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Minacce di morte alle ex compagne: divieto di avvicinamento per due stalker a Latina

La Polizia ha notificato ai due aguzzini altrettanti provvedimenti coercitivi del divieto di avvicinamento e di comunicare con qualsiasi mezzo con le parti offese.

Latina – In primo piano l’attività della Squadra Mobile pontina a tutela di due donne, vittime di atti persecutori subiti da parte dei loro ex conviventi e che, in entrambi i casi, avevano subito lunghi episodi di maltrattamenti all’interno dei rispettivi nuclei familiari, nella brutale ripetizione di uno squallido clichè divenuto ormai tratto distintivo di un reato, quello di atti persecutori, sempre troppo diffuso.

Nel pomeriggio di ieri, gli agenti del reparto investigativo della Questura, a conclusione di lunghe ed accurate indagini tese a dimostrare le reiterate vessazioni e le violenze che le stesse vittime avevano trovato il coraggio di denunciare presso gli Uffici di Polizia, hanno notificato ai due aguzzini altrettanti provvedimenti coercitivi del divieto di avvicinamento e di comunicare con qualsiasi mezzo con le parti offese e, in un caso, dell’allontanamento dalla casa familiare, emesse dalla Procura della Repubblica del capoluogo.

In particolare si sottolinea la situazione rilevata all’interno della più giovane delle due ex coppie, composta da trentenni genitori di due bimbi di 4 e 5 anni, in cui la giovane donna aveva denunciato ripetuti episodi di maltrattamento, violenze e minacce di morte, posti in essere nei suoi confronti all’interno delle mura domestiche ed alla presenza dei figli.

In tale circostanza la donna aveva espresso il proprio consenso ad essere collocata, unitamente alla prole, in una struttura protetta, in attesa di poter fare ritorno in sicurezza nella propria abitazione, stante la spiccata pericolosità sociale denotata dal suo ex compagno, membro della famiglia Di Silvio e pluripregiudicato per reati in materia di stupefacenti, contro il patrimonio e contro la persona.

Tali casi, positivamente conclusi, sono emblematici della continua attenzione e risorse che la Polizia dedica al triste fenomeno e si auspica possano costituire lo spunto per tutte quelle donne che, a vario titolo, faticano a trovare il coraggio di denunciare.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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