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TopoPrincipe, Augusto Macchetto: “Un omaggio a un capolavoro, con umiltà e coraggio”

Augusto Macchetto, lo sceneggiatore della parodia a ilfaroonline.it: “Abbiamo voluto rileggere ‘Il Piccolo Principe’ respirando la sua stessa aria”

Roma – Il volo di un sogno è anche quello di un aereo. Non importa sia un biplano a motore o una semplice banconota piegata a mò di aeroplanino. Una leggerezza che è propria dell’immaginazione di un bambino, non solo di colui che le storie le ascolta ma anche di quello che le storie le crea. Topoprincipe (Giunti), l’ultima sfida delle Parodie Disney, parte proprio da qui.

topoprincipe

Da un’inversione che prosegue quanto cominciato con la passione per la scrittura del piccolo Paperdante: un bambino che raccontava storie ai suoi genitori. Non il contrario. Storie che fluiscono da sole, come se lo spazio della mente non bastasse a contenerle, innescando la favella del racconto.

E allora un soldino raccolto in terra diventa una storia. E lo diventa anche il rumore di un aereo. Che va lontano, come tutti gli aerei. Lontano, come la fantasia. Quella che vede col cuore, ancora prima che con gli occhi.

Dallo schermo che copre il ricordo di una carezza, fino a un “mi piace” che oscura un bellissimo tramonto, Topoprincipe esplora con delicatezza lo spazio che intercorre fra il sogno e la realtà. Per ricordarci che, nonostante tutto, basta poco per tornare a casa felici.

Per esempio dopo aver scoperto di saper ancora giocare. “Abbiamo voluto rileggere ‘Il Piccolo Principe’ – ha spiegato a ilfaroonline.it Augusto Macchetto, sceneggiatore della parodia – respirando la sua stessa aria”. E anche il seme di “baubab” diventa l’occasione per un incontro.

Prima Dante ora Antoine de Saint-Exupéry: le parodie, da sempre uno dei marchi di fabbrica di Topolino, si cimentano su terreni sempre più impegnativi, offrendo anche la possibilità di confrontarsi anche con contenuti originali. Si riscontra sempre di più un tentativo di offrire un approccio alla lettura oltre che il divertimento. Su cosa si lavora maggiormente per combinare l’aspetto dell’intrattenimento con quello letterario?

Le due cose devono andare a braccetto: quando si scrive Disney occorre immaginare di avere davanti a noi una platea immensa: i piccoli, naturalmente, ma anche gli adolescenti, gli adulti… Si farebbe prima a dire “tutti”, certo, ma così si rischia di perdere di vista l’obiettivo. In quel “tutti” ci sono davvero tanti volti, tanti gusti magari opposti, tante capacità di lettura diverse. Il tentativo è sempre quello di avvicinarci a questo pubblico multiforme dando a ciascuno motivi di divertimento e soddisfazione e ci si riesce solo non perdendo di vista tutte queste facce.

E’ giusto dire che ogni personaggio, nell’ambito di una parodia, svolge un vero e proprio ruolo di attore? Oppure ogni personaggio, così fortemente connotato nell’immaginario del lettore, va adeguato a seconda delle proprie caratteristiche al ruolo che interpreta?

Nel caso dei personaggi Disney occorre muoversi con cautela, perché hanno un carattere tutto loro, scritto in decenni di storie raccontate attraverso il cinema, i libri, i fumetti… Anche se forse non ce ne rendiamo conto, sappiamo esattamente chi è Paperino, per esempio. Sappiamo come si comporterà in un certa situazione. Quindi i ruoli vanno scelti con attenzione. Nel caso del Piccolo Principe, che ha in primo piano un personaggio che vive nell’immaginario di tutti, si è imposto immediatamente Topolino. Non c’è stato casting, diciamo così, per il suo ruolo. Topolino è un interprete flessibile e sa dire cose serie con con il sorriso. Lo fa da un punto di vista tutto suo, sospeso. Esce con facilità dai suoi campi d’azione preferiti (le indagini, per dirne uno) ed è capace di poesia, di grande leggerezza.

Nel corso degli anni si è passati da una trama molto legata al testo principale, vedi Inferno di Topolino del ’49, per arrivare a TopoPrincipe dove la trama viene quasi stravolta: a cosa è dovuta questa scelta?

Non parlerei di stravolgimento, ma certo misurarsi con un’opera che ha lasciato un segno così forte nella letteratura richiede da una parte umiltà, dall’altra coraggio. Umiltà nell’avvicinarsi a un libro universale, che conosce anche chi non lo ha letto. Ma ricalcare l’opera spostandosi di poco rispetto al disegno originale sarebbe stato naturalmente inutile. Così, coraggio: abbiamo voluto rileggerla respirando la sua stessa aria, viaggiando nella stessa atmosfera, e introducendo alcune tematiche attuali.

Le parodie di Topolino sono una caratteristica italiana che ha visto mettersi alla prova importanti firme del fumetto: è possibile associare le grandi parodie a un intento didattico?

La produzione Disney difficilmente è didattica in prima battuta, se non quando lo è dichiaratamente. Non si vuole insegnare niente nel modo tradizionale, non si sale in cattedra, per capirci. Si racconta, e si racconta in un modo partecipe, in cui siamo coinvolti completamente noi che le storie le facciamo, prima di tutto. Senza questo coinvolgimento, questo affetto, la storia Disney non nasce. Dalle storie scritte con amore poi, sì, ciascuno può ricavare qualcosa di bello, da conservare, e ne siamo contenti.

Leggendo le ultime storie-parodie si nota una sorta di cambiamento nel registro: da un’interpretazione in chiave più umoristica dei racconti si è passati a una maggiore caratterizzazione delle trame e dei personaggi. Questo perché è cambiato anche il modo di ricezione delle storie da parte dei lettori più giovani?

Le parodie Disney in realtà hanno diverse declinazioni e intenzioni. Alcune nascono con il proposito dichiarato di far sorridere, altre propongono un punto di vista diverso sulla storia da cui nascono. Di volta in volta si sceglie dove andare a finire, insomma. Certamente oggi anche i lettori e le lettrici più piccoli sono capaci di godersi trame molto più complesse di un tempo e questo si riflette nel nostro lavoro.

Dopo il successo di Paperdante e, molto probabilmente anche di TopoPrincipe, su quali altri capolavori si lavorerà in futuro? Cosa devono aspettarsi i lettori?

E’ un segreto… ma i lettori devono aspettarsi di essere sorpresi. Di essere presi e portati da un’altra parte, all’avventura.

(Il Faro online)