Da Formia al Nazareno: ancora scintille nel Pd

10 giugno 2021 | 17:08
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Da Formia al Nazareno: ancora scintille nel Pd

Parte del Pd provinciale firma una petizione per far emergere i problemi del partito e afferma: “Questa gestione sta uccidendo la vita democratica”

Formia – Il “caso” Formia finisce al Nazareno. Il motivo? E’ sempre lo stesso: le tensioni nate all’interno del partito locale e culminate con il veto che l’asse provinciale-regionale (Moscardelli – Astorre) avrebbe messo al campo largo democratico voluto dal segretario locale del Pd, Luca Magliozzi.

Poco importa se il motivo del veto sembrerebbe da ricercarsi in tecnicismi dello statuto (la linea da seguire non avrebbe raggiunto il 60% dei voti, come prevede, appunto, lo statuto). Per la corrente del Pd contraria a Moscardelli, quella dello Statuto è poco più di una scusa, qualcosa dietro cui ripararsi per non ammettere la volontà di voler costruire “alleanze a geometrie variabili ed in alcuni casi confuse, indistinte in nome di una governabilità comunque sia e ad ogni costo” (il riferimento, nel caso di Formia, è all’alleanza tra l’ala dem di Sandro Bartolomeo con la maxi coalizione civica con La Mura sindaco).

Per loro, per quei volti noti, che hanno il nome di Sesa Amici, Francesco Carta, Silvio D’Amante, Massimo Bortoletto (solo per citarne alcuni) il Pd è di fronte a una “crisi di credibilità della politica che sta minando il tessuto sociale e morale della provincia, aprendo fratture fra generazioni.”

Per questo, partendo dal cuore del problema – quello che sta accadendo a Formia in vista delle comunali, sommato alle indagini sui concorsi truccati della Asl che stanno svelando “il volto più odioso di una politica che a fronte di una disoccupazione dilagante sa solo dispensare favori agli amici e ai familiari” –, facendo un percorso a ritroso, sono arrivati alla sua radice, ovvero alla visione e alla gestione che, alla fine, hanno portato il partito in questa situazione.

Il cambio di passo

Ma cosa chiedono, in sostanza, questi volti noti del Pd? Un cambio di passo. Perché di fronte a questa “fotografia” del partito “dobbiamo ribellarci. Non basta più indignarsi. Dobbiamo riprenderci la politica, coltivare il pensiero lungo, nel quale dirsi democratici e progressisti corrisponda inconfutabilmente alla nostra idea di società, di partecipazione e di democrazia. E’ questa la sostanza del campo largo dei progressisti e dei democratici: tenere unite esperienze politiche diverse, civiche e associazionistiche per un progetto che rimetta al centro la persona e la sua emancipazione dalle diseguaglianze. Bisogna tornare ad essere un partito popolare con una propria identità.”

E ancora: “Dobbiamo ricostruire una nuova dimensione, impegnare le intelligenze e le passioni e organizzarle per un futuro più giusto ed eguale.” Bisogna, insomma, interrompere con il passato e con il presente, perché fin’ora “è stato fatto tutto il contrario. Si è profuso l’impegno a proteggere le posizioni acquisite, si è continuato ad usare vecchie tattiche per avere un potere sempre più ristretto da usare in modo cinico a favore di filiere spesso di chiara matrice clientelare.”

Come cambiare la rotta

I volti noti del Pd chiedono un cambio di passo. Bene. Ma come ottenerlo? Da Latina fino a Minturno, passando per l’entroterra e le isole sono tutti d’accordo su un punto: “Bisogna dire basta ai tatticismi, basta con una concezione da capi corrente nella gestione del partito che sta uccidendo la vita democratica e riducendo l’agibilità e la cittadinanza politica per tante e tanti di noi.”

Per loro, hanno ragione i giovani democratici, che, se da una parte hanno ancora speranza nel futuro, dall’altra, così stando le cose, avvertono la politica “come radice dei problemi e non più come lo strumento con il quale affrontare collettivamente e con fiducia una nuova idea di sviluppo e di opportunità.”

E ancora: hanno ragione i giovani quando chiedono di mettere in sicurezza il Pd, di tenerlo lontano da quelle alleanze trasversali che, proprio come sta succedendo a Formia, rischiano di farlo implodere su sé stesso. “Non uccidiamo la speranza di chi – sottolineano – ancora crede che la politica sia fatta di ideali, passione, partecipazione e non solo ed esclusivamente di potere.”

Il caso Formia

Ma se è vero che questa gestione sta uccidendo la vita democratica, lo sta facendo da tempo e non c’era certo bisogno di aspettare il caso Formia… Allora perché tutte queste tensioni, questi malumori stanno venendo fuori soltanto adesso?

La vicenda del partito di Formia – ammette Andrea Calcagnini del Pd di Latina, anche lui firmatario della petizione – è analoga a quella che nel passato recente del partito democratico della provincia di Latina, ha coinvolto altre realtà locali la cui unica colpaè stata quella di non condividere la linea neocentrista (la definisco così, per essere buoni) e suicida dell’attuale segretaria provinciale.”

E fin qui ci siamo. Il fattore scatenante, però, per Calcagnini, sta nella somma algebrica dei fatti. Il caso Formia precede il caso Zingaretti – che si è dimesso da leader della segreteria nazionale – e arriva in contemporanea alle indagini sugli appalti truccati della Asl.

“Le implicazioni, almeno di natura etica, che sottendono alla vicenda dei concorsi asl, e il significativo silenzio tombale che – conclude Calcagnigni – sempre il livello provinciale del Pd sta esprimendo sul tema, stanno dando nuova luce alla frase di Zingaretti che lasciò la segreteria nazionale del partito… vergognandosi.”

Quella spaccatura profonda

Insomma, quello che si chiede a Letta, più o meno velatamente, prima che un cambio di rotta, è un cambio di nomi ai vertici provinciali e regionali. Perché, come dimostrano le numerose firme apposte su quella petizione, la spaccatura non è più solo Magliozzi – Bartolomeo. Formia non è più un caso unico e isolato.

Formia è il punto di arrivo, non di partenza. Il sintomo di una “malattia” ben più profonda (che, per il momento, vede coinvolti 14 comuni sui 33 totali della provincia), che sta facendo tornare a galla vecchie tensioni, ma anche la consapevolezza che questa frattura può far saltare in aria un intero partito – o buona parte di esso – a livello quantomeno provinciale.

La palla ora passa a Letta.

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