a Casa Italia Antonietta e con piacere prosegue a parlare dei giovani azzurri. E’ il detentore del record attuale dei 100 metri a conquistare il suo affetto: “Filippo Tortu è un bravissimo ragazzo e un grande campione”. Dice Antonietta. Lo disse a Doha alla mamma del primatista italiano e vide la Di Martino gareggiare Tortu anche in finale iridata (leggi qui).

Il sogno di diventare allenatrice: il significato di record e medaglie da insegnare

Non vuole allontanarsi dall’atletica della vita Antonietta. E appena suo figlio Francesco sarà più grande, da consentirle di poterlo fare, ecco il sogno dell’adulta: fare l’allenatrice e seguire gli atleti. Aveva iniziato a  farlo, ma la gravidanza l’ha fermata in questo sogno, per consegnarla al sogno più bello della maternità. L’atletica è là che l’attende però e spera vivamente di tornarci da coach. Insegnerà alle sue allieve che  saltare l’asticella non è solo conseguire risultati sportivi, ma significa superare se stessi andando oltre i limiti. Lei lo ha fatto abbattendo il muro dei primati. Che però passano. E allora probabilmente insegnerà che le medaglie non rappresentano  solo vittorie, ma anche successi  che ti insegnano a crescere e parlano di passi verso il miglioramento, custoditi in bacheca, per ricordare sempre che una volta nello sport c’era qualcuno che dava il cuore in  pedana. Lei lo ha fatto, lottando contro gli infortuni e tornando sempre dedita allo sport e ai suoi valori. Infatti, quei record stanno lì, ancora imbattuti. Chi li supererà? Sicuramente una campionessa dal cuore grande, come Antonietta Di Martino.

Cara Antonietta, cominciamo dai record che hai conseguito in carriera. Due volte nel salto in alto. Uno nel 2007 all’aperto (2,03) e l’altro nel 2011 nell’indoor (2,04). Torna con la mente a quei momenti. Cosa ti ricordi?

“Per il primo record sono rimasta stupita. Sapevo di stare bene, ma non mi aspettavo di realizzarlo. Prima feci 2,02 e poi saltai 2,03, una stagione sorprendente in cui esplosi, feci il salto di qualità. Per il 2,04 la cosa è stata più consapevole, in quanto arrivavo da gare che mi avevano dato fiducia. Ma quando lo saltai fu ugualmente inaspettato. Per i miei personali non mi sono mai posta di raggiungerli. Andavo e facevo la mia gara. E poi li facevo. In allenamento saltavo abbastanza alto, ma mai poi mi aspettavo di farli. Nel 2007 mi ero stirata il bicipite femorale, durante un allenamento. Non ho saltato per un mese e mezzo. In aprile, quando rischi di più. Iniziai il recupero. Feci una tecnica adatta per le scarpe di gomma, senza le chiodate che mi facevano male sulla cicatrice. Andai a Torino e feci il primato. A livello nervoso tenevo bene, fu una gioia. Ho battuto Sara Simeoni per il 2,03, ancora incredibile! I complimenti più belli li ho ricevuti dai bambini (‘sei il mio idolo’, ho il tuo poster in camera’). Anche un signore che incontrai in una sagra, stava dietro di me. Mi guardò e riguardò e fu molto emozionato di vedermi. Mi fece ridere, erano le prime volte che mi accadeva. Ho realizzato qualcosa di bello con uno staff tecnico intorno a me, meraviglioso”.

I tuoi primati sono ancora oggi imbattuti. Seconde dietro di te ci sono Elena Vallortigara all’aperto con 2,02 e c’è Alessia Trost nell’indoor con 2,00. C’è oggi una tua erede? Previsioni per le Olimpiadi?

Le conosco entrambe. Elena è una mia cara amica e con cui facevo dei raduni. Alessia l’ho  conosciuta nel tempo e ha vinto tante medaglie importanti. Hanno un grande talento. Per fare risultato non ci vuole niente, la cosa difficile è mantenerlo. Nei 5 anni in cui mi sono fermata, ho mantenuto la mia lucidità e lì ho perseguito il mio obiettivo fino all’ultimo. In una carriera agonistica è fondamentale che tutti i tasselli si incastrino nel modo giusto. Non è affatto semplice. C’è stato un momento in cui nessuno più credeva in me, da sola mi sono rialzata. Per non avere rimpianti. L’unico che ho è il non aver vinto una medaglia alle Olimpiadi. Se mi guardo indietro e rivedo quello che ho fatto, da sola e proveniente da un paesino della Campania dove non c’era neanche una pista di atletica, sono più che soddisfatta. La medaglia olimpica sarebbe stata la ‘ciliegina sulla torta’. L’ho vinta per la costanza. Non sono una che fa previsioni, neanche su di me, ma penso che Gimbo possa fare benissimo. Per le ragazze idem. Ci può essere il fattore sorpresa, anche se nelle gare femminile, le ragazze sono tutte nella stessa misura. Possono fare bene entrambe Elena e Alessia, la finale è nelle loro gambe. Elena si è qualificata ha fatto l’anno scorso, Alessia ce l’ha addosso la misura del pass, deve trovare le giuste condizioni”.

Che cosa è un record per un’atleta? Che differenza c’è nel vincere una medaglia?

Fare un record è superare se stessi e i propri limiti. Il record è una barriera. Sfondi un muro e vai dall’altra parte. La medaglia è un’altra cosa, è una vittoria fatta di tante condizioni a favore. La medaglia è diversa e più importante, questa rimane e invece il primato passa, se lo migliorano. L’alloro ti resta per sempre”.

E’ l’anno del Centenario della squadra di atletica delle Fiamme Gialle. Cosa significa per te essere appartenuta a un team vincente e importante?

“Le Fiamme Gialle sono state il mio trampolino di lancio. Quando sono entrata è stato il mio inizio della carriera, avevo anche un lavoro stabile. Convinta di quello che feci. Sono state il mio Gruppo Sportivo d’élite del cuore. Un onore. Farlo conoscere nel mondo, come poi è accaduto per gli altri atleti gialloverdi, è stato eccezionale”.

Sei sempre stata una campionessa che non ha mai fatto mancare medaglie o prestazioni importanti agli eventi internazionali. Eri sempre garante di podi. Come si fa ad essere un’atleta costante e presente in ogni occasione?

“Acquisisci una forma mentis che poi ti porti dietro, devi essere brava per arrivarci. Non è semplice arrivare in forma alla gara più importante della stagione. Erano competizioni molteplici e impegnative. Dovevi avere una resistenza nervosa alta e dovevi mantenere una certa alimentazione (dovevamo restare magre), arrivavo quel giorno che dovevo stare al peso giusto. Ci sono state stagioni che non sono andate bene, quando stavo bene però era difficile che mi sfuggiva la medaglia. Preferivo fare meno prima e fare di più alla gara. Facevo tutto alla perfezione. Spesso mi facevo male e dovevamo aggiustare il tiro. Ero abituata a tenere botta, anche per gli infortuni”.

Se pensi alla medaglia più bella vinta in carriera, qual è quella che più salta nella tua mente?

“L’argento al Mondiale di Osaka, la più bella. Tutti se l’aspettavano da me. Feci una tecnica, ne feci un’altra e poi il 2,03 nella qualificazione e poi la medaglia.  Ero sul podio e pensavo di essere riuscita a fare finalmente quello che volevo. Mi facevo spesso male e spesso mi fermavo. Per il record del 2007 fu così: mi feci male nel 2002 e poi rientrai dopo 5 anni. Alla fine del tunnel è arrivata la gioia inaspettata. Dopo gli Europei di Goteborg, in  finale mi stirai il bicipite, da lì stetti ferma per riprendermi e poi si incanalò tutto a favore. Avevo lavorato bene a livello nervoso, mi allenavo alla grande e con grande forza e resistenza. Mi caricavo bene e non mi stancavo in allenamento, la mia rabbia agonistica mi aiutò”.

Ai Mondiali di Doha hai ricevuto dalla World Athletics il bronzo iridato di Berlino, a seguito della squalifica retroattiva della Chicherova. Come è stato ricevere quella medaglia dopo 10 anni?

“Ero arrivata quarta. C’era mio figlio che mi guardava, è stato bello”.

..e hai incontrato anche Filippo Tortu. Cosa pensi del primatista italiano dei 100 metri?

“Ho incontrato la mamma di Filippo. Le ho detto che è un bravissimo ragazzo. Eravamo a casa Italia, ho detto: “Avete proprio un figlio che è uno spettacolo”. Mi salutò, fu molto educato con tutti. E’ buono, in pista è molto agonista naturalmente. Nella vita è un gioiello, gentile e a modo”.

Una vita nello sport Antonietta. Cosa ti porti dentro e chi sei oggi?

“Avevo 12 anni quando ho iniziato. Mi porto dietro il non avere rimpianti, alla fine ho fatto tutto quello che dovevo, non mi sono risparmiata in niente, non ricordo una cosa che non ho trascurato. Ho dato me stessa e sono felice di averlo fatto. Era la mia missione e l’ho portata a termine. Mi caratterizza oggi come allora, il fatto che mi arrabbio quando non riesco a fare una cosa o affronto le difficoltà, vado avanti e non mi fermo. Oggi sono una mamma, una finanziera, di atletica faccio poco. Sto ricominciando pian piano ad andare in pista, non volevo più saperne di attività fisica. Una volta ho fatto una gara master di giavellotto, ma poi è finita lì. Ho fatto l’allenatrice per due ragazze, mi sono poi fermata perché è nato Francesco. Mi piacerebbe allenare quando mio figlio sarà più grande. Ma se mi chiedono di fare programmi tecnici mi diverto a farli. Ho acquisito talmente tanta di quella esperienza, che posso tranquillamente farli”.

(foto@Colombo/Fidal)

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