Roma, arrestati a Termini due ricercati violenti: uno è un ultras colpito da daspo

5 luglio 2021 | 11:10
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Roma, arrestati a Termini due ricercati violenti: uno è un ultras colpito da daspo

Il secondo arrestato si era reso responsabile dei reati di violenza, resistenza, lesioni e minacce a Pubblico Ufficiale

Roma – Era destinatario di un ordine di carcerazione: il ricercato, un cinquantaseienne italiano, che nella mattinata di ieri è stato rintracciato ed arrestato dalla pattuglia della Polizia Ferroviaria di Roma Termini durante gli usuali controlli in stazione.

L’uomo, che si aggirava nella zona della galleria gommata dello scalo ferroviario non era un viaggiatore ma si trovava in stazione per incontrare un amico; infatti ha mostrato sin da subito un comportamento tale da insospettire i poliziotti che, intuito qualcosa di anomalo, hanno deciso di approfondire il controllo. Sottoposto ad accertamenti il soggetto è risultato destinatario di un ordine di esecuzione di custodia cautelare in carcere, provvedimento emesso dalla Corte di Appello di Roma a seguito di diverse condanne comminate per la violazione della normativa concernente l’accesso agli stadi, essendo stato, nel suo passato, un violento tifoso ultras.

L’uomo dovrà scontare una pena di 3 anni di reclusione oltre al pagamento di circa 41 mila euro di multa.

Nella stessa giornata a presso lo scalo ferroviario di Roma Tiburtina, gli agenti hanno arrestato un cittadino ungherese di cinquantadue anni.

I poliziotti, durante i servizi di controllo, hanno rintracciato l’uomo che si accingeva a prendere un treno regionale. Dagli accertamenti esperiti al terminale, a carico del soggetto è emerso un mandato di cattura emesso dalla Procura di Ascoli Piceno.

Il cittadino ungherese infatti si è reso responsabile dei reati di violenza, resistenza, lesioni e minacce a Pubblico Ufficiale in un recente passato nella città di Ascoli Piceno.

L’uomo dovrà espiare una pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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