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Francesco: “Amare non è pretendere che la vita corrisponda alla nostra immaginazione”

1 dicembre 2021 | 11:19
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Francesco: “Amare non è pretendere che la vita corrisponda alla nostra immaginazione”

Il Pontefice ai fidanzati e gli sposi: “Litigate ma non finite la giornata senza fare pace. La guerra fredda del giorno dopo è pericolosissima”

Città del Vaticano – “Amare non è pretendere che l’altro o la vita corrisponda alla nostra immaginazione; significa piuttosto scegliere in piena libertà di prendersi la responsabilità della vita così come ci si offre”. Lo sottolinea Papa Francesco nel corso dell’Udienza Generale del mercoledì, svoltasi nell’Aula Paolo VI, in Vaticano. Continuando il ciclo di catechesi sulla figura di San Giuseppe, Bergoglio fa notare come lo sposo della Madonna dà una lezione importante, “perché sceglie Maria ad occhi aperti. Pensate, nel Vangelo di Giovanni si diceva a Gesù: ’noi non siamo figli di quella là’, vale a dire non siamo figli della prostituzione. Volevano sporcare la mamma di Gesù. Per me è il passaggio più sporco, più demoniaco del Vangelo”. Di seguito il testo completo della meditazione del Santo Padre.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Continuiamo il nostro cammino di riflessione sulla figura di San Giuseppe. Oggi vorrei approfondire il suo essere “giusto” e “promesso sposo di Maria”, e dare così un messaggio a tutti i fidanzati, anche ai novelli sposi. Molte vicende legate a Giuseppe popolano i racconti dei vangeli apocrifi, cioè non canonici, che hanno influenzato anche l’arte e diversi luoghi di culto. Questi scritti che non sono nella Bibbia – sono racconti che la pietà cristiana faceva in quel tempo – rispondono al desiderio di colmare i vuoti narrativi dei Vangeli canonici, quelli che sono nella Bibbia, i quali ci danno tutto ciò che è essenziale per la fede e la vita cristiana.

L’evangelista Matteo. Questo è importante: cosa dice il Vangelo su Giuseppe? Non cosa dicono questi vangeli apocrifi, che non sono una cosa brutta o cattiva; sono belli, ma non sono la Parola di Dio. Invece i Vangeli, che sono nella Bibbia, sono la Parola di Dio. Fra questi l’evangelista Matteo che definisce Giuseppe uomo “giusto”. Ascoltiamo il suo racconto: «Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo.Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto» (1,18-19). Perché i fidanzati, quando la fidanzata non era fedele o rimaneva incinta, dovevano denunciarla! E le donne in quel tempo erano lapidate. Ma Giuseppe era giusto. Dice: “No, questo non lo farò. Me ne sto zitto”.

Per comprendere il comportamento di Giuseppe nei confronti di Maria, è utile ricordare le usanze matrimoniali dell’antico Israele. Il matrimonio comprendeva due fasi ben definite. La prima era come un fidanzamento ufficiale, che comportava già una situazione nuova: in particolare la donna, pur continuando a vivere nella casa paterna ancora per un anno, era considerata di fatto “moglie” del promesso sposo. Ancora non vivevano insieme, ma era come se fosse la moglie. Il secondo atto era il trasferimento della sposa dalla casa paterna alla casa dello sposo. Ciò avveniva con una festosa processione, che completava il matrimonio. E le amiche della sposa la accompagnavano lì. In base a queste usanze, il fatto che «prima che andassero a vivere insieme, Maria si trovò incinta», esponeva la Vergine all’accusa di adulterio. E questa colpa, secondo la Legge antica, doveva essere punita con la lapidazione (cfr Dt 22,20-21). Tuttavia, nella prassi giudaica successiva aveva preso piede un’interpretazione più moderata che imponeva solo l’atto del ripudio ma con conseguenze civili e penali per la donna, ma non la lapidazione.

Il Vangelo dice che Giuseppe era “giusto” proprio perché sottomesso alla legge come ogni uomo pio israelita. Ma dentro di lui l’amore per Maria e la fiducia che ha in lei gli suggeriscono un modo che salvi l’osservanza della legge e l’onore della sposa: decide di darle l’atto di ripudio in segreto, senza clamore, senza sottoporla all’umiliazione pubblica. Sceglie la via della riservatezza, senza processo e rivalsa. Ma quanta santità in Giuseppe! Noi, che appena abbiamo una notizia un po’ folcloristica o un po’ brutta su qualcuno, andiamo al chiacchiericcio subito! Giuseppe invece sta zitto.

Ma aggiunge subito l’evangelista Matteo: «Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo.Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”» (1,20-21). Interviene nel discernimento di Giuseppe la voce di Dio che, attraverso un sogno, gli svela un significato più grande della sua stessa giustizia. E quanto è importante per ciascuno di noi coltivare una vita giusta e allo stesso tempo sentirci sempre bisognosi dell’aiuto di Dio! Per poter allargare i nostri orizzonti e considerare le circostanze della vita da un punto di vista diverso, più ampio. Tante volte ci sentiamo prigionieri di quello che ci è accaduto: “Ma guarda cosa mi è successo!” e noi rimaniamo prigionieri di quella cosa brutta che ci è accaduta; ma proprio davanti ad alcune circostanze della vita, che ci appaiono inizialmente drammatiche, si nasconde una Provvidenza che con il tempo prende forma e illumina di significato anche il dolore che ci ha colpiti. La tentazione è chiuderci in quel dolore, in quel pensiero delle cose non belle che sono successe a noi. E questo non fa bene. Questo porta alla tristezza e all’amarezza. Il cuore amaro è così brutto.

Vorrei però che ci fermassimo a riflettere su un dettaglio di questa storia narrata dal Vangelo e che molto spesso trascuriamo. Maria e Giuseppe sono due fidanzati che probabilmente hanno coltivato dei sogni e delle aspettative rispetto alla loro vita e al loro futuro. Dio sembra inserirsi come un imprevisto nella loro vicenda e, seppure con una iniziale fatica, entrambi spalancano il cuore alla realtà che si pone loro innanzi.

Cari fratelli e care sorelle, molto spesso la nostra vita non è come ce la immaginiamo. Soprattutto nei rapporti di amore, di affetto, facciamo fatica a passare dalla logica dell’innamoramento a quella dell’amore maturo. E si deve passare dall’innamoramento all’amore maturo. Voi novelli sposi, pensate bene a questo. La prima fase è sempre segnata da un certo incanto, che ci fa vivere immersi in un immaginario che spesso non corrisponde alla realtà dei fatti. Ma proprio quando l’innamoramento con le sue aspettative sembra finire, lì può cominciare l’amore vero. Amare infatti non è pretendere che l’altro o la vita corrisponda alla nostra immaginazione; significa piuttosto scegliere in piena libertà di prendersi la responsabilità della vita così come ci si offre. Ecco perché Giuseppe ci dà una lezione importante, sceglie Maria “a occhi aperti”. E possiamo dire con tutti i rischi. Pensate, nel Vangelo di Giovanni, un rimprovero che fanno i dottori della legge a Gesù è questo: “Noi non siamo figli che provengono di là”, in riferimento alla prostituzione. Ma perché questi sapevano come Maria è rimasta incinta e volevano sporcare la mamma di Gesù. Per me è il passaggio più sporco, più demoniaco del Vangelo. E il rischio di Giuseppe ci dà questa lezione: prende la vita come viene. Dio è intervenuto lì? La prendo. E Giuseppe fa come gli aveva ordinato l’angelo del Signore: Dice infatti il Vangelo: «Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore prese con sé la sua sposa,la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù» (Mt 1,24-25). I fidanzati cristiani sono chiamati a testimoniare un amore così, che abbia il coraggio di passare dalle logiche dell’innamoramento a quelle dell’amore maturo. E questa è una scelta esigente, che invece di imprigionare la vita, può fortificare l’amore perché sia durevole di fronte alle prove del tempo. L’amore di una coppia va avanti nella vita e matura ogni giorno. L’amore del fidanzamento è un po’ – permettetemi la parola –, un po’ romantico. Voi lo avete vissuto tutto, ma poi comincia l’amore maturo, di tutti i giorni, il lavoro, i bambini che arrivano. E alle volte quel romanticismo sparisce un po’. Ma non c’è amore? Sì, ma amore maturo. “Ma sa, padre, noi delle volte litighiamo …” Questo succede dal tempo di Adamo ed Eva ad oggi: che gli sposi litigano è il pane nostro di ogni giorno. “Ma non si deve litigare?” Sì, si può. “E padre, ma alle volte alziamo la voce” – “Succede”. “E anche alle volte volano i piatti” – “Succede”. Ma come fare perché questo non danneggi la vita del matrimonio? Ascoltate bene: non finire mai la giornata senza fare la pace. Abbiamo litigato, io ti ho detto delle parolacce Dio mio, ti ho detto cose brutte. Ma adesso finisce la giornata: devo fare la pace. Sapete perché? Perché la guerra fredda del giorno dopo è pericolosissima. Non permettere che il giorno dopo incominci in guerra. Per questo fare la pace prima di andare a letto. Ricordatevi sempre: mai finire la giornata senza fare la pace. E questo vi aiuterà nella vita matrimoniale. Questo percorso dall’innamoramento all’amore maturo è una scelta esigente, ma dobbiamo andare su quella strada. E anche questa volta concludiamo con una preghiera a San Giuseppe.

San Giuseppe,
tu che hai amato Maria con libertà,
e hai scelto di rinunciare al tuo immaginario per fare spazio alla realtà,
aiuta ognuno di noi a lasciarci sorprendere da Dio
e ad accogliere la vita non come un imprevisto da cui difendersi,
ma come un mistero che nasconde il segreto della vera gioia.
Ottieni a tutti i fidanzati cristiani la gioia e la radicalità,
conservando però sempre la consapevolezza
che solo la misericordia e il perdono rendono possibile l’amore. Amen.

I saluti

Nel salutare i pellegrini di lingua italiana, rivolgo il mio pensiero agli Istituti religiosi femminili che celebrano il loro Capitolo Generale: le Suore di San Giuseppe di Chambéry, le Suore Missionarie del Catechismo, le Suore Missionarie dell’Apostolato Cattolico e le Suore Ospedaliere della Misericordia. E sono brave queste suore, tutte! Sono brave. Per ciascuna invoco la continua assistenza del Signore, affinché i momenti di riflessione e di discernimento le rafforzino nel generoso impegno di fedeltà al Vangelo.

Saluto il Gruppo Ologramma di Modena ed auguro che le musiche, apprese ed eseguite con tanto impegno, diventino un richiamo a vivere con gioia ogni stagione dell’esistenza. Questa orchestra ci ha portato tanta gioia ed è composta da persone che hanno quella via aperta della tenerezza più che gli altri. Fanno la musica con quella tenerezza che è propria del loro modo di essere. Ringrazio tanto.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, agli anziani, agli ammalati, ai giovani e agli sposi novelli. Agli anziani: non trascurarli e se potete tenerli in famiglia, non mandateli fuori perché gli anziani sono le nostre radici e non vanno trascurati. Il tempo d’Avvento ci invita a prepararci al Natale, accogliendo senza timore Gesù Cristo che viene in mezzo a noi. Se gli spalanchiamo la porta della vita, tutto acquista una luce nuova e la famiglia, il lavoro, il dolore, la salute, l’amicizia, e così avanti, diventano altrettante occasioni per scoprire la sua consolante presenza, la presenza di Gesù nella nostra vita, presenza di Emmanuele, del Dio che viene, che vuol dire Dio con noi e per testimoniare questa sua presenza agli altri. Prepariamoci così, allargando il cuore per il Natale.

Gli appelli

Ricorre oggi la Giornata Mondiale contro l’AIDS. È un’importante occasione per ricordare le tante persone affette da questo virus, per molte delle quali, in alcune zone del mondo, non è disponibile l’accesso alle cure essenziali. Auspico un rinnovato impegno solidale per garantire trattamenti sanitari equi ed efficaci.

Domani mi recherò a Cipro e poi in Grecia per compiere una visita alle care popolazioni di quei Paesi ricchi di storia, di spiritualità e di civiltà. Sarà un viaggio alle sorgenti della fede apostolica e della fraternità tra cristiani di varie confessioni. Avrò anche l’opportunità di avvicinare un’umanità ferita nella carne di tanti migranti in cerca di speranza: mi recherò a Lesvos. Vi chiedo, per favore, di accompagnarmi con la preghiera. Grazie.

(Il Faro online) Foto © Vatican Media – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Papa & Vaticano
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