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In Italia non si fanno più figli, il Papa: “Non c’è ripartenza senza un’esplosione di nascite”

14 maggio 2021 | 10:42
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Francesco: “Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire? Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere”

Roma – “La storia lo insegna. Durante le fasi di ricostruzione seguite alle guerre, che nei secoli scorsi hanno devastato l’Europa e il mondo, non c’è stata ripartenza senza un’esplosione di nascite, senza la capacità di infondere fiducia e speranza alle giovani generazioni. Anche oggi ci troviamo in una situazione di ripartenza, tanto difficile quanto gravida di attese: non possiamo seguire modelli miopi di crescita, come se per preparare il domani servisse solo qualche frettoloso aggiustamento. No, le cifre drammatiche delle nascite e quelle spaventose della pandemia chiedono cambiamento e responsabilità”.

Le parole di Papa Francesco arrivano dall’Auditorium Conciliazione di Roma, dove prende il via la prima edizione degli Stati Generali della Natalità. Un grande meeting dedicato al futuro della demografia in Italia, che intende lanciare un appello alla corresponsabilità per far ripartire il Paese a partire da nuove nascite. Convocati dal presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, per mettere attorno a un tavolo le istituzioni, le imprese, i media e il mondo della cultura per approfondire la sfida dell’inverno demografico e sollecitare una nuova narrazione sul tema della natalità, nella sala erano presenti, tra gli altri, il premier Mario Draghi, la sindaca di Roma, Virginia Raggi, il Governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, la ministra per la
Famiglia, Elena Bonetti, e il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi.

Il premier Draghi: “Lo Stato investa sulle donne: un’Italia senza figli scompare”

Tra gli ospiti i vertici di aziende come Poste Italiane, Open Fiber, Rai, Enel, Federcasse, Lux Vide, Generali Italia e Fondazione Mediolanum Onlus, ma anche giornalisti. A parlare di famiglia e natalità, tra gli altri, anche il calciatore
Ciro Immobile, attaccante della Lazio, insieme alla moglie Jessica e l’attrice Anna Foglietta.

Nel suo intervento, il Pontefice, dopo aver ringraziato i presenti che oggi rifletterono “sul tema urgente della natalità, basilare per invertire la tendenza e rimettere in moto l’Italia”, cita i dati sull’inverno demografico, secondo i quali “la maggior parte dei giovani desidera avere figli. Ma i loro sogni di vita, germogli di rinascita del Paese, si scontrano con un inverno demografico ancora freddo e buio: solo la metà dei giovani crede di riuscire ad avere due figli nel corso della vita”.

“L’Italia si trova così da anni con il numero più basso di nascite in Europa, in quello che sta diventando il vecchio Continente non più per la sua gloriosa storia, ma per la sua età avanzata – ammonisce -. Questo nostro Paese, dove ogni anno è come se scomparisse una città di oltre duecentomila abitanti, nel 2020 ha toccato il numero più basso di nascite dall’unità nazionale: non solo per il Covid, ma per una continua, progressiva tendenza al ribasso, un inverno sempre più rigido”. “Eppure tutto ciò non sembra aver ancora attirato l’attenzione generale, focalizzata sul presente e sull’immediato”, prosegue il Santo Padre.

Quante famiglie in questi mesi hanno dovuto fare gli straordinari, dividendo la casa tra lavoro e scuola, con i genitori che hanno fatto da insegnanti, tecnici informatici, operai, psicologi! E quanti sacrifici sono richiesti ai nonni, vere scialuppe di salvataggio delle famiglie! Ma non solo: sono loro la memoria che ci apre al futuro.

Francesco ne è convinto: “perché il futuro sia buono occorre prendersi cura delle famiglie, in particolare di quelle giovani, assalite da preoccupazioni che rischiano di paralizzarne i progetti di vita. Penso allo smarrimento per l’incertezza del lavoro, penso ai timori dati dai costi sempre meno sostenibili per la crescita dei figli: sono paure che possono inghiottire il futuro, sono sabbie mobili che possono far sprofondare una società”.

Il pensiero del Papa va poi, “con tristezza, alle donne che sul lavoro vengono scoraggiate ad avere figli o devono nascondere la pancia. Com’è possibile che una donna debba provare vergogna per il dono più bello che la vita può offrire? Non la donna, ma la società deve vergognarsi, perché una società che non accoglie la vita smette di vivere. I figli sono la speranza che fa rinascere un popolo!”.

Elogia poi la decisione del Governo italiano sull’assegno unico: “Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l’avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro; ma se le famiglie ripartono, tutto riparte”.

Quindi offre tre spunti di riflessione “in vista di un’auspicata primavera, che ci risollevi dall’inverno demografico” riassunti in tre parole: dono, sostenibilità e solidarietà.

Scegliere la vita

“Ogni dono si riceve, e la vita è il primo dono che ciascuno ha ricevuto. Nessuno può darselo da solo. Un figlio è il dono più grande per tutti e viene prima di tutto. A un figlio, a ogni figlio si lega questa parola: prima. Come un figlio viene atteso e viene amato prima che venga alla luce, così dobbiamo mettere prima i figli se vogliamo rivedere la luce dopo il lungo inverno. Aiutiamoci a non perderci nelle cose della vita, per ritrovare la vita come senso di tutte le cose”, spiega.

“Aiutiamoci a ritrovare il coraggio di scegliere la vita. Dov’è il nostro tesoro, il tesoro della nostra società? Nei figli o nelle finanze? Che cosa ci attrae, la famiglia o il fatturato? Ci dev’essere il coraggio di scegliere che cosa viene prima, perché lì si legherà il cuore. Noi tutti abbiamo ricevuto questo dono irripetibile e i talenti che abbiamo servono a tramandare, di generazione in generazione, il primo dono di Dio, il dono della vita”.

“Cambiamento e responsabilità”

Il secondo pensiero  ruota attorno alla parola sostenibilità, “parola-chiave per costruire un mondo migliore. Si parla spesso di sostenibilità economica, tecnologica e ambientale e così via. Ma occorre parlare anche di sostenibilità generazionale. Non saremo in grado di alimentare la produzione e di custodire l’ambiente se non saremo attenti alle famiglie e ai figli”, aggiunge Francesco.

“La crescita sostenibile passa da qui. La storia lo insegna. Durante le fasi di ricostruzione seguite alle guerre, che nei secoli scorsi hanno devastato l’Europa e il mondo, non c’è stata ripartenza senza un’esplosione di nascite, senza la capacità di infondere fiducia e speranza alle giovani generazioni. Anche oggi ci troviamo in una situazione di ripartenza, tanto difficile quanto gravida di attese: non possiamo seguire modelli miopi di crescita, come se per preparare il domani servisse solo qualche frettoloso aggiustamento. No, le cifre drammatiche delle nascite e quelle spaventose della pandemia chiedono cambiamento e responsabilità”, sottolinea.

“E’ il tempo della responsabilità”

“Sostenibilità fa rima con responsabilità: è il tempo della responsabilità per far fiorire la società. Qui, oltre al ruolo primario della famiglia, è fondamentale la scuola. Non può essere una fabbrica di nozioni da riversare sugli individui; dev’essere il tempo privilegiato per l’incontro e la crescita umana”, ammonisce ancora il Papa.

“A scuola non si matura solo attraverso i voti, ma attraverso i volti che si incontrano. E per i giovani è essenziale venire a contatto con modelli alti, che formino i cuori oltre che le menti. Nell’educazione l’esempio fa molto, penso anche agli ambiti dello spettacolo e dello sport. È triste vedere modelli a cui importa solo apparire, sempre belli, giovani e in forma – sottolinea -. I giovani non crescono grazie ai fuochi d’artificio dell’apparenza, maturano se attratti da chi ha il coraggio di inseguire sogni grandi, di sacrificarsi per gli altri, di fare del bene al mondo in cui viviamo”.

E mantenersi giovani non viene dal farsi selfie e ritocchi, ma dal potersi specchiare un giorno negli occhi dei propri figli. A volte, invece, passa il messaggio che realizzarsi significhi fare soldi e successo, mentre i figli sembrano quasi un diversivo, che non deve ostacolare le proprie aspirazioni personali. Questa mentalità è una cancrena per la società e rende insostenibile il futuro.

“C’è bisogno di solidarietà”

“La sostenibilità ha bisogno di un’anima e quest’anima – la terza parola che vi propongo – è la solidarietà. Anche ad essa associo un aggettivo: come c’è bisogno di una sostenibilità generazionale, così occorre una solidarietà strutturale”. Una solidarietà che si concretizza in “politiche familiari di ampio respiro, lungimiranti: non basate sulla ricerca del consenso immediato, ma sulla crescita del bene comune a lungo termine. Qui sta la differenza tra il gestire la cosa pubblica e l’essere buoni politici”.

Da qui l’appello alle autorità affinché offrano “ai giovani garanzie di un impiego sufficientemente stabile, sicurezze per la casa, attrattive per non lasciare il Paese. È un compito che riguarda da vicino anche il mondo dell’economia: come sarebbe bello veder crescere il numero di imprenditori e aziende che, oltre a produrre utili, promuovano vite, che siano attenti a non sfruttare mai le persone con condizioni e orari insostenibili, che giungano a distribuire parte dei ricavi ai lavoratori, nell’ottica di contribuire a uno sviluppo impagabile, quello delle famiglie! È una sfida non solo per l’Italia, ma per tanti Paesi, spesso ricchi di risorse, ma poveri di speranza”.

Poi un monito anche ai giornalisti: “La solidarietà va declinata anche nell’ambito del prezioso servizio dell’informazione, che tanto incide sulla vita e su come la si racconta. Vanno di moda colpi di scena e parole forti, ma il criterio per formare informando non è l’audience, non è la polemica, è la crescita umana. Serve ‘un’informazione formato-famiglia’, dove si parli degli altri con rispetto e delicatezza, come se fossero propri parenti”.

La cultura del futuro non può basarsi sull’individuo e sul mero soddisfacimento dei suoi diritti e bisogni. Urge una cultura che coltivi la chimica dell’insieme, la bellezza del dono, il valore del sacrificio.

Quindi, un “grazie” finale “per gli Stati Generali della natalità, grazie a ciascuno di voi e a quanti credono nella vita umana e nell’avvenire. A volte vi sembrerà di gridare nel deserto, di lottare contro i mulini a vento. Ma andate avanti, non arrendetevi, perché è bello sognare, sognare il bene e costruire il futuro. E senza natalità non c’è futuro. Grazie”.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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