Dal fronte all’Altare della Patria: la storia del Milite Ignoto

4 novembre 2021 | 00:14
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Dal fronte all’Altare della Patria: la storia del Milite Ignoto

Chi è sepolto nell’Altare della Patria? Come è stato scelto il Milite Ignoto? Tutto quello che c’è da sapere sul “soldato senza nome”

Roma – “Soldato Ignoto. Degno figlio di una stirpe prode / e di una millenaria civiltà resistette / inflessibile nelle trincee più contese / prodigò il suo coraggio nelle più / cruente battaglie e cadde combattendo / senz’altro premio sperare che la / vittoria e la grandezza della patria“. E’ l’iscrizione che oggi si legge nella cripta situata nel cuore dell’Altare della Patria, dove da cento anni a questa parte, riposano le spoglie del Milite Ignoto. Un soldato senza nome, sconosciuto, morto durante la Grande Guerra, nel quale tutta Italia riconosce un padre, un fratello, figlio, un nipote, un amico, caduto per proteggere la propria patria.

La tomba, situata ai piedi della Dea Roma, rappresenta simbolicamente tutti gli italiani i caduti e i dispersi in guerra. Fu solennemente inaugurata il 4 novembre 1921 con la traslazione da Aquileia a Roma dei resti di un soldato scelto tra undici corpi privi di elementi che potessero permetterne il riconoscimento.

L’idea di un monumento al Milite Ignoto

L’idea di destinare un monumento che potesse ricordare i soldati caduti nella Grande Guerra venne al colonnello Giulio Douhet. Nel luglio 1920, a Roma, la “Garibaldi. Società dei Reduci delle patrie battaglie” e l’Unione Nazionale Ufficiali e Soldati approvarono la proposta del colonnello che prevedeva, però, una sepoltura al Pantheon di un soldato non riconosciuto.

Il progetto di legge per la “Sepoltura della salma di un soldato ignoto” fu presentato alla Camera dei deputati il 20 giugno del 1921, pochi giorni prima delle dimissioni del quinto governo Giolitti. A presentarlo fu il ministro della guerra, Giulio Rodinò, insieme al presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dell’interno, Giovanni Giolitti, e al ministro del Tesoro, Ivanoe Bonomi.

Il 28 giugno l’onorevole Cesare Maria De Vecchi fu il relatore alla Camera per la commissione “Esercito e Marina Militare”, che aveva indicato come data della sepoltura il 4 novembre 1921 (terzo anniversario della fine della guerra) e come luogo non il Pantheon, luogo destinato esclusivamente ai re d’Italia, ma l’Altare della Patria, “perché quivi il popolo potrà, meglio che altrove, in grandi pellegrinaggi rendere i più alti onori al morto che è tutti i morti, che è primo e supremo artefice della nuova storia”.

Il 4 agosto era all’ordine del giorno la discussione della legge alla Camera, ma Luigi Gasparotto, ministro della Guerra del nuovo governo Bonomi, chiese agli oratori di rinunciare a pronunciare discorsi e proseguire “senza abuso di parole”, anche per evitare interventi antimilitaristi. La richiesta fu approvata e il 5 agosto si svolse la votazione a scrutinio segreto: 199 i voti favorevoli, 35 i contrari.

Il disegno di legge fu poi presentato al Senato dal ministro Gasparotto il 6 agosto. Il 10 agosto si svolse la discussione. La legge, approvata con votazione a scrutinio segreto il giorno stesso, fu firmata da Vittorio Emanuele III l’11 agosto e pubblicata in Gazzetta ufficiale il 20 agosto.

Successivamente, con regio decreto del 28 ottobre, fu dichiarato festivo il giorno 4 novembre 1921, “dedicato alla celebrazione delle onoranze al soldato ignoto”. La festività del 4 novembre fu stabilita l’anno successivo come Giornata della Vittoria.

Le ricerche della salma

Già il 20 agosto il Ministero della Guerra, incaricato dell’esecuzione della legge appena approvata, diramò una circolare che istituiva una commissione speciale, presieduta dal tenente generale Giuseppe Paolini, ispettore per le onoranze alle salme ai caduti di guerra. La commissione aveva l’incarico di individuare le salme di undici caduti al fronte, privi di qualsiasi segno di riconoscimento. Furono assegnati alla commissione anche il colonnello Vincenzo Paladini e il maggiore medico Nicola Fabrizi, entrambi già in servizio per le onoranze ai caduti. Per i sopralluoghi era presente anche monsignor Nani, in qualità di cappellano.

Al sindaco di Udine Luigi Spezzotti fu chiesto di indicare il nominativo di quattro ex combattenti (un ufficiale, un sottufficiale, un caporale e un soldato) come membri della commissione e altri quattro come supplenti dei primi. A fine settembre furono nominati come effettivi il tenente Augusto Tognasso di Milano (mutilato), il sergente Giuseppe De Carli di Tiezzo di Azzano Decimo (medaglia d’oro), il caporal maggiore Giuseppe Sartori di Zugliano (medaglia d’argento e medaglia di bronzo) e il soldato Massimo Moro di Lestizza (medaglia d’argento); come supplenti il colonnello Carlo Trivulzio di Udine (5 medaglie di bronzo), il sergente Ivanoe Vaccaroni di Udine (medaglia d’argento, due medaglie di bronzo e due croci di guerra), il caporal maggiore Luigi Marano di Pavia di Udine (medaglia d’argento) e il soldato Lodovico Duca di Pozzuolo del Friuli (medaglia di bronzo).

A ottobre la commissione individuò le salme degli undici soldati in diverse località, cercando di includere luoghi del fronte italiano in cui avevano combattuto le diverse armi, compresa la Regia Marina: Rovereto (fu scelto un caduto ignoto da un vicino cimitero militare, probabilmente dove oggi sorge il Sacrario militare di Castel Dante),  Massiccio del Pasubio (anche in questo caso fu necessario scegliere un caduto ignoto da un cimitero militare, probabilmente il cimitero militare della Brigata Liguria), Monte Ortigara (prima fu rinvenuto un corpo che però aveva un foglietto con un possibile segno identificativo, un caduto austriaco e due caduti insepolti non identificabili e fu scelto uno degli ultimi due), Monte Grappa (qui sotto una croce fu rinvenuto un corpo non identificato),  Conegliano (fu scelto un caduto ignoto da un vicino cimitero, in corrispondenza del sacrario del Montello), Cortellazzo-Caposile (la scelta ricadde su caduto ignoto da un vicino cimitero militare oggi non più esistente), Cortina d’Ampezzo (anche in questo caso fu scelto un caduto ignoto da un cimitero militare, in corrispondenza del sacrario militare di Pocol), Monte Rombon (anche in questo caso sotto una croce fu rinvenuto un corpo non identificato),  Monte San Marco (stessa cosa: sotto una croce fu rinvenuto un corpo non identificato), Castagnevizza (sotto una piramide di pietre furono rinvenute due salme di caduti non identificabili; fu scelta quella con maggiori ferite), Monte Ermada (sotto un elmetto fu rinvenuta una fossa comune con vari teschi; sotto una croce fu rinvenuto un corpo non identificato).

La “scelta” della salma

Secondo le istruzioni del Ministero le undici bare, identiche per forma e per dimensioni, furono riunite nella basilica di Aquileia. Il 28 ottobre, alle ore 11, alla presenza di rappresentanti delle istituzioni e di mutilati, di ex combattenti e di madri e di vedove di caduti fu designata la salma del Milite Ignoto da parte di una “madre di un caduto non riconosciuto ed in modo che la cassa prescelta non si sappia da quale zona del fronte provenga”.

Fu Maria Maddalena Blasizza in Bergamas, di Gradisca d’Isonzo, a scegliere la bara. Il figlio Antonio Bergamas, ebreo triestino, era maestro comunale; nel 1914 disertò dall’esercito austroungarico e passò in Italia dove si arruolò volontario sotto falso nome, raggiungendo il fronte nel giugno 1915. Cadde il 18 giugno 1916 e fu decorato con medaglia d’argento al valore militare; fu sepolto in un cimitero poi bombardato, rendendo impossibile il riconoscimento del defunto.

In quello che passò alla storia col nome di “Rito di Aquileia”, Maria divenne la madre spirituale del Milite Ignoto: la donna fu posta di fronte alle undici bare allineate: appoggiò lo scialle sulla seconda bara e, dopo essere passata davanti alle prime, non riuscì a proseguire nella ricognizione e si accasciò al suolo davanti alla decima bara urlando il nome del figlio: fu su quella bara che cadde la scelta.

Il feretro fu inserito in una cassa speciale inviata dal Ministero della Guerra. Era una cassa in legno di quercia con decorazioni in metallo in ferro battuto, forgiato da scudi di trincea e sorretto da bombe a mano. Sul coperchio erano fissati un elmetto, un fucile e una bandiera tricolore. Le altre dieci salme rimasero ad Aquileia per essere sepolte solennemente il 4 novembre nel cimitero della basilica e dove tutt’oggi riposano.

Il viaggio a Roma

Sempre il 28 ottobre,, alla stazione di Aquileia, la bara fu posta su un carro ferroviario con affusto di cannone, appositamente disegnato da Guido Cirilli. Su un lato erano scritte le date MCMXV – MCMXVIII; sul lato opposto era riportata la citazione dantesca l’ombra sua torna ch’era dipartita.

Il treno speciale, che in occasione del centenario è stato ricreato (leggi qui) partì la mattina successiva alle ore 8. Oltre al carro con la bara erano presenti 15 carri per raccogliere le corone di fiori durante il tragitto; altre carrozze di prima e di seconda classe erano destinate alla scorta d’onore. Il treno fermava cinque minuti in ogni stazione sul percorso fino a Roma. Il Ministero della Guerra ordinò il più rigoroso silenzio durante il passaggio del treno; erano vietati discorsi pubblici e all’arrivo del treno poteva essere eventualmente suonata una sola volta “La canzone del Piave”. Durante le fermate notturne intermedie, come Venezia, Bologna e Arezzo, venne predisposto il cambio alle rappresentanze di senatori, di deputati, di madri, di vedove, di mutilati e di ex combattenti.

Le foto e i filmati del viaggio del treno mostrano ali di folla inginocchiarsi al passaggio del treno, lanci di fiori da parte di donne e bambini, il saluto militare da parte di rappresentanze delle forze armate e di ex combattenti e la benedizione della salma da parte di autorità religiose locali. Fiori che furono poi lanciati dal treno nelle acque del Piave, celebrando i caduti.

Come riportato dalla tabella ufficiale con l’orario delle principali fermate, la destinazione del viaggio fu la stazione di Portonaccio (oggi stazione di Roma Tiburtina) la sera del 1º novembre; la mattina dopo era previsto l’arrivo alla stazione di Roma Termini per le successive celebrazioni.

I funerali solenni nella basilica di Santa Maria degli Angeli a Roma

La mattina del 2 novembre, quando la bara del Milite Ignoto giunse alla stazione di Roma Termini, fu accolta dal re e dalla famiglia reale, da bandiere e stendardi dell’Esercito, della Marina e della Guardia di Finanza, con generali, comandanti d’armata, capi di stato maggiore dell’Esercito e della Marina; erano invitati, insieme alle diverse cariche dello Stato, decorati di medaglia d’oro e rappresentanze di mutilati, di madri e vedove di caduti e di ex combattenti.

La bara fu trasportata alla basilica di Santa Maria degli Angeli affiancata da decorati della medaglia d’oro e seguita a piedi dal re Vittorio Emanuele III e dalle cariche dello Stato. In piazza Esedra fu benedetta dal vescovo Angelo Bartolomasi e poi portata all’interno della basilica a spalla e posta su un catafalco per la cerimonia.

La bara rimase nella chiesa fino al 4 novembre con un picchetto d’onore in quattro ufficiali, quattro sottufficiali, quattro caporali, quattro soldati, quattro mutilati e quattro ex combattenti. Durante il giorno la chiesa fu aperta al pubblico per rendere omaggio al caduto.

All’Altare della Patria

Il 4 novembre, terzo anniversario della fine della Grande Guerra, alle 8:30 la bara fu caricata su un affusto di cannone. Il lungo corteo con i militari di Esercito, Marina, Guardia di Finanza e Guardia di Pubblica Sicurezza precedeva il carro, seguito a sua volta da dieci madri e da dieci vedove di caduti, da rappresentanti di cariche dello Stato e dell’Esercito e da rappresentanza di mutilati e di ex combattenti.

All’Altare della Patria attendevano il corteo il re Vittorio Emanuele III con la famiglia reale e le più alte cariche dello Stato, insieme a rappresentanze di madri e di vedove di caduti, rappresentanze di grandi mutilati, rappresentanze di associazioni e di ex combattenti. Il corteo giunse alle 9:30 riempiendo la piazza; la bara fu quindi portata a spalla alla tomba e sepolta accompagnata dal saluto militare.

Una tomba con la guardia d’onore

La tomba, realizzata ai piedi della Dea Roma, è in marmo Botticino e presenta sul fronte, al centro, l’iscrizione Ignoto Militi (“Al soldato ignoto” in latino) e nella parte inferiore le date MCMXV e MCMXVIII. Attorno è presente una decorazione di foglie di alloro mentre sopra vi è posta una corona d’alloro in bronzo con l’iscrizione: Ai prodi caduti / nella grande guerra liberatrice / le donne d’italia / MCMXXI. La corona attuale appare diversa da quella immortalata nelle fotografie del 1921 e del 1922, che aveva una parte che scendeva al di sotto del piano di appoggio. Fu forse sostituita in occasione dei lavori del 1924, che interessarono la parte centrale del Vittoriano.

Di fronte alla tomba sono posti due bracieri in cui arde una fiamma perenne; alla base di ognuno dei bracieri è posta una targa che riporta l’iscrizione Gli italiani all’estero / alla madre patria.

La tomba del Milite Ignoto è sempre sorvegliata da due militari (posizionati alle estremità del sacello) appartenenti alle diverse armi delle forze armate italiane che si alternano nel servizio. Originariamente era invece prevista una durata decennale per ogni arma: nei primi dieci anni il picchetto d’onore fu composto da Reali Carabinieri e il 24 maggio 1932 ci fu il passaggio di consegne alla fanteria. Attualmente i militari prestano un servizio di guardia di un’ora con riposo di quattro ore. E, poiché l’Altare della Patria è considerato zona militare, la guardia d’onore è armata e munita di munizioni.

La cripta

All’inizio del 1924, al fine di completare alcuni lavori alla parte centrale dell’Altare della Patria, la bara del Milite Ignoto fu temporaneamente spostata in un locale del Vittoriano. Fu in quell’occasione che Primo Acciaresi suggerì di creare una cripta, usando lo spazio inutilizzato al di sotto del monumento equestre di Vittorio Emanuele II; in questo modo si avrebbe potuto avere un luogo più adatto alle commemorazioni.

Il 24 maggio 1935, in occasione delle celebrazioni per il ventennale dell’entrata in guerra dell’Italia nel primo conflitto mondiale, il nuovo sacello fu inaugurato insieme al sacrario delle Bandiere. La lapide nel sacello, posta in corrispondenza della tomba esterna, riporta la motivazione della medaglia d’oro al valore militare conferita al Milite Ignoto, attorniata da sei spade (tre per lato) e con la data di inizio e di fine della Prima guerra mondiale per l’Italia.

Parti della cripta e del sepolcro furono realizzate con materiali lapidei provenienti dalle montagne che furono teatro degli scontri della prima guerra mondiale: il pavimento in marmo è del Carso, mentre il piccolo altare è modellato da un unico blocco di pietra proveniente dal monte Grappa.

L’omaggio al Milite Ignoto

Attualmente il Presidente della Repubblica rende omaggio al Milite Ignoto in tre diverse occasioni durante l’anno: il 25 aprile, il 2 giugno e il 4 novembre.

(Il Faro online)