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Strage di Ardea, punto per punto l’agghiacciante dinamica dell’esecuzione

Si delinea una prima ipotesi su quanto accaduto a Colle Romito domenica

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Ardea – Si cerca la verità. La successione dei fatti come realmente accaduta a Colle Romito nella mattina di domenica, 13 giugno, una manciata di minuti prima che scoccassero le 11.

Gli investigatori stanno cercando di delineare nel dettaglio quanto avvenuto quando l’ingegnere 35enne di Ardea ha impugnato la pistola calibro 7.65 e ha fatto fuoco nel piccolo parco del complesso residenziale. Ancora solo supposizioni. Vanno avanti le audizioni dei testimoni e probabilmente anche le visioni degli impianti di videosorveglianza.

Qualcuno sembra abbia visto il killer aprire il fuoco. E si sta delineando un’idea, seppure ancora tutta da verificare, circa quella pazzesca sequenza.

L’ingegnere pare sia uscito di casa con la Beretta, un’arma in dotazione al padre morto che era stato vigilante. La aveva già in pugno quando ha raggiunto il teatro della tragedia. Il primo colpo è stato diretto verso un residente che stava trasportando una carriola piena di rifiuti da scaricare. Un’esplosione che non ha raggiunto il destinatario che ha fatto in tempo a scappare e mettersi al sicuro.

Non altrettanti fortunati Daniel e David hanno incrociato la strada del loro assassino. Il secondo colpo, infatti, esploso dal 35enne ha attinto Daniel, il più grande dei due fratellini che è caduto a terra.

Tra l’assassino e i bambini si è poi frapposto un anziano residente che si trovava a passare in sella alla sua bicicletta.  Il 74enne ha urlato verso Daniel: “Alzati… scappa… alzati… fai presto”. Un tentativo disperato di salvare i due piccoli costato la vita all’anziano morto sul colpo a causa di un terzo proiettile sparato dal 35enne il quale, poi, ne ha esploso un quarto ferendo a morte il piccolo David.

Si è trattato di una frazione di secondi di follia. Urla, pianti e la corsa disperata in cerca di una via di fuga da parte dei presenti, verso la salvezza, lontano dal mirino di quell’uomo fuori controllo.

Dopo il massacro, l’ingegnere ha percorso la strada a ritroso, per tornare a casa, passando anche davanti casa dei due ragazzini, è salito nella sua mansarda (leggi qui) si è sdraiato sul letto e ha rivolto la pistola utilizzata per la strage contro se stesso per togliersi la vita.

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