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Lotta all’erosione a Ostia Levante, l’esperta: “Interventi della Regione inutili e dannosi”

La tecnologa Ilaria Falconi: "I lavori potrebbero danneggiare l’ecosistema dunale e causare la formazione di pericolose correnti di ritorno"

Ostia – I lavori di ripascimento e di realizzazione di pennelli a T programmati dalla Regione Lazio (leggi qui) non risolveranno il problema dell’erosione costiera a Ostia Levante, anzi: potrebbero addirittura accelerarne il processo.

Ne è convinta Ilaria Falconi, tecnologa di ricerca di III livello presso il Ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali e consigliera nazionale Sigea, che a ilfaroonline.it spiega come gli interventi annunciati nei giorni scorsi non siano soltanto inutili, ma anche potenzialmente molto dannosi.

“Si tratta di una soluzione palliativa e inefficace, già adottata frequentemente in passato (leggi qui), che, oltre a essere costosa economicamente, non solo non risolve il problema ma può, di fatto, innescare processi di erosione sull’ambiente emerso e sommerso circostante”, racconta Falconi.

Le operazioni potrebbero avere, infatti, impatti dannosi per l’ecosistema dunale presente sulla spiaggia di Capocotta, della Tenuta Presidenziale di Castelporziano e dell’Area Marina Protetta Secche di Tor Paterno, tutte aree di grande pregio naturalistico.

“Inoltre – sottolinea la dottoressa Falconi -, si possono formare correnti di ritorno, aderenti al pennello o tra un pennello e l’altro, che sono molto pericolose per i bagnanti, che così rischiano di annegare. Proprio per questo motivo bisognerebbe collocare sulle spiagge un’apposita cartellonistica che li metta a conoscenza dei pericoli”.

Ma non è tutto. Secondo Ilaria Falconi, infatti, sono diversi i principi di cui le istituzioni, i tecnici e “tutti i soggetti coinvolti nell’assumere le decisioni in materia” dovrebbero iniziare a tenere conto. “In primis il fatto che il maltempo e le onde non rappresentano la causa effettiva dell’erosione costiera e dell’insabbiamento dei porti, e che l’ambiente costiero è un sistema aperto e dinamico e, conseguentemente, la morfologia costiera va monitorata con continuità studiando il comportamento della corrente litoranea di fondo ed includendo tali correnti nella modellistica di progetto. Attualmente, infatti, i modelli fisici e matematici su cui si basa progettazione delle opere di difesa della costa non considerano in modo efficace e completo il trasporto di fondo delle sabbie“.

“In più – prosegue Falconi -, va ricordato che la difesa dei litorali andrebbe inserita all’interno di un contesto d’azione integrato a medio-lungo termine in cui devono essere considerati gli effetti indiretti, che riducono la resilienza delle spiagge, e quelli diretti causati dall’erosione costiera e dai cambiamenti climatici. Gli interventi di difesa devono quindi essere integrati in un piano che deve includere criteri di sviluppo sostenibile e tutela ambientale, poiché la conservazione dei litorali sabbiosi ben sviluppati e il contrasto all’erosione costiera rappresentano, in genere, una strategia di difesa e di riduzione del rischio di inondazione dei territori costieri”.

“Sottolineo, poi, come qualsiasi opera di difesa costruita sugli arenili o sommersa, in qualunque punto essa si trovi e indipendentemente dal tipo adottato, rappresenta sempre un ostacolo al libero movimento delle acque marine lungo il litorale, sia che tale movimento si manifesti sotto forma di corrente sia che esso sia dovuto al moto ondoso. Le opere di difesa, quindi, devono essere conformate in modo che i movimenti delle acque possano superare l’opera e proseguire oltre, sia pure modificati e ridotti”.

“Inoltre – suggerisce -, bisognerebbe procedere alla rimozione o alla riprogettazione delle strutture rigide esistenti sull’arenile, ed evitare di progettare o realizzare nuove opere di difesa rigide, come indicato nelle ‘Linee guida per la difesa della costa dai fenomeni di erosione e dagli effetti dei cambiamenti climatici’, scaturite dal Tavolo nazionale sull’erosione costiera MATTM-Regioni con il coordinamento tecnico dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra)”.

Non solo. Per rendere veramente efficace sul lungo termine qualunque tipo d’intervento, per Falconi è necessario “prevedere un coordinamento nazionale per la pianificazione in materia di difesa della costa dall’erosione” e “introdurre il divieto di operare ampliamenti, anche stagionali, della superficie dell’arenile verso il mare, abbassando la quota esistente o la stabilità della spiaggia e quello di asportazione dei materiali spiaggiati, specialmente nel periodo autunnale-invernale, in modo che possano esercitare funzioni di contrasto all’azione del mare e del vento nonché di trappola per i sedimenti”.

“I materiali spiaggiati di origine naturale, infatti, garantiscono la resilienza della spiaggia durante le mareggiate, e proprio per questo motivo sarebbe opportuno redigere le buone pratiche per la pulizia degli arenili e utilizzare dei veicoli di pulizia della spiaggia innovativi, a controllo remoto e a propulsione solare, in grado di ridurre al minimo sino quasi ad annullare qualsiasi impatto sul sistema spiaggia. Questi veicoli – conclude Falconi – non causano l’usura e la compattazione della spiaggia, e anzi ne tutelano l’integrità”.

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