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Paralimpiadi Tokyo 2020, Monica Contrafatto: “Vorrei tornare in Afghanistan”

24 agosto 2021 | 21:03
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Paralimpiadi Tokyo 2020, Monica Contrafatto: “Vorrei tornare in Afghanistan”

L’azzurra bronzo a Rio 2016 nei 100 metri nel libro di Arrigoni ‘Ribelli’ uscito oggi con il Corriere della Sera

Tokyo – “Ho lasciato il mio lavoro a metà. A costo di perdere pure l’altra gamba, voglio tornare là, in Afghanistan. Ad aiutare per costruire la pace”. A parlare è Monica Contrafatto, come ricostruisce Claudio Arrigoni nel suo “Ribelli, personaggi e storie della Paralimpiade“, uscito oggi con Buone notizie del ‘Corriere della Sera’.

Arrigoni racconta la storia dell’atleta paralimpica, già medaglia di bronzo a Rio, partendo dalla sua decisione di arruolarsi nei Bersaglieri “Li vidi e mi innamorai. Ah, il fez…”. “La scelta di Monica – racconta Arrigoni – parte da quei giorni a Gela, passa per il Gulistan, provincia di Farah, Afghanistan occidentale, arriva al Brasile e a Rio, guardando a Tokyo”.

La Contrafatto diventa caporale maggiore scelto dell’Esercito, Primo Reggimento Bersaglieri. Nel marzo 2012, 31 anni compiuti da poco, la seconda missione in Afghanistan. “La mia più grande passione. Siamo là per aiutare, l’ultima cosa che usiamo sono le armi. Gli abitanti ci hanno salvato la vita in certe situazioni”, racconta. Ma alla base italiana ci fu un attacco, bombe a pioggia. “Dopo la prima andai d’istinto verso i mezzi, non verso il centro antimortaio”. Fu la seconda a centrarla. Le schegge colpirono una gamba, l’arteria femorale, l’intestino, una mano. “A pensarci poi non molti danni”. La gamba destra verrà amputata, l’arteria femorale cambiata con la vena safena, l’intestino tolto per mezzo metro, per la mano verrà utilizzato un osso della gamba. In mezzo anche un’embolia polmonare. “Poteva andare peggio”. Vero: il sergente Michele Silvestri, vicino a lei all’avamposto Ice, è morto per quei colpi di mortaio, lasciando moglie e un figlio di otto anni. “Venni investita dalla onda d’urto dell’esplosione, tutto divenne grigio, non sentii male, nessun dolore, ma vidi il sangue. Tanto”. Fu il collega Salvatore De Luca a evitarle la morte, portandola lontano. “Subito dopo arrivò un altro colpo e mi avrebbe uccisa”.

Una sera, davanti alla tv, una folgorazione: “Trasmettevano le gare della Paralimpiade di Londra. Non sapevo cosa fossero. Mi fermai a guardare. E in quei giorni non feci altro: c’erano atleti fantastici”. Vide Martina Caironi correre i 100 metri. Amputata come lei a una gamba appena sopra il ginocchio: “Da allora il mio punto di riferimento. Mi dissi: ci devo andare anche io”. Divenne sua compagna in Nazionale. Fu sul podio con lei a Rio, Martina con l’oro al collo, lei il bronzo. Una storia da film. E ora a Tokyo sui 100 metri femminili T63 (amputate di gamba) potrebbe essere un podio tutto italiano, con Ambra Sabatini insieme a loro. (Adnkronos)

(foto@MonicaContrafattoFacebook)

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