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Emergenza rifiuti: c’è anche Fiumicino tra le “aree idonee” per la nuova discarica di Roma

Città Metropolitana ha consegnato le mappe a Regione e Ministero con le aree "idonee" a ospitare la discarica della Capitale che possa mettere fine all'emergenza rifiuti

Roma – All’interno del territorio comunale di Roma non ci sono siti idonei a ospitare una nuova discarica che possa risolvere l’emergenza rifiuti che da mesi sta tenendo banco nelle strade della Capitale, a giorni alterni letteralmente invasi dall’immondizia, e negli uffici di Campidoglio e Pisana. Sono diverse, però, le zone idonee per la “realizzazione di impianti di smaltimento di rifiuti urbani” presenti nell’area della Città Metropolitana.

Infatti, secondo le mappe fornite dalla Città Metropolitana alla Regione e al Ministero della Transizione ecologica la scorsa settimana, nella provincia della Capitale, al 90% composta da “zone rosse”, le aree gialle con “fattori di attenzione progettuale” sono pochissime. Come riportano diversi media nazionali, tra le zone idonee alla realizzazione di nuove discariche ci sono i territori di Fiumicino, Cerveteri, ma anche un vasto territorio che si estende tra Subiaco e Tivoli, e alcune zone a nord della Capitale tra Monterotondo, Carsoli, Nerola e Rignano.

Nelle mappe compaiono, oltre alle aree rosse, che sono a “tutela integrale”, anche aree rosa a “esclusione condizionata”. Tuttavia, secondo quanto riporta il Corriere della Sera, “il criterio di scelta è per lo più ‘escludente’ e quindi si tratta di zone ‘libere’ da vincoli ambientali, archeologici e urbanistici, come quelli stabiliti dal piano paesistico della Regione (anche questo aggiornato pochi giorni fa) come la distanza minima da un centro abitato di un chilometro, da una scuola, chiesa o centro sportivo di un chilometro e mezzo, l’assenza di siti tutelati dai Beni culturali e infine la lontananza da falde acquifere e parchi”.

Le aree gialle, però, soprattutto nella zona est, si trovano in montagna e sono inaccessibili, molte altre non hanno la viabilità adeguata al passaggio dei camion. Altre ancora non sarebbero pronte, cioè non hanno scavi già effettuati. E il tempo non è vantaggio delle Istituzioni: una scelta va fatta: la riapertura della discarica di Albano (sempre se non sarà negata dal Tar dopo il ricorso che sta preparando il sindaco della cittadina dei Castelli) è stata stabilito dalla Raggi la scorsa settimana per 180 giorni. Tra sei mesi, dunque, bisognerà essere pronti. Anche perché la discarica di Civitavecchia si esaurirà ad agosto e quella di Viterbo pochi mesi dopo. Non solo: se la sindaca non decide entro luglio dalla Regione Lazio incombe il commissariamento.

Montino: “Dove sono finite le zone bianche di Roma?”

“Virginia Raggi, sindaca della città metropolitana, ha firmato una seconda ordinanza che, con procedura d’urgenza, riapre la discarica di Albano, chiusa da 5 anni perché inquinava le falde acquifere. “Procedura d’urgenza” significa che saltano tutte le autorizzazioni ambientali. Ma in questi 5 anni, nessuna bonifica è stata fatta né sono cambiate le caratteristiche del sito e non è stato acquisito alcun parere preliminare di Arpa Lazio”. Lo dichiara il sindaco Esterino Montino.

L’ordinanza è del 16 luglio alle 21.30, il giorno dopo che la direttrice della Regione ing. Wanda D’Ercole, affermava la necessità di una modifica dell’Aia (autorizzazione integrata ambientale) e di un parere degli organi tecnici preposti – spiega Montino -. Lo stesso giorno, il 16 luglio, alle 10.00 una lettera del Ministero della Transazione ecologica riaffermava la necessità del parere di Arpa Lazio”.

“Niente di tutto questo è avvenuto: l’ordinanza di Raggi è illegittima, impugnabile e dubbia sotto tutti gli aspetti – prosegue -. Tanta solerzia della sindaca è, forse, dovuta al fatto che le 1100 tonnellate di rifiuti al giorno che deve smaltire andrebbero fuori del territorio di Roma. E in provincia, evidentemente, si può tranquillamente scaricare rifiuti e inquinare i territori”.

“E’ andata così anche per le zone bianche individuate dalla Città metropolitana per realizzare nuovi impianti. Prima erano sia in provincia sia a Roma. Poi, improvvisamente, solo in provincia – sottolinea il sindaco . Chi l’ha deciso? In base a quale criterio? Un vero e proprio giallo: Raggi ce lo spieghi con chiarezza. O i cittadini della provincia devono pagare lo scotto di non votare per la sindaca di Roma?”.

Tanta solerzia bisognava destinarla alla raccolta differenziata, che avrebbe drasticamente diminuito i rifiuti. Invece, Roma è rimasta al 43% come 5 anni fa. E di questo 43%, più di 1/3 dell’umido pare vada comunque in discarica – aggiunge -. La Regione Lazio, dal canto suo, è costretta a sfornare ordinanze per tamponare l’emergenza della Capitale. Un’emergenza non legata al fatto che non si sa dove mandare i rifiuti. Il guaio è che l’immondizia rimane per strada, i cassonetti non si svuotano e restano stracolmi per giorni perché Ama è completamente saltata.

L’azienda, nonostante oltre 200 milioni l’anno spesi per lo smaltimento, è ormai in agonia e Raggi ce l’ha messa tutta per arrivare a questo punto. Almeno amministratori delegati in 5 anni: con una tale instabilità, come si può programmare un piano drastico come quello di cui ha bisogno Roma?”.

“Ma c’è di più – aggiunge ancora Montino -. Gli impianti presenti che Raggi ha trovato, al di là della discarica, erano tanti. Ma soprattutto erano in programma ristrutturazioni, potenziamenti e nuove realizzazioni.

Neanche questo è stato fatto. La differenziata è in caduta libera, l’unico impianto di umido è fuori Roma, a Fiumicino, dei TMB uno è bruciato ma era già al capolinea, Rocca Cencia è in servizio al 50% perché pare non sia del tutto funzionante e due impianti, approvati dalla Regione da un anno e mezzo a Cesano e Casal Inselci, non sono mai partiti. Un disastro su tutta la linea. Di fronte a questo inequivocabile quadro, le 4500 tonnellate di rifiuti che quotidianamente Roma produce hanno invaso, emergenza dopo emergenza, tutte le strutture sparse per la regione. Ora ai comuni della provincia non rimane che difendersi con le unghie e con i denti per evitare di entrare, a nostra volta, nella fase emergenziale”.

“Oggi, su un grande quotidiano nazionale – conclude il sindaco -, Calenda propone di commissariare Zingaretti per l’emergenza rifiuti di Roma. E’ qui che si vede la stoffa del grande amministratore: lasciare operare chi fa danni e commissariare chi, con senso di responsabilità, continua a tamponare per evitare la catastrofe. Vedo un certo strabismo politico. Se vogliamo salvare la Capitale, invece, ma anche il sistema rifiuti della città metropolitana, l’unica vera decisione da prendere è commissariare il ciclo dei rifiuti di Roma”.

(Il Faro online)