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“Dialogo e incontro: così restituiamo dignità ai poveri dell’aeroporto di Fiumicino”

14 novembre 2021 | 07:03
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“Dialogo e incontro: così restituiamo dignità ai poveri dell’aeroporto di Fiumicino”

A tu per tu con don Giovanni Soccorsi, che da anni tende una mano agli scartati della società che si rifugiano nello scalo romano. E invita il Papa a visitare la sua parrocchia: “Lo attendiamo a braccia aperte”

Fiumicino – Padiglioni deserti, strade vuote. Il caos di rumori che regnava sovrano nell’aeroporto di Fiumicino improvvisamente sparisce. I motori degli aeroplani, quei pochi che decollano o arrivano, accennano una parvenza di normalità. E’ il lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19. Il “Da Vinci” si spopola di  passeggeri e lavoratori, ridotti al minino per garantire i servizi essenziali. C’è silenzio in aeroporto in quei mesi, lo stesso che avvolgeva le nostre città. Un silenzio che parla. O meglio, grida aiuto. Un aiuto che non tarda ad arrivare grazie all’opera di don Giovanni Soccorsi e dei volontari che anche nel momento più buio della storia recente dell’Italia non si è mai interrotta.

Non tutti lo sanno, ma don Giovanni è alla guida di una parrocchia sui generis, situata proprio nello scalo romano. Il “Da Vinci”, infatti, è l’unico aeroporto del mondo ad avere al suo interno una chiesa che ha anche il ruolo di parrocchia. E c’è anche una cappella dove è custodita una copia della Madonna di Loreto, Patrona degli Aeronauti, dove diverse persone si fermano a pregare. E non solo: “Prima della pandemia capitava spesso che qualcuno usasse la cappella per ricaricare il cellulare, all’inizio anche un po’ titubante, ma poi si sedeva e ricaricava anche l’anima“, racconta il prete a ilfaroonline.it.

Cosa fa in concreto assieme ai suoi volontari? “Tendiamo una mano a chi, quotidianamente vive in aeroporto, dormendo coperto con dei cartoni o delle coperte improvvisate. Aiutiamo chi cerca riparo dal freddo e dalle intemperie. Sono persone che nel corso della loro vita hanno forse fatto delle scelte sbagliate che, sommandosi, le hanno portate a vivere lontane dalla società”. E in aeroporto, anche durante il lockdown, queste persone non sono mancate. Un aiuto arriva anche dai padroni di casa: già da qualche anno, infatti, grazie a un accordo firmato tra la Caritas e Aeroporti di Roma, è nato un progetto che si pone l’obiettivo di assistere le persone senza fissa dimora all’aeroporto di Fiumicino e aiutarle a recuperare la propria dignità, migliorando le condizioni di vita e favorendo il ripristino delle relazioni familiari e sociali.

Ma durante la pandemia il “metodo classico” ha subito un cambiamento: “Loro erano impauriti: hanno visto l’aeroporto svuotarsi, i negozi e i bar chiudere da un momento all’altro. ‘Come troveremo da mangiare?’ la loro più grande paura – ci racconta don Giovanni -. Noi tutte le sere abbiamo portato a chi era fuori un pasto caldo”. Un gesto che non si limita a se stesso: “Con loro, qui in aeroporto, cerchiamo di instaurare un dialogo. Ci fermiamo a chiacchiere, parliamo un po’… Cerco di capire quali sono le loro necessità e i loro bisogni”. Che poi altro non sono se non un tetto sopra la testa e del cibo. “La parrocchia (che è stata messa in sicurezza dal punto di vista sanitario, per proteggere non solo i collaboratori ma anche e soprattutto gli ospiti che spesso, anche per pochissimi giorni, dimorano nella nostra struttura) fa quel che può – prosegue il sacerdote – ma non è né un dormitorio né una mensa. Il nostro aiuto consiste anche in questo: aiutarli a prendere coraggio per rivolgersi a strutture che offrono questi servizi. E, per chi si sente pronto, anche far rientro a casa, nei propri Paesi, tra le braccia dei familiari”.

C’è poi l’aspetto sanitario, fondamentale di questi tempi: “A tutti chiedo, con rispetto, se sono vaccinati. E se non lo sono e vogliono vaccinarsi, allora facilito, anche grazie allo straordinario lavoro di AdR, l’accesso alla vaccinazione nei punti allestiti nello scalo proprio da Aeroporti di Roma”. “Nessuno di loro – ci tiene a precisare don Giovanni – si è mai rifiutato o tirato indietro”. Perché, come dice Papa Francesco, “vaccinarsi è un atto d’amore. E contribuire a far sì che la maggior parte della gente si vaccini è un atto di amore” (leggi qui).

“L’incontro e il dialogo però rimangono il perno del mio lavoro. Perché solo dialogando emerge la vera storia di una persona che si cela dietro quel ‘ho sete’, ‘ho fame’, ‘ho freddo’“. Don Giovanni ricorda la storia di un italiano: “Era sardo, aveva lasciato tutto: famiglia, lavoro, casa. Voleva fare altro nella vita. Ma arrivato a Fiumicino è stato derubato. La Polizia, conoscendo il mio impegno, e non avendo lui un posto dove andare, lo ha indirizzato da me. E’ stato ospite da noi due giorni e dopo diverse chiacchierate ha fatto la sua scelta: è tornato a casa“. E così facendo mette in pratica quello che Papa Francesco ha chiesto a di fare a tutti gli uomini, credenti e non, durante l’incontro con i poveri ad Assisi (leggi qui): “E’ tempo che ai poveri sia restituita la parola, perché per troppo tempo le loro richieste sono rimaste inascoltate. È tempo che si spezzi il cerchio dell’indifferenza per ritornare a scoprire la bellezza dell’incontro e del dialogo. È il momento dell’incontro. Se l’umanità, se noi uomini e donne non impariamo a incontrarci, andiamo verso una fine molto triste“.

C’è poi un desiderio nel cuore di don Giovanni: “Spero che Papa Francesco torni a visitarci presto“. Il Pontefice argentino ha già fatto visita alla parrocchia dell’aeroporto a febbraio 2019, poco prima di partire per Abu Dhabi (leggi qui): “Quel giorno lo ricordo benissimo. Il Papa arrivò stanco, col viso segnato dalla stanchezza. Ma sceso dalla macchina, nell’abbracciare i clochard il suo viso tornò raggiante. Un sorriso così non lo aveva mai visto. Visitò la struttura, il dormitorio, la cucina. E disse due frasi che credo dovrei far incidere su una targa: ‘Grazie, grazie. Questo è quello che i voglio’. E per me e i volontari quelle parole sono state il sigillo sul nostro operato. Anche perché il nostro è un servizio normale. E’ il luogo che è straordinario”.

Il mio desiderio è che non si limiti però a una visita-lampo. Vorrei che si intrattenesse con gli ospiti, che parli con loro. Sarebbe bello se prima della fine del Giubileo Lauretano prolungato (leggi qui), venisse nella nuova cappella che si sta realizzando al Terminal 1 per pregare magari il Vespro proprio nella festa della Madonna di Loreto (festa che si celebra ogni anno il 10 dicembre, ndr). Noi lo attendiamo a braccia aperte“.

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