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Stipendi docenti, studio Eurydice: “In Italia aumenti modesti anche dopo 35 anni di servizio”

Pacifico: "Abbiamo chiesto al Governo di reperire le risorse aggiuntive per riconoscere anche l'indennità di rischio biologico e di burnout"

Scuola – L’Italia è uno dei paesi europei dove più che altrove gli insegnanti necessitano di un’anzianità di servizio significativa per ottenere degli aumenti salariali. Lo dice la ricerca “Stipendi di insegnanti e capi di istituto in Europa” contenente la traduzione parziale del rapporto della Rete Eurydice ‘Teachers’ and School Heads’ Salaries and Allowances in Europe 2018/19′ sugli stipendi degli insegnanti e dei capi di istituto nelle scuole pubbliche dal livello preprimario al livello secondario dei 27 paesi UE. Mettendo a confronto gli stipendi tabellari iniziali e le prospettive di aumento durante la carriera sia dei docenti, è emerso che il massimo “salto” stipendiale di un docente rimane limitato circa al 50% di incremento rispetto a quello iniziale: da una scheda descrittiva nazionale prodotta dall’organismo Ue risulta che in Italia un maestro della primaria parte con uno compenso lordo annuo iniziale di 23.993 euro dopo 35 anni arriva a 38.596 euro; per un docente della scuola superiore si va da 25.829 a 40.338 euro lordi.

Marcello Pacifico, presidente Anief, commenta con estrema amarezza i dati Eurydice, ma guarda anche con fiducia al futuro prossimo: “I docenti italiani pagano oltremodo la politica dei blocchi stipendiali introdotta da diversi anni. E anche i paletti che ne impediscono gli incrementi automatici agganciati almeno al costo della vita, tanto che l’aumento di tre anni fa del 3,48%, giunto dopo quasi un decennio di stasi, ha solo scalfito l’inflazione nel frattempo cresciuta anche di due cifre. A questo punto, però, bisogna voltare pagina. Per questo motivo, nel nuovo contratto, già finanziato per dare 100 euro a tutto il personale, abbiamo chiesto al Governo di reperire le risorse aggiuntive per riconoscere anche l’indennità di rischio biologico e di burnout, oltre che l’indennità per i trasferimenti di sede, nonché quella di incarico del personale precario che oggi è riconosciuta solo se si fa ricorso in Tribunale. Va quindi reintrodotto lo scaglione 0-3 anni, svenduto da altri sindacati, come pure fissate contrattualmente delle forme di carriera, alcune delle quali già previste ma mai adottate”.

“Gli stipendi iniziali – si legge nella ricerca pubblicata in questi giorni – possono aumentare di circa il 50% dopo 35 anni di servizio in Italia”. Il confronto con altri pasi Ue è impietoso: In Portogallo, di 34 anni di servizio, “lo stipendio più elevato corrisponde a oltre il doppio” di quello iniziale. Ed arriva ad aumentare “del 97% in Grecia dopo 36 anni, del 90% in Ungheria e Austria dopo, rispettivamente, 42 e 34 anni, e del 78% in Romania dopo 40 anni. In Francia, gli stipendi iniziali aumentano del 73% dopo 29 anni di servizio”.

C’è poi un gruppo di paesi, riporta ancora lo studio Eurydice, dove “gli stipendi aumentano in modo significativo nel corso dei primi 15 anni di servizio. Nei Paesi Bassi, ad esempio, gli stipendi iniziali vengono incrementati già “del 76% nei primi 15 anni e fino al 105% negli anni successivi. In Irlanda, lo stipendio di base degli insegnanti è più alto del 62% dopo 15 anni e dell’88% al massimo della fascia retributiva. In Polonia, gli stipendi iniziali possono aumentare del 69% entro i primi 15 anni e fino al 76% nei successivi cinque”.

Addirittura “in Slovenia, lo stipendio dopo 15 anni di servizio può prevedere un ulteriore 50% dello stipendio iniziale e gli insegnanti che raggiungono il livello di carriera più elevato (ad esempio, Consigliere) ricevono in media lo stipendio di base massimo dopo 25 anni. Successivamente, continuano a ricevere il bonus di anzianità di servizio e alla fine della carriera di un insegnante lo stipendio potrebbe essere aumentato dell’80%. Nel Regno Unito (Inghilterra e Galles), il massimo della fascia retributiva superiore, che la maggior parte degli insegnanti raggiunge dopo 15 anni di servizio, è di circa il 65% superiore al minimo della fascia retributiva principale. In Irlanda del Nord, dopo in media 10 anni, gli insegnanti raggiungono il massimo della fascia retributiva superiore, che è del 70% superiore al minimo della fascia retributiva principale”.

Gli aumenti dal 2014 al 2018

Anche il calcolo su quattro anni vede l’Italia clamorosamente indietro. “Nell’Ue, l’aumento più elevato tra il 2014/15 e il 2018/19 si può riscontrare in Bulgaria (51%), Cechia (50% per gli insegnanti del livello preprimario e 24% per gli altri), Estonia (27%), Lettonia (62%), Lituania (64% per gli insegnanti del livello preprimario e 36% per gli altri) e Romania (181% per gli insegnanti dei livelli preprimario e primario, e 164% per gli insegnanti di scuola secondaria). In Romania, tuttavia, gli insegnanti devono assumersi il pagamento integrale del proprio contributo al sistema sanitario, previdenziale e pensionistico. Islanda e Serbia mostrano aumenti altrettanto elevati”.

“Dal 2014/15, anche gli stipendi iniziali adeguati all’inflazione sono aumentati in modo significativo (generalmente oltre il 10%) in Danimarca, Irlanda, Malta, Austria, Slovacchia e Svezia. L’aumento è stato più modesto in Germania, Croazia, Ungheria, Polonia, Slovenia e Mace-donia del Nord”. Mentre, nello stesso periodo, “in Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito (Inghilterra, Galles e Scozia), il potere d’acquisto degli insegnanti è rimasto più o meno invariato”.

I compensi in Italia per fasce d’età

Le conclusioni di Eurydice sono confermate anche dall’analisi dei compensi medi assegnati ai docenti italiani: in una scheda a parte, l’organismo dell’Ue ha calcolato che gli insegnanti italiani con un’età compresa tra i 25 anni e i 34 anni percepiscono in media 24.519 euro annui lordi (che per i laureati della scuola secondaria sono a 26.684): si tratta di cifre davvero modeste, sui quali pesa l’alta percentuale di precari fermi allo stipendio iniziale. Aumentando l’età anagrafica, il quadro migliora ma non diventa poi così florido: basta dire che, sempre tra i docenti italiani, nella fascia d’età 55-64 anni, quindi verso la fine della carriera, non si va oltre i 32.680 euro per il primo ciclo e 38.038 per la secondaria, sempre considerando che sono importi lordi e quindi da tassare.
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