il caso

L'”Ufo del Presidente”: implicazioni militari e internazionali

26 giugno 2021 | 10:00
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'L'”Ufo

Continua il racconto dell’incontro ravvicinato nella Tenuta Presidenziale a Castelporziano

Misteri – Per proseguire il racconto dell’articolo della settimana scorsa, cui vi rimandiamo per i dettagli dell’avvistamento (leggi qui), ecco che entrano in campo nientepopodimeno che… i servizi segreti e gli americani.

Il 20 settembre del 1963 due ufficiali dell’Aeronautica Militare Italiana si recarono sul posto insieme al testimone, lo interrogarono e gli fecero ripetere, cronometro alla mano, tutte le fasi dell’avvistamento. Quindi, eseguirono vari rilievi e scrissero una dettagliata descrizione (di cui abbiamo copia), nella quale fra l’altro veniva confermata la credibilità dell’autista. E questo fu solo il primo degli ulteriori riscontri che avvennero in seguito. La vicenda creò infatti un certo scalpore negli ambienti politici e militari della Capitale, e contribuì alla formazione (in parte già avviata ma fino a quel momento non istituzionalizzata) di un gruppo di ufficiali che nel passato avevano già discretamente indagato sugli avvistamenti degli Ovni (oggetti volanti non identificati).

Tra questi spiccava Igino Gatti, ricercatore universitario di statistica, arruolato poi nell’Aeronautica Militare, dove raggiunse il grado di capitano, già interessato da anni alle segnalazioni di “dischi volanti” e rimasto poi operativo come consulente ufologico fino alla pensione. Per dirla tutta, Gatti entrò in contatto con il giro internazionale di ufologi d’orientamento scientifico che orbitava intorno a Aimé Michel e Jacques Vallée, entrando a far parte del cosiddetto “collegio invisibile” come corrispondente italiano, in anni in cui gli appassionati nostrani dell’argomento godevano di ben scarsa considerazione all’estero.

E proprio la vicenda di Castelporziano ebbe un effetto imprevisto e di grande rilevanza sull’ufologia internazionale, anche se nessuno all’epoca lo seppe e ancora oggi pochissimi lo sanno. Ma andiamo con ordine. Una volta ricevuto il rapporto del Sios Aeronautica (i servizi di informazione di cui sopra), lo Stato Maggiore dell’Aeronautica decise infatti di chiedere una consulenza addirittura ai servizi di intelligence dell’Aeronautica Americana, che in quegli anni aveva un ufficio dedicato (il Project Blue Book). Vennero quindi attivati i canali diplomatici: già pochi giorni dopo, il 24 settembre, l’ambasciata italiana a New York trasmise all’U.S. Air Force il rapporto di indagine in italiano, poi tradotto in inglese, che venne inoltrato alla Foreign Technology Division presso la base aerea di Wright-Patterson, da dove il 31 ottobre il colonnello Eric T. de Jonkheere rispose al quartier generale di Washington che il suo ufficio “non è stato in grado di determinare la causa specifica dell’avvistamento”, e chiedeva di poter disporre di dati meteorologici al fine di poter passare il caso all’astronomo J. Allen Hynek, consulente scientifico del Project Blue Book. La richiesta venne quindi girata all’ambasciata italiana, che a suo volta provvide tramite lo Stato Maggiore Aeronautica a richiederli all’Ufficio Meteo dell’aeroporto di Fiumicino. Dopo tutti questi scambi ufficiali tra le due nazioni, il caso rimase seppellito per decenni negli archivi del Project Blue Book, non identificato per “dati insufficienti per una valutazione”.

Non finisce qui, però. Negli anni sono state fatte non poche ricerche per trovare altri testimoni o cercare di capire quanto il caso fosse stato indagato negli ambienti che contano. A suo tempo, venne fuori anche un altro avvistamento avvenuto un anno dopo, il 7 settembre 1964, sempre a Castelporziano, da parte di un Senatore della Repubblica in visita al Presidente Segni. Del caso si sarebbe occupato, oltre al SIOS Aeronautica, anche l’Ispettorato della Difesa Aerea, l’attuale Itav (Ispettorato alle Telecomunicazioni ed Assistenza al volo). Pare anche che l’allora ministro della difesa Giulio Andreotti “fece fare un’inchiesta”.

Tra ricerche e tentativi di far parlare ex-ufficiali, non si arrivò a conferme o smentite ufficiali anche perché, come al solito in questi casi, i protagonisti rifiutarono di dare ulteriori informazioni e richiesero di non comparire con il proprio nome. Quel poco che ne uscì fu che molti anni dopo un colonnello, all’epoca in servizio presso l’Ispettorato della Difesa Aerea, raccontò che l’Aeronautica ricevette l’incarico da parte del Sios di accertare se vi erano state segnalazioni visive da parte dei militari di turno ed eventuali rilevazioni radariche da parte della difesa aerea, relative al traffico aereo normale ed eventuali eco anomale. Ma la risposta fu negativa.

Rimaniamo, dopo tanti anni, senza spiegazioni plausibili per questo avvistamento di un vero e proprio oggetto volante non identificato, anche e specialmente perché non si è mai arrivati a poter ottenere e quindi studiare tutta la documentazione prodotta da parte degli enti preposti, e come per tanti casi ben più importanti nella storia d’Italia non ce ne meravigliamo più di tanto.

Ma dicevamo della ricaduta indiretta che il caso di Castelporziano ebbe sulla storia dell’ufologia mondiale. Quando l’astronomo e informatico Jacques Vallée, emigrato dalla Francia agli Stati Uniti, fece vedere a Joseph Allen Hynek la corrispondenza del capitano Igino Gatti, l’astronomo e consulente dell’Usaf si risentì per il fatto che dal Project Blue Book quel caso non gli era stato passato per le consuete valutazioni ed analisi. Stando ai diari di Vallée (pubblicati molti anni dopo) questo episodio fu quello che convinse definitivamente Hynek che i militari americani gli stessero nascondendo i casi più interessanti, e contribuì alla conversione a 180°: da scienziato scettico a principale promotore della serietà ed importanza dell’argomento, fino ad essere acclamato negli anni ’70 come “il Galileo dell’ufologia”. Ci piace pensare che a questa svolta, per noi ufologi importantissima, sia stato un incontro ravvicinato avvenuto proprio sul litorale romano.

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