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Fiumicino, lettera aperta alla maestra “presunto mostro”… Ti vogliamo bene

23 giugno 2021 | 15:52
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Fiumicino, lettera aperta alla maestra “presunto mostro”… Ti vogliamo bene

Genitori e alunni si schierano ancora una volta al fianco dell’insegnante accusata di maltrattamenti sui minori da una collega

Anche quest’anno scolastico volge al termine! Tuttavia la conclusione del percorso, in una classe quinta elementare, è tutt’altro che un percorso come gli atri. Esso infatti integra in sé due concetti: la fine e l’inizio!

E’ l’incipit di una lettera aperta che alcune mamme hanno deciso di rendere pubblica per fare chiarezza su una questione che si trascina ormai da molto tempo a Fiumicino, più precisamente ad Aranova: l’accusa verso una maestra, fatta da una collega e non dai genitori, di essere violenta nei confronti dei bambini con problemi (leggi qui). Un’accusa infamante, per la quale è stato aperto un procedimento giudiziario, ma che ha visto schierarsi a favore della maestra proprio quei genitori i cui figli avrebbero dovuto essere vittime (leggi qui).

E vittime, in qualche modo, lo sono comunque stati: vittime di un’inchiesta che ha di fatto allontanato la maestra da loro, vittime di cambi di didattica (e di “novità” relazionali in classe) dei quali non sentivano alcun bisogno. Ci sono stati sit-in i favore della maestra accusata, e ora che l’anno scolastico – l’ultimo prima delle Medie – volge al termine, l’ennesimo attestato di stima: una lettera aperta.

La fine e l’inizio, si diceva.

“La fine di quel periodo ‘bambino’, in cui la scuola ‘dovrebbe’ rappresentare una vera e propria ‘culla’, il prolungamento della dolce e rassicurante mano della famiglia, che affida il proprio figlio, per un lungo e delicato periodo della sua esistenza.

L’inizio di un’età adolescenziale sfidante e di un’istruzione che richiede di essere sempre più consapevoli delle nozioni apprese. Grazie a mio figlio, ho potuto vivere il rapporto con la sua maestra e, di conseguenza, con quella mano, che è divenuta estensione della mia fino a vestirsi dell’abito di mamma, che ho rispettato e da cui ho avuto rispetto, in un rapporto di reciproco sostegno e proficua collaborazione.

In questa reciprocità, quella maestra è stata guida amorevole e ampliamento rassicurante dei miei abbracci, nei confronti della piccola creatura, che le avevamo affidato.

Nel mio immaginario, sbagliando, ho considerato associabile l’affidabilità di quella figura magister, a una competenza attribuibile anche all’istituzione scolastica, credendo che quest’ultima, unitamente alla maestra e a noi genitori, avrebbe “impastato” il cemento valoriale e culturale, con cui sarebbero state gettate le fondamenta dei pilastri di un essere umano consapevole, libero e rispettoso cittadino del mondo; protagonista di una vita, che ha senso solo se diviene il palcoscenico della migliore versione di noi stessi; portatore di raffinatezza del pensiero, di naturale senso civico, dotato della capacità di andare oltre il velo del pregiudizio e del mediocre opportunismo.

Questa è stata la cornice dei presupposti, con cui la maestra dei nostri figli ha dato il via al viaggio omerico di formazione e di crescita, iniziato in prima elementare.

Da quel momento, noi genitori abbiamo avuto la sensazione di dar vita, tutti insieme, ad “un’opera grande”, nella quale, noi adulti eravamo i “pittori” e i nostri bambini le “fiduciose tele”!

Poi, dopo tre anni di cammino, senza che nessuno ci interpellasse, “qualcuno”, nella follia di un sistema scolastico ormai sovraccarico di dinamiche parossistiche, ha deciso di “strapparci” la nostra maestra, dando luogo ad un processo giuridico demonizzatorio, in cui però, paradossalmente, proprio noi, le “presunte” vittime, indicate da quel “qualcuno”, abbiamo assunto il ruolo di difesa, contro l’atto violento e ignobile, di cui la maestra è stata soggetto leso, avendo come unica colpa il mettere in luce, con la sua dedizione, la sua preparazione e il suo spirito d’innovazione (che l’hanno condotta a essere scelta come docente, in diversi corsi di formazione, rivolti al corpo insegnanti), il profondo divario con il resto delle colleghe, per la maggior parte non specializzate o “custodi” di una metodologia didattica obsoleta!

Da qui, quella che io chiamo la “pedagogia delle lavandaie”, in base alla quale, nei corridoi degli edifici scolastici si consumano pettegolezzi mediocri, anziché costruttivi confronti, e ciò che è più grave è il fatto che suddetti pettegolezzi siano sostenuti e “protetti” da figure istituzionali, che dovrebbero invece garantire il diritto all’istruzione e alla formazione armonica della persona, nonché l’incolumità e l’integrazione dei nostri figli!

Il danno che ne è derivato è molto profondo. Si è fallito sotto molti punti di vista: istituzionale, educativo, culturale, umano, lasciando ai nostri figli un gravissimo esempio di incoerenza e ingiustizia, provocando altresì, in loro, un incolmabile senso di tradimento e sfiducia!

Quanto avrebbe potuto e soprattutto dovuto fare la scuola, per fermare un’assurda accusa, ponendosi come soggetto super partes, in una vicenda in cui, paradossalmente, sono i genitori stessi, a chiedere a gran voce , per tutela dei propri figli, il ritorno della loro maestra, e che invece si trovano costretti a essere spettatori passivi e inascoltati, dinanzi ad una spiazzante “messa in scena”, in cui, a fare da regista, c’è anche, per rancori personali, una figura molto vicina sia a chi avrebbe dovuto garantire quell’essere al di sopra delle parti, sia ai servizi sociali.

Chi spiegherà ai nostri figli che la giustizia non sempre esiste, in quanto “madre” di arbitrarie interpretazioni e “figlia” di ben architettate falsità?

Forse la risposta giungerà, come un balsamo, dai frutti che nasceranno dai quei semi speciali, cristianamente piantati, dalla nostra cara maestra; semi spirituali e intellettuali, che non possono e non devono essere “corrotti”, dalla malvagità delle menzogne, che, come ben ci insegnano i sapienti, albergano nell’animo dei “mediocri” e sulla bocca degli “ipocriti”!

Una lettera accorata, vergata dalla mano di alcune mamme. Adulti, si dirà… E i bambini? A loro modo hanno voluto salutare la maestra, con delle letterine, anch’esse piene d’amore.

“Sei stata la migliore per me, mi hai sempre aiutato in tutto” è scritto con inchiostro blu chiaro in una missiva. E un’altra: “Voglio dirti tante cose… perché ispiri sicurezza, gentilezza… Ho capito come ti potevo far felice, adesso te lo dico: dimostrando che la vera me (omettiamo il nome, per motivi di privacy, ndr) non è più quella che si fa prendere in giro ma che combatte”. Infine un’altra, poche parole, concetto chiaro: “Ti voglio tanto bene”.