Droga a Roma, 51 arresti. A Tor Bella Monaca la cupola nazionale

27 aprile 2021 | 08:53
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Droga a Roma, 51 arresti. A Tor Bella Monaca la cupola nazionale
Droga a Roma, 51 arresti. A Tor Bella Monaca la cupola nazionale
Droga a Roma, 51 arresti. A Tor Bella Monaca la cupola nazionale
Droga a Roma, 51 arresti. A Tor Bella Monaca la cupola nazionale

Secondo gli inquirenti l’organizzazione agiva con metodo mafioso: gli “infedeli” venivano puniti

Roma – Azzerati i vertici della più grande piazza di spaccio operante nella borgata romana di Tor Bella Monaca, questo il risultato dell’operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma scattata all’alba che sta portando all’arresto di 51 persone.

In varie regioni d’Italia, i Carabinieri stanno dando esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di appartenenti a un’organizzazione criminale dedita al narcotraffico, radicata nella Capitale e con base operativa e logistica nel quartiere di Tor Bella Monaca. Più di trecento i militari, coadiuvati dalle unità cinofile e supportati da elicotteri del Nucleo Carabinieri di Pratica di Mare, che stanno partecipando al blitz.

Le indagini svolte dal Nucleo Investigativo di Frascati hanno permesso di ricostruire i ruoli dei vari sodali all’interno dell’organizzazione, facente capo a tre fratelli che gestivano l’attività delinquenziale della piazza di spaccio che si trova su via dell’Archeologia 106. Circa 600mila euro mensili il giro d’affari.

Come in una perfetta organizzazione aziendale i pusher che si rivelavano capaci ed affidabili venivano promossi a ruoli di supervisione, andando a formare un efficiente organigramma di tipo manageriale dove i compiti erano suddivisi rigidamente, e dove chi sbagliava subiva punizioni gravissime: si è arrivati a registrare veri e propri sequestri di persona ai danni di associati “infedeli” e addirittura di loro familiari, rapiti per essere brutalmente picchiati. Con riferimento a tale ultima contestazione è stata riconosciuta l’aggravante di avere agito con il metodo “mafioso”.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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