Roma, legato a un termosifone tra le sue feci e urine: pitbull salvato dalla Polizia

10 novembre 2021 | 09:19
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Roma, legato a un termosifone tra le sue feci e urine: pitbull salvato dalla Polizia
Roma, legato a un termosifone tra le sue feci e urine: pitbull salvato dalla Polizia
Roma, legato a un termosifone tra le sue feci e urine: pitbull salvato dalla Polizia

Il proprietario del cane è stato denunciato per maltrattamenti e per occupazione abusiva dell’appartamento nel quale era rinchiuso l’animale

Roma – Dopo alcune segnalazioni da parte di alcuni condomini, inerenti il presunto maltrattamento di un cane, lunedì pomeriggio, gli agenti della Polizia di Stato del VI Distretto Casilino insieme a quelli di Polizia Roma Capitale – U.O. VI Gruppo “Torri”, sono intervenuti in via Agostino Mitelli per verificare quanto stesse accadendo.

Una volta davanti alla porta dell’appartamento, gli operatori hanno udito provenire dall’interno diversi lamenti non ben definiti. Dopo aver suonato più volte, non ricevendo risposta, hanno richiesto l’intervento dei Vigili del Fuoco per l’apertura della porta.

All’interno, gli agenti hanno rinvenuto un cane di razza “Pitbull” in pessime condizioni fisiche, legato ad un termosifone con un guinzaglio di circa mezzo metro e sommerso dalle proprie feci e urine.

Durante le operazioni di soccorso del povero animale, è tornato a casa l’occupante  dell’appartamento che, alla loro vista, ha tentato di scappare ma, inseguito, è stato bloccato. Lo stesso, 31enne capoverdiano noto alle forze di polizia, è risultato essere sottoposto all’obbligo di firma per reati inerenti gli stupefacenti.

Da ulteriori accertamenti eseguiti dagli operanti, l’uomo è risultato occupare senza alcun titolo l’alloggio e per tale motivo è scattata la denuncia per occupazione abusiva, oltreché per maltrattamenti cagionati dall’animale. Il 31enne è stato anche sanzionato in quanto il pitbull è risultato privo di microchip e non iscritto all’anagrafe canina.

Il cane è stato affidato alle cure alle guardie zoofile e del personale di una ditta autorizzata dalla ASL Roma 2.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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