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Giornata Mondiale del Rifugiato 2021: il 20 giugno per dare speranza ad ogni vita in pericolo

20 giugno 2021 | 07:00
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Giornata Mondiale del Rifugiato 2021: il 20 giugno per dare speranza ad ogni vita in pericolo

Il Cisom riafferma il suo impegno quotidiano, sin dal 2008, per la salvaguardia di tutte le vite umane in pericolo in mare

Milioni di persone costrette a fuggire dalla propria terra d’origine ad abbandonare la propria casa, i propri affetti a causa di guerre, carestie e difficoltà economiche: i rifugiati sono tra le persone più vulnerabili ma troppo spesso trattate da “invisibili”, sottoposte a violenza, persecuzione o violazione dei diritti umani. La Giornata Mondiale del Rifugiato nesce con lo scopo di sensibilizzare sul tema dell’accoglienza e della tutela dei diritti inalienabili che spettano a tutti indistintamente

La Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra ogni 20 giugno e il 2021 ricorre il 70° anniversario. La Giornata è stata indetta dalle Nazioni Unite e  viene celebrata proprio  il 20 giugno per commemorare l’approvazione nel 1951 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati (Convention Relating to the Status of Refugees) da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Venne celebrata per la prima volta il 20 giugno 2001, nel cinquantesimo anniversario della suddetta Convenzione. Ogni anno l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) seleziona un tema comune per coordinare gli eventi celebrativi in tutto il mondo.

Cisom: “Noi in mare ogni giorno perché ogni vita in pericolo merita umanità”

Alla vigilia del 70° anniversario della ricorrenza, il Cisom, il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta riafferma il suo impegno quotidiano, sin dal 2008, per la salvaguardia di tutte le vite umane in pericolo in mare, in particolare nel Canale di Sicilia. In base ai dati Onu, ogni minuto 20 persone lasciano tutto per sfuggire a un destino di dolore e miseria e in tutto il mondo sono 70,8 milioni le persone costrette ad abbandonare la propria terra, la casa e gli affetti a causa di conflitti e persecuzioni. Tra questi vi sono quasi 30 milioni di rifugiati, di cui più della metà ha meno di 18 anni.

Il Cisom si occupa di primissima assistenza sanitaria in mare sin dal 2008, avendo partecipato attivamente ai progetti europei che si sono susseguiti nel corso di oltre un decennio, da Mare Nostrum a Triton, fino all’Operazione Sophia. Oggi l’impegno quotidiano del CISOM si dispiega nel contesto del Progetto Passim 3 (Primissima Assistenza Sanitaria in Mare), a bordo delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, con team sanitari formati da un medico ed un infermiere. Nel solo 2020 il Cisom ha effettuato 570 interventi in mare e ha messo in salvo 9.196 esseri umani. E il primo semestre del 2021 non ha visto diminuire l’impegno: 4.914 i migranti recuperati in 83 operazioni di soccorso, effettuate tutte nel Canale di Sicilia

“Dinanzi a una vita in pericolo, il Cisom non si volterà mai dall’altra parte. – spiega il Presidente del Cisom, Gerardo Solaro del Borgo – Quando un essere umano, indebolito da un viaggio di settimane, in condizioni al limite della sopravvivenza, rischia di rimanere inghiottito dalle acque, non vi sono considerazioni da fare se non quelle dettate dai nove secoli di tradizione umanitaria dell’Ordine di Malta, da cui il nostro Corpo di Soccorso discende. Il Canale di Sicilia non può essere il mare della disperazione, vogliamo che sia mare di speranza, futuro, vita e umanità”.

Ogni mese il Cisom impiega 5 medici e 5 infermieri nelle operazioni di salvataggio e prima accoglienza, team dislocati sull’Isola di Lampedusa poiché è da qui che le motovedette partono per i soccorsi in emergenza. Inoltre, un medico del Cisom è presente 24 ore su 24 a bordo degli aeromobili presso la base volo della Guardia Costiera di Catania, pronto per effettuare soccorsi in emergenza (Medevac). Come racconta il dottor Danilo Tolomeo, medico in pensione e volontario del Cisom di stanza a Catania, con all’attivo decine di missioni di soccorso in mare: “Quello che non puoi dimenticare è l’espressione di terrore nei loro occhi. Il nostro intervento a bordo di un elicottero arriva nella fase più drammatica, quella dove si decide tra la vita e la morte, e leggere il terrore nei loro occhi ti può bloccare, riesci a vedere tutta la loro storia, quella che li ha portati ad abbandonare la propria casa e a intraprendere un viaggio pieno di pericoli. Una mamma che affronta il deserto, la prigione, eventuali torture, angherie e poi il viaggio in mare con condizioni meteo particolarmente avverse per dare un futuro migliore al proprio figlio o figli, ti porta a vedere le cose da una prospettiva diversa.”

Con l’insorgere dell’emergenza Covid-19, l’impegno del Cisom si è sviluppato anche oltre la primissima assistenza sanitaria in mare, e i medici presenti presso l’Hotspot di Lampedusa si sono messi a disposizione per effettuare i tamponi a tutti i migranti sbarcati sull’isola. Da settembre a dicembre 2020, in soli tre mesi di attività, i sanitari del Cisom hanno effettuato oltre 7.700 tamponi per il rilevamento del virus Sars-Cov2, rilevando 419 casi di positività. Quest’attività è tuttora in corso, per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid all’interno di una più ampia emergenza rappresentata dai numerosi migranti che sbarcano sulle coste della nostra penisola.

Save The Children: “Centinaia di ragazzi stranieri testimoni di violenze inaudite lungo la rotta balcanica”

In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, Save The Children sottolinea le responsabilità dell’Europa, premio Nobel per la Pace, che resta a guardare le violenze senza garantire adeguata protezione e accoglienza a chi ha meno di 18 anni. La denuncia in un nuovo rapporto realizzato lungo le rotte tra Oulx, Ventimiglia, Udine e Trieste, con cui si chiede all’Italia e alle istituzioni europee una protezione immediata, un monitoraggio efficace e indipendente delle frontiere e progetti di assistenza umanitaria nei luoghi di transito. Il Consiglio europeo sia la sede per affrontare il tema della protezione dei minorenni ai nostri confini.

Si spostano a piedi, nascosti sotto i camion o sui treni, trasportati in macchina in autostrada dai passeur, attraversano boschi e montagne pericolose come il Passo della morte tra Italia e Francia, spesso di notte, per superare confini blindati, vengono respinti una, due, dieci, venti volte, in modo spesso brutale e illegale, nonostante abbiano meno di 18 anni, anche tra Paesi Membri dell’Ue. Ma non si arrendono. Sono tanti i racconti dei minori stranieri non accompagnati, a volte poco più che bambini, che parlano delle atrocità subite o a cui hanno dovuto assistere, soprattutto lungo la rotta balcanica: ragazzi che raccontano di essere stati derubati, picchiati, denudati in Croazia, detenuti e sottoposti a violenze in Bulgaria.

Queste testimonianze sono state raccolte da Save the Children – l’Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – nel suo nuovo rapporto “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa”, a cura del giornalista Daniele Biella, accompagnato sul campo dal fotoreporter Alessio Romenzi. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, il Rapporto lancia un allarme sui moltissimi minori soli che si muovono come fossero fantasmi. “Ogni giorno e ogni notte attraversano i confini degli stati membri dell’Unione Europea, Premio Nobel per la pace, che continua a chiudere gli occhi di fronte alle violenze che i migranti sono costretti a subire” afferma Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Minorenni invisibili che sono continuamente esposti al rischio di incidenti, traffico di esseri umani, violenze psicologiche e fisiche, anche per mano istituzionale. Una volta arrivati in Italia, minori e famiglie continuano a essere vittime di respingimenti alle frontiere interne, che in particolare per i minori soli sono illegali. Solo nel mese di aprile sono stati 107 i minori stranieri non accompagnati che hanno fatto ingresso in Italia dalla rotta balcanica intercettati e accolti nel sistema di protezione italiano. La punta di un iceberg ben più consistente. Sempre ad aprile, 24 di loro hanno invece lasciato volontariamente le strutture di accoglienza del Friuli Venezia Giulia per raggiungere la frontiera ovest italiana, al confine con la Francia, a Ventimiglia o a Oulx. E ancora 24 sono le segnalazioni di respingimenti da parte della polizia di frontiera francese.

La voce di questi ragazzi coraggiosi ma ‘invisibili’ è stata raccolta da un team di ricerca di Save the Children per fare luce su una rotta delicata e complessa, due mesi trascorsi tra Oulx, Ventimiglia, Udine e Trieste, ripercorrendo le tracce di minori e famiglie nei luoghi di passaggio formali e informali, lungo i sentieri di montagna in entrata dalla Slovenia e in uscita verso la Francia, ascoltando le loro voci, così come quelle delle persone e organizzazioni della società civile che li stanno aiutando, oltre alle istituzioni territoriali che hanno competenza lungo quelle frontiere.

Il rapporto “Nascosti in piena vista. Minori migranti in viaggio (attra)verso l’Europa” sintetizza un lavoro sul campo che vuole gettare luce su ciò che quotidianamente accade alla Frontiera Nord d’Italia, interessata da un passaggio continuo di minorenni stranieri non accompagnati, che entrano ogni giorno in Friuli-Venezia Giulia, tra Trieste e Udine, dove arrivano a piedi dalle montagne carsiche o lasciati nelle strade di provincia da passeur senza scrupoli. Da qui o dalle regioni meridionali dove sbarcano, una decina di minori non accompagnati raggiungono inoltre ogni giorno Ventimiglia, in Liguria.

A Oulx, sempre sul confine italo-francese, ogni giorno sono almeno tre/quattro i minori soli ad approdare a un rifugio che li accoglie dopo i traumi e le fatiche del loro viaggio. I minorenni non accompagnati sono in gran parte maschi, ma non mancano i casi di ragazze in viaggio da sole, in particolare da Paesi dell’Africa Occidentale. Il rischio di tratta e sfruttamento è concreto: in mancanza di vie legali e sicure gli e le adolescenti sono esposti a grandi rischi, ad attraversare pericolosi sentieri di montagna di notte, a vivere di stenti, a fidarsi dei passeur e di chiunque prometta loro un aiuto per l’attraversamento dei confini.

Tutto questo avviene quasi alla luce del sole. Ma solo per chi lo vuole vedere. Le frontiere sono ancora più chiuse dallo scoppio della pandemia e la libera circolazione del trattato di Schengen sembra il ricordo di un passato lontano. In Francia, a Mentone, i minori soli – come riferiscono gli attori locali e gli stessi minori intervistati – oltre a venire rinchiusi in container alla stregua degli adulti, si vedono la propria data di nascita cambiata per risultare maggiorenni e quindi respingibili verso Ventimiglia, mentre tra la cittadina italiana di Claviere e la francese Monginevro, come denunciano gli operatori, se trovi il “poliziotto buono” sei accolto e tutelato, altrimenti vieni considerato maggiorenne e devi tornare da dove sei partito qualche ora prima. A Trieste, fino a pochi mesi fa le forze di polizia italiane seguivano una prassi non meno preoccupante verso chi arrivava dalla Slovenia, la quale prevedeva che, in assenza di dubbi della polizia sull’età adulta, si potesse prescindere dall’eventuale dichiarazione di minore età – non applicando quindi le garanzie, anche giurisdizionali, previste per l’accertamento dell’età dalla L.47/2017 (Legge Zampa) – con il risultato che l’Accordo italo-sloveno che prevede la possibilità di riammettere i migranti sul territorio sloveno in maniera informale rischiava di essere applicato anche ai minorenni. Oggi le riammissioni verso questo Paese sono sospese, ma durante una recente audizione in Parlamento, il Prefetto di Trieste ha annunciato che potrebbero riprendere.

“Non si può più dire ‘non sapevamo’. E soprattutto è necessario cambiare rotta subito: gli Stati membri dell’Unione Europea potrebbero gestire virtuosamente questi flussi di minori vulnerabili. Non solo in nome della solidarietà, che è un valore fondante, ma anche per cogliere l’opportunità di rendere parte attiva della società tutti questi ragazzi determinati a costruirsi un futuro. La Commissione europea si deve impegnare per arrivare a una Raccomandazione agli Stati Membri o ad altro atto di rango europeo che richieda di adottare e applicare politiche volte ad assicurare la piena protezione dei minori non accompagnati ai confini esterni e interni dell’Europa e sui territori interni e a promuovere il loro benessere e sviluppo, anche mediante strategie tese all’inclusione scolastica e formativa. Inoltre, a livello italiano, è necessario emanare i decreti attuativi della L. 47, che tutelano i minori stranieri non accompagnati, e gli stanziamenti destinati dalla Legge di Bilancio ai Comuni transfrontalieri dovrebbero essere in parte vincolati all’attivazione di progetti di assistenza umanitaria” aggiunge Raffaela Milano.

A fine aprile 2021 erano 6.633 le ragazze e i ragazzi stranieri non accompagnati censiti sul territorio italiano; nello stesso mese in 302 si sono allontanati dalle strutture di accoglienza.

Sempre ad aprile 2021 gli ingressi registrati in Italia sono stati 453, di cui 149 da sbarchi. Gli altri 304 sono invece stati rintracciati sul territorio, probabilmente passati dalla Rotta Balcanica a piedi o con i camion. Questo i dati ufficiali anche se, secondo stime degli operatori, il numero complessivo potrebbe essere molto più alto.

Trieste, Udine e la Rotta balcanica

Nel 2020 sono state effettuate verso la Slovenia 301 riammissioni dalla provincia di Gorizia e 1000 dalla provincia di Trieste. Tra queste, potrebbero esserci diversi minori, considerato che in quel periodo erano in vigore due direttive della Procura che lasciavano all’agente di polizia in frontiera la possibilità di considerare il ragazzo maggiorenne senza applicare gli accertamenti e le garanzie anche giurisdizionali previsti dalla legge Zampa.

Tali riammissioni, che avvenivano se la persona veniva trovata in un raggio di 10 chilometri dal confine o comunque nelle 24 ore seguenti all’arrivo, hanno determinato, a cominciare dalla primavera-estate 2020, un cambiamento del flusso in entrata in Friuli Venezia Giulia: i passeur hanno iniziato a portare gruppi di persone migranti più a nord e nell’entroterra, nei dintorni di Udine. Da allora quella zona è molto coinvolta negli arrivi. Il 19 maggio 2021 il team di Save the Children ha constatato l’arrivo di più di 100 persone solo nella notte precedente. In tutto il Friuli Venezia Giulia gli arrivi sono in crescita, nei primi quattro mesi del 2021 si registra un aumento dei flussi già del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Spesso però i minorenni soli, in particolare gli afghani e i pakistani, si allontanano dalle strutture per proseguire il loro viaggio, quasi tutti dopo poco tempo.

Negli ultimi tempi si registra un aumento dei traumi psicologici di alcuni minori, in prevalenza pakistani. Che questi traumi possano essere legati alle esperienze subite lungo la rotta balcanica, lo dimostrano diversi racconti tra cui quello di Abdel, neomaggiorenne arrivato l’anno scorso in Italia, ora in prosieguo amministrativo in comunità: “Sogno spesso le violenze della polizia nei boschi della Croazia. Una volta ci hanno fatto camminare senza sosta in salita per ore, continuando a darci percosse, un poliziotto si divertiva a farlo, gli altri gli dicevano di smetterla ma lui andava avanti. Un’altra volta ci hanno denudato e gettato in un fiume gelido, con le rocce che spuntavano dall’acqua. Una volta invece la polizia è arrivata, i piedi erano feriti e non siamo riusciti a scappare, avevano i cani. Uno di noi è stato bastonato dalla polizia alla testa ed è morto sul colpo. È morto e l’hanno preso e buttato nel fiume, il suo corpo non l’abbiamo ritrovato”.

Abdel, superato l’incubo della rotta, ha scelto di restare in Italia e ora ha il sogno di aprire un ristorante. Lui ha un tutore volontario che lo segue, ma è uno dei pochi. In Friuli Venezia Giulia, seconda regione per presenza di minori stranieri accolti dopo la Sicilia, è infatti molto bassa la presenza di tutori volontari.

Abdel è uno dei tanti che parla del game, come i ragazzi lo chiamano, il crudele “gioco” degli attraversamenti tra le frontiere balcaniche, le settimane di cammino e mesi di attesa, preoccupazione, paura fino a quando sbucano dai boschi della Slovenia a Trieste, nel paesino di Dolina, lungo la ciclabile della Val Rosarno, a Basovizza, o nella miriade di altri luoghi del Carso lungo i 232 chilometri di confine con l’Italia.

Spesso sono respinti più volte ai confini esterni dell’Unione Europea, come quello croato-bosniaco, anche più di 20 volte brutalmente, oppure con respingimenti a catena su più confini: solo ad aprile 2021, ci sono stati 1.216 respingimenti tra Croazia e Bosnia, di cui 170 a catena dalla Slovenia, 5 a catena tra Italia, Slovenia e Croazia e 1 tra Austria, Slovenia e Croazia. Per quanto riguarda i minorenni soli, l’ufficio locale Save The Children dei Balcani Nord Occidentali ha raccolto le testimonianze di ben 84 di loro (quasi tutti afgani e pakistani), in tre zone al confine bosniaco. Il quadro che ne emerge è drammatico: almeno 7 a testa (ma alcuni di loro erano arrivati a quota 15) i respingimenti da parte delle autorità croate, per un totale di 451 tentativi di attraversamento della frontiera.

“Dall’inizio della crisi migratoria del 2015 abbiamo garantito un supporto urgente ai più vulnerabili, in particolare famiglie con bambini e minori non accompagnati, soprattutto in Grecia e Serbia” spiega Dubravka Vranjanac, Emergency Response Team Leader di Save the Children per la Bosnia Erzegovina. “Ma dal 2018, con il deterioramento della situazione umanitaria, abbiamo avviato una presenza anche in Bosnia Erzegovina: ogni giorno ci sono da mettere in campo servizi di assistenza, di protezione dei minori, di formazione degli operatori coinvolti e di attività educative. Allo stesso tempo, svolgiamo un’intensa attività di advocacy per assicurarci che i bisogni dei minori siano la priorità nell’emergenza”. Dato che il flusso lungo la rotta balcanica non accennava a diminuire, Save the Children ha attivato nel 2017 anche il Balkans Migration and Displacement Hub (BMDH) che monitora la situazione delle persone lungo il cammino, raccogliendo testimonianze e dati utili per affrontare il fenomeno su larga scala. L’Hub si occupa di monitorare e analizzare le dinamiche e i flussi in Grecia, Macedonia, Serbia, Bosnia, Kosovo, Albania e Romania.

Le proposte di riforma del sistema di asilo e migrazione europeo non riescono ad affrontare le peggiori, e molto diffuse, conseguenze delle attuali norme, compresa la creazione di strozzature in prossimità delle frontiere esterne dell’UE e i movimenti secondari, che coinvolgono anche i minori. “Le istituzioni europee hanno ora l’occasione di cambiare questa situazione, basandosi sul lavoro svolto in modo efficiente dal Parlamento europeo e dalla Commissione durante la scorsa legislatura, per evitare sofferenze ai minori e rischi di tratta e sfruttamento all’interno dell’UE e in particolare ai suoi confini interni” dice Raffaela Milano.

Sono molteplici le storie raccolte, la maggior parte di coraggio e sofferenze, e molti soprusi rimangono impuniti: “Hanno preso i soldi da ogni famiglia. Hanno picchiato anche noi. Tenevano dei bastoni di plastica. Ci hanno colpito con quelli”, ci racconta Zalmai, che viene dall’Afghanistan, da dove è venuto via con la moglie tagika Jamila, sua coetanea e due figlie che ora hanno 6 e 4 anni. Dopo l’esperienza nel campo di Moria sull’isola di Lesbo, Jamila prende i tranquillanti e anche le bambine, soprattutto la più piccola, manifestano problemi psicologici: “A volte urla e si dimena per diversi minuti, incontrollabile, senza un apparente motivo scatenante” afferma la mamma. “Sapete che gioco fanno ogni tanto? Quello del poliziotto che picchia il migrante. Purtroppo hanno visto quando la polizia croata ci ha malmenato, e non se lo dimenticano”, spiega a voce bassa il padre. Le indegne esperienze traumatiche vissute dai bambini in questi viaggi si affiancano a un altro aspetto rilevato dal team: la forza di questi ragazzi e bambini e il ruolo di portavoce della famiglia. Parlano più lingue, usano smartphone e tecnologia, si orientano bene e capiscono al volo chi può essere più utile.

“Le testimonianze dei tanti minori soli incontrati ai confini Nord del Paese impongono un immediato intervento per garantire protezione e accoglienza nel rispetto dei fondamentali diritti di ogni minore in Europa – conclude Raffaela Milano -.E’ altrettanto urgente attivare un monitoraggio efficace e indipendente delle frontiere, anche al fine di garantire una presa in carico delle persone più vulnerabili da parte delle organizzazioni di tutela. Questo anche per contrastare i gravissimi fenomeni di sfruttamento e di traffico di esseri umani. Chiediamo con forza che il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno, che ha già la crisi migratoria tra i temi all’ordine del giorno, affronti con determinazione questo tema, mettendo al centro la tutela dei diritti dei minori”.
(Il Faro online)