La denuncia: “Noi, mamme di ragazzi con DSA, abbandonate da scuola e sanità”

8 dicembre 2021 | 08:00
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La denuncia: “Noi, mamme di ragazzi con DSA, abbandonate da scuola e sanità”

La storia di Giulia, madre di due ragazzi con un disturbo specifico dell’apprendimento: “Ci lasciano soli in balìa della burocrazia”

Ostia – Avere un bambino con un disturbo specifico dell’apprendimento non è facile, neppure nel 2021. Non è facile perché, dalla diagnosi (e spesso anche prima) in poi, ogni giorno finisce col trasformarsi in una sfiancante “battaglia” non solo con la scuola, ma anche col sistema sanitario.

Lo sa bene Giulia (nome di fantasia), madre di due bambini a cui è stato diagnosticato un DSA e che frequentano degli istituti del Municipio X di Roma.

Ci sono voluti quasi tre anni e due scuole diverse perché al suo primo figlio venisse riconosciuto un disturbo specifico dell’apprendimento ma, racconta Giulia a ilfaroonline.it, le difficoltà non sono certe finite lì: “L’istituto che frequenta oggi è un buon istituto, ma noi genitori dobbiamo sempre stargli col fiato sul collo. Gli studenti con DSA dovrebbero ricevere un piano didattico personalizzato, e ci sono insegnanti che non sanno neppure cosa sia. Dovrebbero vedersi assegnare meno compiti, ma spesso sono io a doverglieli ridurre in autonomia”.

“Mi rendo conto – spiega – che le risorse e i mezzi a disposizione dei docenti siano davvero pochi, e che in moltissimi facciano tutto il possibile per venire incontro agli alunni con DSA. Ma quello che ho potuto constatare nella mia esperienza personale è che la maggior parte degli insegnanti non riceve alcuna formazione in materia, e non sa dove mettere le mani”.

Non c’è la giusta assistenza, il giusto supporto ai genitori di bambini e ragazzi con DSA“, sostiene Giulia. “Quello che intendo dire è che le cose da fare sono molte, anche e soprattutto dal punto di vista burocratico, e per i genitori può essere davvero molto difficile orientarsi”.

Persino ricevere una diagnosi, ci racconta, è tutt’altro che semplice, dal momento che le strutture pubbliche hanno tempi d’attesa piuttosto lunghi – mesi, o addirittura anni – e chi vuole accorciarli deve necessariamente rivolgersi al privato, arrivando a dover sborsare anche 300 euro. “L’ente o struttura che certifica la diagnosi – spiega – deve essere accreditato. Ci sono anche associazioni che fanno diagnosi di DSA, sempre a pagamento, ma poi devi comunque passare per il sistema sanitario nazionale perché vengano certificate. Molti genitori non lo sanno, e molti altri non hanno la disponibilità economica per rivolgersi a strutture private, ma è chiaro che aspettare mesi possa avere ripercussioni non da poco sul percorso scolastico del bambino”.

E neppure dopo la diagnosi le cose sembrano andare meglio. Per cercare di ridurre le loro difficoltà, infatti, i bambini con DSA dovrebbero iniziare immediatamente dei percorsi – di neuropsicomotricità, ad esempio, ma non solo – che possano compensare le loro “lacune”. Ma spesso, ci dice Giulia, è molto difficile accedervi: “Come per la diagnosi, anche per le terapie ci sono, nelle strutture pubbliche, tempi d’attesa lunghissimi, e spesso l’unica soluzione è rivolgersi ai privati. Ma si tratta di percorsi molto costosi, che prevedono più appuntamenti a settimana, e non tutti possono permettersele”.

Lo Stato – spiega – riconosce un’indennità ai ragazzi che hanno forme di DSApiù gravi e a cui è stata data la 104, ma in moltissimi non lo sanno, perché nessuno, a scuola o alla Asl, ce lo dice”.

Quello dei genitori di ragazzi con DSA sembra, quindi, quasi un percorso ad ostacoli, costellato da difficoltà burocratiche d’ogni tipo. Per questo Giulia ha deciso di mettere i suoi anni d’esperienza – e di battaglie – a disposizione della sua comunità, divenendo una sorta di punto di riferimento per le famiglie che frequentano gli stessi plessi dei suoi bambini.

Tanti genitori non sanno come muoversi, a chi rivolgersi, e la scuola è poco d’aiuto. Io stessa dedico, ancora oggi, gran parte della mia giornata a questo, a districarmi fra la burocrazia”, racconta.

Insomma, sostiene Giulia, se è vero che le risorse a disposizione di scuola e sanità non sono tantissime, è altrettanto vero che quelle che ci sono potrebbero essere sfruttate decisamente meglio. “Il Centro territoriale di supporto alla disabilità del Municipio X è l’Istituto comprensivo Aristide Leonori, ad Acilia, una vera e propria eccellenza del nostro territorio. Dovrebbe essere un punto di riferimento per tutte le famiglie del Municipio X, e anche per  le scuole, che lì possono richiedere informazioni e finanziamenti per venire incontro agli alunni con DSA e non solo. Purtroppo questo avviene molto di rado, soprattutto perché molti genitori e insegnanti non ne sono neanche a conoscenza“.

La speranza di Giulia, ora, è che la sua testimonianza e il suo lavoro possano contribuire a sensibilizzare scuole e istituzioni del territorio sul tema: “Mi auguro che la nuova Amministrazione voglia aiutarci a cambiare le cose, magari aprendo uno sportello in Municipio che possa guidare docenti e famiglie”, dice. “Certo è che da soli non si può più andare avanti”.

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