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Aeroporto di Fiumicino, caporeparto di una ditta di catering condannato per estorsione

17 giugno 2021 | 15:40
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Aeroporto di Fiumicino, caporeparto di una ditta di catering condannato per estorsione

Pretendeva una percentuale sui guadagni delle persone assunte, pena il licenziamento

Fiumicino – La “storia” durava ormai da circa 3 anni: “O mi dai una parte del tuo stipendio o io non ti faccio rinnovare il contratto a termine”. Era questa la metodologia, con tanto di tariffario in base alla durata del contratto, che un caporeparto di una delle aziende di catering più conosciute in aeroporto, metteva in atto per ricavarne un ingiusto profitto. Ovviamente all’oscuro dei superiori e del sistema di gestione aeroportuale.

Una “partita” giocata in solitudine, fino a che un dipendente, stufo di quelle che tecnicamente la Procura ha definito estorsioni (art.629 c.p.), ha deciso di denunciare. I carabinieri della Compagnia aeroportuale hanno testo la trappola: banconote segnate e fotocopiate, che la vittima ha poi consegnato per l’ennesima volta al suo aguzzino. Solo che stavolta, in quella busta bianca, tutto era “registrato”. E quando i militi dell’Arma hanno controllato il caporeparto, ancora sul posto di lavoro, in tasca gli hanno trovato il malloppo: 16 banconote da 50 euro, frutto dell’ultimo “prelievo”.

Da lì l’arresto – nel settembre 2018 – e l’accusa di estorsione. Poi le vicende giudiziarie, con la vittima costituitasi parte civile con l’avvocato Luciano Francesco Marranghello, ed il processo. La sentenza è arrivata adesso, ed è pesante: 7 anni di reclusione, l’interdizione dai pubblici uffici e il risarcimento del danno.

Una sentenza esemplare, in un momento in cui tutto il comparto economico italiano – ed in particolare quello aeroportuale, in tutte le sue declinazioni – ha bisogno di garanzie, onestà, certezze.

Fa impressione la capacità di intimidazione del capo reparto – residente a Fiumicino – nel costringere le sue vittime ad obbedire: “Oh, ti sei scordato? Qui comando io! Decido io chi diventa e chi non diventa fisso, chi deve o non deve lavorare”.

Un laccio al collo per chi ha assoluto bisogno di sbarcare il lunario onestamente, e dunque vede la possibilità di lavorare in aeroporto come qualcosa da non perdere. “Ricordati di quel discorso tra me e te”… ripeteva all’incrocio nella sede dell’azienda. Un campanello che “suonava” ogni giorno, fino a che la vittima non capitolava.

“Un sistema iniquo e delinquenziale – sottolinea l’avvocato Luciano Francesco Marranghello – che bisogna avere il coraggio di denunciare, per stroncarlo. E non c’è solo il danno patrimoniale, ma anche quello derivante dalla condizione di stress in cui le vittime per anni hanno dovuto vivere e lavorare”. Un sistema ad oggi, almeno in questo caso, smantellato.

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