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Gogna mediatica: la condanna senza processo che può uccidere

30 maggio 2021 | 13:14
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Gogna mediatica: la condanna senza processo che può uccidere

Il ravvedimento di parte della politica per i metodi violenti usati in campagna elettorale: un punto di partenza per rinnegare il metodo del massacro dell’avversario

Il ministro Luigi Di Maio ammette la gogna social che il M5S ha finora attuato contro gli avversari politici, ma lo fa dopo l’assoluzione del sindaco di Lodi, Simone Uggetti, con pubbliche scuse.
Di Maio: “Le modalità con cui abbiamo chiesto le dimissioni del Sindaco di Lodi, anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli”.

Con questa lettera pubblica, l’esponente del M5S ha portato sotto i riflettori della cronaca politica una questione fondamentale  per la Democrazia e la politica stessa: garantire i diritti fondamentali di tutti e con tutti i mezzi deve essere la priorità assoluta di uno Stato di Diritto; trovare dei rimedi ai “processi e alle sentenza mediatiche”, non è più procrastinabile.

Ecco in sintesi i termini della questione. La gogna mediatica: è l’esposizione al pubblico disprezzo che colpisce personaggi messi al centro dell’attenzione dai mezzi di informazione, per via di reati soltanto ipotizzati o non sanzionati da una sentenza di tribunale”.

La condanna senza processo: “avviene fuori dal perimetro delle aule giudiziarie, dai suoi princìpi e dalle sue regole, si delinea la figura del colpevole e si consegna l’accertamento delle responsabilità all’opinione pubblica.

Nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a come gran parte dei protagonisti del mondo politico abbia imparato e messo in pratica delle tecniche di propaganda in campagna elettorale, che si basano sulla costruzione ad hoc di un clima violento e giustizialista in modo da ottenere consensi per vincere le elezioni. Tutto questo con la consapevolezza che utilizzando il metodo della gogna mediatica, in molti casi si spinge la vittima, sotto il peso di una condanna senza processo, ad una sofferenza fisica e psicologica che può arrivare fino al suicidio.

Chi è riconosciuto innocente dopo aver subito un processo è vittima due volte: sia per la sofferenza dovuta alla vicenda processuale e sia per quella causata dal processo mediatico. Chi è colpevole subisce una doppia pena: quella inflitta dallo Stato e quella dall’opinione pubblica.

Non più da militante e dalle piazze mediatiche ma, dall’alto della responsabilità di una poltrona ministeriale, l’esponente politico del M5S prende le distanze dall’utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale: “Per me esiste il diritto della politica di muovere le sue legittime critiche e richieste, ma allo stesso tempo esiste il diritto delle persone di vedere rispettata la propria dignità fino a sentenza definitiva e anche successivamente”.

Un atto che certamente merita considerazione e rispetto sia perché contribuisce a rendere giustizia al Sindaco di Lodi e sia perché fatto non più con la veste del militante politico ma in qualità di ministro della Repubblica.

Ma un monito va rivolto a tutto il mondo politico, a chi in passato ha utilizzato il metodo della gogna politica e, in particolare a chi continua a utilizzarlo, ed ancora non ha sentito il dovere di fare “mea culpa”: di non dimenticare che dalla violenza dei processi mediatici contro il nemico politico di turno si trae anche un vantaggio personale sotto l’aspetto politico, economico, di prestigio (in termini di seggi e di poltrone), ma allo stesso tempo, alle persone prese di mira si arreca un enorme danno in termini di dignità, di dolore fisico e psicologico, di affetti familiari, economico, politico e sociale.
E non finisce qui, perché costringere chiunque abbia acquisito una carica secondo le regole democratiche a lasciare il proprio incarico utilizzando la pressione dell’opinione pubblica è un danno e uno screditamento per il valore della Democrazia e per la credibilità della politica stessa.

Allora, credo che ci sia un solo modo per far sì che i diritti e la libertà di tutti sia garantita, ed è quello di non strumentalizzare e utilizzare per un proprio tornaconto un principio inviolabile di uno Stato di Diritto: che l’innocenza o la colpevolezza va dimostrata nei tribunali e sono valide solo le sentenze emesse dai giudici?

Per l’ex premier, Giuseppe Conte: “riconoscere un errore, come ha fatto Luigi Di Maio, è una virtù”.
E’ una giusta considerazione ma, è anche vero, come diceva Paolo Borsellino che: “i politici non solo devono essere onesti, ma devono anche sembrarlo”

In conclusione, la speranza è che le scuse del ministro Di Maio all’ex sindaco di Lodi, al di là delle considerazioni che hanno scaturito da parte di altri esponenti della politica, possano avviare ad una riflessione che porti tutti, in qualsiasi contesto, sia esso politico che sociale, a rinnegare ogni metodo violento per il raggiungimento dei propri fini. In ambito politico, l’unico metodo è quello di affidarsi alla bontà delle proprie idee, ai contenuti del proprio programma politico e alla credibilità dei candidati che si mettono in lista.

C’è una sola strada da percorrere: riconoscere lo Stato di Diritto, il ruolo della Giustizia, il rispetto per la dignità e la vita degli altri e, non prendere mai la scorciatoia della violenza e del massacro dell’avversario.
(Il Faro online)