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Truffa dei Green pass su Telegram: certificati verdi a 100 euro

I truffatori, che assicuravano l’autenticità del green pass grazie a una presunta complicità di personale sanitario

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Nell’ambito di una complessa e innovativa indagine del IV Dipartimento (Frodi e Tutela del Consumatore – Cybercrime) della Procura della Repubblica di Milano, coordinata dal Procuratore Aggiunto Eugenio Fusco e diretta dai Sostituti Procuratori Bianca Maria Baj Macario e Maura Ripamonti, i Finanzieri del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche hanno concluso un’importante operazione di contrasto al fenomeno delle
truffe del “green pass”, identificando gli ideatori e materiali esecutori dell’illecita attività.

Gli strumenti di investigazione Bot e Avatar, di ultimissima generazione, messi in campo anche grazie all’ausilio fornito dal team di investigazioni informatiche di Group-IB, partner tecnologico di Interpol ed Europol, combinati a un innovativo e dinamico monitoraggio “real time” della rete e all’applicazione di tecniche di indagine all’avanguardia da parte dei militari della Guardia di Finanza, hanno consentito di individuare e perquisire diversi cittadini italiani in Veneto, in Liguria, in Puglia e in Sicilia, amministratori degli account   elegram, che promettevano a numerosissimi “clienti” di fornire green pass autentici, muniti di codici QR perfettamente idonei a superare i controlli imposti dalle norme vigenti.

I truffatori, che assicuravano l’autenticità del green pass grazie a una presunta complicità di personale  sanitario e che garantivano agli utenti la formula “soddisfatti o rimborsati”, richiedevano il pagamento del titolo rigorosamente in criptovalute.

Le indagini hanno consentito di smascherare i membri dell’organizzazione criminale – i quali hanno immediatamente ammesso le proprie responsabilità – ricostruirne completamente la rete della clientela e sottoporre a sequestro i profitti illeciti in criptomoneta. Bitcoin ed Ethereum erano quelle preferite.

Determinante, infatti, è stato il rinvenimento sui numerosi device degli indagati – sequestrati prima e analizzati poi – di fotografie di documenti di identità e tessere sanitarie di numerosi soggetti, referti attestanti la  negatività ai tamponi naso-faringei, attestazioni false di compiacimento di clienti per i green pass contraffatti e,  soprattutto, chat da cui emerge, in maniera eloquente, il subdolo modus operandi adottato dall’organizzazione  criminale.

Numerosissimi gli utenti della rete che – allo scopo di eludere le norme a tutela della collettività emanate dal legislatore per contrastare l’evolversi della pandemia in atto – attratti dall’idea di poter acquistare un green pass senza averne titolo per un costo di 100 euro, oltre ad aver perso la somma pattuita, hanno anche superficialmente condiviso i propri documenti di identità, esponendosi a elevati rischi circa un utilizzo illecito degli stessi.

L’operazione dimostra come il monitoraggio, attuato costantemente dalla Guardia di Finanza, dei settori economici resi maggiormente attrattivi dall’emergenza sanitaria e di quelli più vulnerabili a causa della recessione in atto, è fondamentale per arginare le mire espansionistiche della criminalità organizzata.

Per dovere di cronaca, e a tutela di chi è indagato, ricordiamo che un’accusa non equivale a una condanna, che le prove si formano in Tribunale e che l’ordinamento giudiziario italiano prevede comunque tre gradi di giudizio.

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