Abusi sui chierichetti del Papa, chiesti 4 e 2 anni di reclusione per i due sacerdoti imputati

15 luglio 2021 | 18:32
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Abusi sui chierichetti del Papa, chiesti 4 e 2 anni di reclusione per i due sacerdoti imputati

Le richieste di condanna sono state pronunciate dal Promotore di Giustizia vaticano. Domani altra udienza: saranno ascoltati gli avvocati difensori

Città del Vaticano – Continua il Vaticano il processo del caso sui presunti abusi sui chierichetti del Papa, avvenuti nel Preseminario. Alla presenza dei due imputati, don Gabriele Martinelli e don Enrico Radice, il Promotore di Giustizia, Roberto Zannotti, ha chiesto 8 anni di reclusione, ridotti a 4 anni, per don Gabriele Martinelli per il reato di violenza carnale aggravata (secondo l’articolo 47 del Codice Penale), e altri 4 anni di reclusione, ridotti a 2, per atti di libidine aggravati.

Quindi un totale di 6 anni di reclusione, ridotti a motivo della minore età dell’imputato. Zannotti ha delimitato il periodo punibile dal compimento dei 16 anni da parte di Martinelli il 9 agosto 2008 (quindi non dall’inizio delle violenze denunciate, 2007-2012). Secondo l’ordinamento della Santa Sede, infatti, come ha spiegato il Promotore di Giustizia, non è punibile chi non ha compiuto 16 anni quando ha commesso il reato. Per quanto riguarda mons, Radice, accusato di favoreggiamento, Zannotti ha spiegato che tale reato è stato così configurato, dal momento che nell’ordinamento penale vaticano non è previsto il reato di concorso in violenza sessuale, per il quale indaga invece la Procura di Roma. Di contro, l’avvocato Agnese Camilli Carissimi, difensore di monsignor Radice, ha chiesto l’assoluzione con formula piena del suo perché il fatto non sussiste.

“Fascicolo aperto in Diocesi nel 2013”

Durante l’udienza di oggi, svoltasi in Vaticano, è stato ascoltato, come teste in quanto risulta interessato nella prima investigatio previa della Diocesi di Como, nel 2013, autorizzata dall’allora vescovo Diego Coletti, l’ex vicario giudiziale della Diocesi di Como. Stabellini avrebbe inoltre parlato con altre persone estranee all’indagine sulle accuse contro Radice e Martinelli.

Nella sua deposizione, Stabellini ha detto di essere venuto a conoscenza, in quanto vicario giudiziale, di segnalazioni circa i fatti nel Preseminario nel 2013. “Vidi il fascicolo del vescovo a inizio ottobre 2013. Dovevamo andare a Roma e ci fermammo al Preseminario dove presi atto delle accuse rivolte a Martinelli e Radice”. Accuse diverse: ipotetici atti di abusi sessuali su altri colleghi da parte di Martinelli, e Radice che “non voleva far nulla”. Le accuse venivano espresse in lettere anonime al vescovo Coletti e ad altre istituzioni vaticane. Nel fascicolo era presente anche una lettera firmata, scritta a mano, dalla presunta vittima a monsignor Coletti.

“Il vescovo – ha detto Stabellini in aula – non avviò una indagine formale secondo il canone 1717 come io avevo chiesto. Mi chiese di andare a Roma con lui ed ebbe un colloquio nella zona del refettorio con Radice, il cardinale Angelo Comastri e don Angelo Magistrelli, allora responsabile dell’Opera Don Folci. Io rimasi fuori. Alla fine mi disse di redigere una memoria e che si doveva chiudere tutto”.

Radice consegnò due lettere identiche a Coletti e Stabellini, in cui chiedeva di chiudere la vicenda in quanto si trattava di “fumus persecutionis”. Coletti incontrò anche la presunta vittima e si convinse di non procedere ad un’indagine. Incontrò anche Martinelli, che negò ogni accusa.

Su richiesta del vescovo, Stabellini dovette redigere quindi una memoria sulla base dei pochi atti ottenuti (lettera Radice ecc). Lui però insisteva sulla necessità di una indagine previa, anche se, ha ammesso oggi, “può darsi che non ci fossero effettivamente reati”.

Stabellini si dimise poco dopo come vicario giudiziale, “non solo per questa questione”. Pur non essendo coinvolto più nella vicenda, incontrò in seguito due ex preseminaristi interessati ai fatti del San Pio X. Si tratta di due ex alunni che hanno testimoniato in aula. Il sacerdote ha detto di aver parlato con loro perché uno dei due in particolare “ossessivamente amava ricercare questi fatti”.

A conclusione della sua testimonianza, don Stabellini ha detto che il fascicolo dell’indagine – in cui rientrava anche la memoria da lui redatta – gli risultò “molto depauperato” quando ebbe modo di rivederlo anni dopo con il nuovo vescovo di Como, Oscar Cantoni. “Alcuni atti non c’erano più”.

La testimonianza dell’ex studente

Oggi ha testimoniato anche un ex studente del Preseminario. Una deposizione breve, di pochissimi minuti, affermando che il clima nel Preseminario era “normale”, “si giocava, si stava tutti insieme”. Radice era “molto attento ai ragazzi, rimaneva fino a tardi in giro per i corridoi, entrava nelle stanze se sentiva rumore o vedeva le luci dei cellulari”.

L’arringa dell’avvocato della presunta vittima

In un’arringa di oltre un’ora, l’avvocato Dario Imparato, difensore della presunta vittima, ha parlato di “un processo difficile”. L’avvocato ha ammesso che quasi il 99% dei testi ha detto di non aver visto né sentito violenze di Martinelli a danno di della presunta vittima ma questo – secondo il legale – non va a smentire le denunce del giovane che ha sempre parlato di fatti avvenuti nel “perimetro” della sua stanza, alla presenza dei compagni (3-4 persone). Proprio la personalità del ragazzo, secondo Imparato, è ciò che avvalora la sua “credibilità”: mai, ha detto, il ragazzo è stato esplicito nelle sue accuse, questo perché era “educato, fragile, vergognoso”. Aveva paura di essere additato dalla comunità del Preseminario come omosessuale e, soprattutto, di essere cacciato e rispedito nel suo piccolo Paese di 3mila abitanti (dove già viveva una realtà difficile per la sua famiglia) perché lì sarebbe finito in rovina.

Imparato ha ricostruito l’intera vicenda della presunta vittima, a partire dal suo ingresso nel San Pio X nel 2006 e le violenze di Martinelli iniziate l’anno successivo, ricordando anche tutte le parole dei testimoni chiamati dalla difesa.

Secondo l’avvocato, l’ottica della investigatio è “sbagliata” in quanto non è l’omosessualità di Martinelli il punto della questione, bensì “l’ottica del potere”, “l’esercizio violento di un soggetto potente e prepotente, che prima di soddisfare la sua libido, voleva soddisfare la sua sete di potere”. Potere proveniente da “un rapporto malsano” col rettore. “C’è in gioco la libertà di autodeterminazione delle persone”. In particolare, Imparato ha insistito sulla mancanza di consenso da parte del giovane, richiamando anche il movimento Me Too. E ha ricordato “il clima brutto, malsano, marcio” che – a detta di diversi testimoni – caratterizzava il Preseminario.

“Questa vicenda racconta il fallimento di piccole comunità chiuse, impermeabili all’esterno”, cosa che favorisce “abusi di potere”. “È la punta di un iceberg”, ha affermato. Perciò ha chiesto la condanna di entrambi gli imputati: “Non vorrei mai pensare che Martinelli nei prossimi decenni possa fregiarsi della medaglia dell’assoluzione per fatti che questa difesa ritiene gravi”. “Spesso per processare un sistema, bisogna processare un singolo”.

Le richieste del Promotore di Giustizia

Dopo una breve pausa di 20 minuti, ha preso parola Zannotti con la richiesta di condanna. Prima ha ripercorso questo “processo importante, il primo per fatti del genere nella nostra giurisdizione”. Il Pm ha spiegato che l’imputazione di Martinelli non è riferibile all’intero periodo in cui si sono consumate le violenze (2007-2012), bensì a partire dal periodo in cui questi aveva compiuto 16 anni: 9 agosto 2008 fino a luglio 2012, quando la presunta vittima lascia il Preseminario.

Anche Zannotti ha richiamato le parole dei testi sulla autorità di Martinelli nel Preseminario e sul suo rapporto con Radice e ha ricordato la vicenda personale e familiare della presunta vittima che, ha detto, gli ha suscitato “tenerezza”. Tutto per avvalorare l’accusa che quelli di Martinelli fossero veri “atti di violenza”, contrariamente ad una certa vulgata che iniziava a circolare secondo cui si trattasse di “cose di ragazzi”. “La presunta vittima ha riferito di molestie di vario genere caratterizzate da un crescendo. In tutto questo contesto, Martinelli manifesta un potere che lo porta ad abusare”.

Zannotti ha ricordato le minacce che Martinelli avrebbe rivolto a al ragazzo, a cominciare dal ricatto di concedergli ruoli importanti nel servizio liturgico delle messe papali in cambio di favori sessuali: “Dai che poi ti faccio servire la messa al Papa”. “Mi sembra una blasfemia”, ha detto il Pm, “è più che turpe”.

Ricordando diverse sentenze della Cassazione, inclusa la nota “sentenza sui jeans” del 1998, Zannotti ha insistito sul concetto di consenso che, ha sottolineato, non c’era assolutamente quando la presunta vittima era minorenne (“un minore è un soggetto immaturo, incapace di disporre del proprio corpo per fini sessuali”), tantomeno c’è stato dopo il compimento dei 18 anni del ragazzo. “Non bisogna confondere il consenso con la partecipazione all’atto”. Allo stesso modo, ha rimarcato che la credibilità della presunta vittima non può essere inficiata dal fatto che abbia denunciato tardivamente. “È la molla classica: ha paura, si vergogna, ci prova nel 2009 ma l’esito è controproducente”, (Radice, cioè, lo avrebbe aggredito verbalmente).

Sul rettore Radice, Zannotti ha detto che il suo comportamento è “ancora più grave” delle violenze sessuali, “sia per la carica, che per l’ostinazione di coprire fatti evidenti a tutti”. “L’intera attività di Radice dal 2009 in poi era finalizzata a coprire Martinelli”, come dimostra, secondo il Pm, la lettera falsa con cui Radice voleva accorciare i tempi dell’ordinazione diaconale di Martinelli.

L’arringa dell’avvocato del monsignore

L’avvocato Camilli ha esordito dicendo che “dai fatti copiosamente emersi, nulla si è evidenziato su Radice. Dalle testimonianze dei testimoni ci sono ben altre risultanze”. La legale ha ricordato la carriera di Radice senza macchie e sempre a contatto coi ragazzi, conclusa con una stretta collaborazione col vescovo di Como Coletti. Ha insistito sulla sua funzione di controllo durante la notte per i ragazzi del Preseminario, anche fino alle 23.30, e, ricordando la struttura del San Pio X (porte a vetri, pareti di cartongesso, bagni comuni, stanze multiple), ha affermato che: “È complesso immaginare che atti con una frequenza da guinness, con opposizioni verbali e fisiche, non siano stati mai rilevati in sei anni”.

Secondo Camilli, inoltre, Martinelli non aveva ruoli di responsabilità più di altri, anche per la sua giovane età, e ha smentito alcune accuse precise mosse da certi testi. Come quella che Martinelli fosse stato visto coi pantaloni abbassati dietro l’Altare di San Pietro il 13 maggio 2013; a tal proposito, l’avvocato ha prodotto un estratto dell’agenda della Basilica di quel giorno, in cui risulta che il Preseminario non fosse presente in nessuna delle celebrazioni, dal momento che prestava servizio il Collegio Capranica.

Infine Camilli ha sottolineato che tutte le accuse (lettere e voci) della presunta vittima e Kamil Jarzembowski (polacco, unico testimone oculare) siano partite dopo l’espulsione di quest’ultimo dal Preseminario. Ha quindi parlato di “vendetta” e ha chiesto l’assoluzione di Radice con formula piena: “Difficile immaginare una sentenza di condanna con una tale mancanza di prove. Sarebbe oltre ogni ragionevole dubbio”.

La nuova udienza si terrà domani, alle 10, e verranno ascoltati gli altri due avvocati difensori: Baffioni (per Martinelli) e Bellardini (per Opera don Folci). Si prevede un ulteriore rinvio.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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