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Tragedia funivia Mottarone: vittime della malvagità umana

La procura di Verbania ha emesso tre fermi a seguito dell'ammissione: "Freni manomessi volontariamente".

Un’orrenda verità si fa strada sulle cause del disastro della funivia di Mottarone del 24 maggio scorso, in cui tredici persone sono morte sul colpo, tra cui un bimbo di due anni, mentre un altro di nove è morto all’ospedale infantile Regina Margherita di Torino, dove è ricoverato in prognosi riservata l’unico superstite, un bimbo di 5 anni, gravemente ferito e che nel disastro ha perso i genitori, il fratellino di 2 anni e i nonni materni.

In 14 secondi, il tempo trascorso dalla rottura del cavo traente all’impatto a terra della cabina, quella che doveva essere la domenica della ripartenza, si è trasformata in tragedia, che ha scioccato tutta l’Italia.

Un’orrenda verità che va oltre l’imponderabile, la fatalità del caso e dei rischi sempre presenti e, che dà a questa tragedia, di per se già inaccettabile, una dimensione della malvagità umana.

E’ di oggi la notizia che la procura di Verbania ha emesso tre fermi a carico del proprietario della società che gestisce l’impianto, il direttore e il capo operativo del servizio, a seguito dell’ammissione: “Freni manomessi volontariamente”.

I tre fermati erano consapevoli da settimane del guasto al sistema frenante di sicurezza” – Lo afferma il procuratore capo di Verbania Olimpia Bossi. Quindi, per la Procura, i soggetti raggiunti da un provvedimento di fermo, sapevano che il sistema frenante di emergenza era disattivato e che la cabina viaggiava senza freni dal 26 aprile, giorno della riapertura dell’impianto.

L’analisi dei reperti ha infatti permesso di accertare che “la cabina precipitata presentava il sistema di emergenza dei freni manomesso”. Per gli inquirenti, il ‘forchettone’, ovvero il divaricatore che tiene distanti le ganasce dei freni che dovrebbero bloccare il cavo portante in caso di rottura del cavo trainane, non è stato rimosso.

Per la procura: un “gesto materialmente consapevole”, per “evitare disservizi e blocchi della funivia”, che “da quando aveva ripreso servizio, presentava anomalie”.

Al di là delle cause, tutte da accertare che hanno portato alla rottura del cavo trainante della funivia, a strappare alla vita 14 vittime innocenti è stata la mano della “malvagità umana”.

Una mano che molto spesso è quella delle cosiddette “persone normali“, che mettono in atto azioni criminali, consapevoli che le conseguenze possono arrecare gravi danni a persone innocenti che si affidano ai loro servizi e alla fiducia di coloro che hanno il dovere e l’obbligo di svolgere onestamente e con coscienza il loro lavoro.

C’è una causa a monte, su cui gli inquirenti dovranno fare luce ma, c’è un movente, quei pochi denari a cui non si poteva rinunciare se l’impianto fosse stato chiuso per eseguire i lavori di manutenzione e per mettere in sicurezza l’impianto stesso.

Solo nella mente malvagia e nella miseria umana, quei pochi denari potevano valere la pena di rischiare la morte di 14 persone, che potevano essere molte di più se non ci fosse stata la regola del distanziamento, e il dolore immenso e irreparabile delle loro famiglie che rimarrà per sempre.

Questo ennesimo episodio di cronaca, che ci mette di fronte alla morte di vittime innocenti, ci racconta che sempre più frequentemente è la “malvagità del male delle persone normali”, la causa di questi fatti.

Nella storia del nostro Paese, ormai, è quasi impossibile avere la dimensione numerica di quanti incidenti e quante vittime questa “malvagità umana” abbia causato. Pensiamo solo alle morti bianche sui luoghi di lavoro, causate quasi sempre dalla consapevole omissione dei sistemi di sicurezza e che sono quasi sempre accomunati dalla mancata individuazione dei veri responsabili e dalla ricerca senza speranza della verità da parte dei familiari delle vittime.

Pensiamo alla rabbia che ha provocato in tutti questa ennesima strage di innocenti. E’ la stessa rabbia che ha suscitato la morte di Luana, la giovane mamma di 22 anni, finita in modo atroce nei meccanismi del macchinario su cui stava lavorando, perché consapevolmente qualcuno ha deciso di manometterne il sistema di sicurezza.

E’ una rabbia che va moltiplicata per le migliaia di vittime sul lavoro come Luana o come le tante e troppe vittime di disastri colposi, come quest’ultimo di Mottarone, che si trasforma in un senso di impotenza verso cui tutti abbiamo il dovere di reagire e pretendere, fino in fondo, la verità e la condanna dei colpevoli.

Di fronte a questa malvagità umana, in cui non c’è argine che tenga, la Giustizia deve fare il suo corso fino in fondo con tempi e pene certe, in nome di tutte le vittime innocenti e della sofferenza dei loro familiari, a causa della “miseria umana”.
(Il Faro online)