Roma, maxiprocesso ai Casamonica. La sentenza: il clan è mafia

20 settembre 2021 | 19:27
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Roma, maxiprocesso ai Casamonica. La sentenza: il clan è mafia

Il Tribunale ha condannato 44 imputati per un totale di 400 anni di carcere. E i 5 Stelle celebrano Raggi: “Nessuno come lei ha lavorato per la legalità”.

Roma – Il clan Casamonica è mafia. Lo ha stabilito la sentenza dei giudici del processo davanti alla Decima sezione penale del tribunale di Roma nell’aula bunker di Rebibbia. La sentenza, dopo sette ore di camera di consiglio, prevede la condanna di 44 imputati con accuse che vanno a vario titolo dall’associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all’estorsione, l’usura e detenzione illegale di armi.

Nel complesso, condanne per oltre 400 anni di carcere. Il pm Giovanni Musarò aveva chiesto condanne per un totale di oltre 630 anni di reclusione.

Per tuttim i pm Musarò e Stefano Luciani, lo scorso 24 maggio, avevano chiesto una condanna a 30 anni di carcere. Presente in aula alla lettura della sentenza, dopo 7 ore di camera di consiglio, anche il procuratore aggiunto della Dda di Roma, Ilaria Calò.

Al processo si è arrivati dopo gli arresti compiuti dai Carabinieri del Comando provinciale di Roma nell’ambito dell’indagine ‘Gramigna’, coordinata dal procuratore di Roma Michele Prestipino e dai sostituti procuratori Musarò e Luciani.

Musarò in aula nella sua requisitoria dello scorso maggio aveva citato anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Massimiliano Fazzari e Debora Cerreoni che hanno descritto la struttura e le modalità con cui agiva il clan. Nell’ambito della stessa inchiesta, a fine 2019 quattordici esponenti erano stati condannati in abbreviato e altri tre hanno scelto il patteggiamento. (fonte Adnkronos)

I 5 Stelle celebrano Raggi

E il Movimento 5 Stelle celebra la sindaca Raggi. “I giudici hanno confermato che la matrice mafiosa delle attività dei Casamonica. Le sentenze pronunciate oggi al maxi processo restituiscono ancora una volta il quadro inquietante delle attività criminali poste in essere a Roma dagli esponenti del clan. In questi anni a Roma si è assistito ad una vera e propria svolta nella lotta al crimine e nell’affermazione della legalità e della tutela dei cittadini onesti. Era solo il 2015 quando i Casamonica celebravano in pompa magna i funerali di un proprio esponente. Da quando si è insediata al Campidoglio, Virginia Raggi non ha mai avuto paura di affrontare a viso aperto e a testa alta i clan. Basti ricordare gli sgomberi e gli abbattimenti delle ville abusive, le minacce subite e il dover vivere sotto scorta, l’azione capillare nei territori a maggior tasso di infiltrazioni criminali per affermare la presenza dello Stato e stare al fianco delle associazioni e dei cittadini onesti. Tutto questo non si può fermare. Sarebbe intollerabile tornare indietro e interrompere il grande lavoro di Virginia Raggi, che ha ridato dignità a tanti territori della capitale dopo anni di connivenza, omertà e malaffare. Nessuno più di lei è adatto a proseguire il lavoro a Roma sul fronte della legalità”, si legge in una nota a firma dei parlamentari e degli europarlamentari del Movimento 5 Stelle.

Zingaretti: “Una sentenza storica”

“Quella pronunciata oggi dal Tribunale di Roma è una sentenza storica che finalmente mette nero su bianco che Casamonica equivale a mafia ed un segnale importante da dare ai cittadini del nostro territorio. Da anni come Regione Lazio siamo in prima linea per ridare vita ai beni confiscati alle mafie, insieme ad associazioni e comitati di quartiere, uniti tutti insieme per affermare la legalità. Come Regione lo abbiamo fatto a Roma restituendo ai cittadini tre ville di via Roccabernarda tra cui quella dalla cui demolizione è nato il Parco della Legalità. La sentenza di oggi ci da ancora più forza, noi non molliamo, ma continueremo nella lotta contro le mafie e per la legalità, il che significa stare ogni giorno nei quartieri delle nostre città e presidiarli con i servizi e non lasciare spazi nei quali l’illegalità si può infilare”, il commento del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.