Seguici su

Cerca nel sito

Scuola, pensione anticipata per pochi. Anief: “Bisogna uscire a 61 anni, senza tagli”

Marcello Pacifico: "Bisogna adeguarsi ai Paesi più economicamente sviluppati, separando la spesa per le pensioni da quella del bilancio del welfare"

Più informazioni su

Un anno di “Quota 102”, l’anticipo concesso solo ai maestri della scuola d’infanzia e primaria, la conferma dell’Opzione donna che ti permette di lasciare il servizio in cambio della pensione poco più che sociale: poi via quasi tutti a 67 anni, come previsto dalla Legge Fornero. È questa la grigia prospettiva contenuta nella manovra di fine anno contro la quale Anief si è opposta ed ha presentato una serie di emendamenti proprio alla Legge di Bilancio 2022, a favore del personale dei comparti Istruzione, Ricerca e Sanità. Tra le richieste del sindacato, figurano l’uscita anticipata a partire dai 61 anni, con 35 anni di contributi, senza decurtazioni e con il calcolo interamente retributivo, diventata sempre più necessaria a seguito della pandemia e del gravoso stress psicofisico che vive il personale. Per Anief occorre equiparare i parametri già previsti per i lavoratori delle forze armate ai dipendenti della scuola; bisogna andare pure a cancellare le vigenti decurtazioni del trattamento retributivo ai fini del finanziamento del TFR ed introdurre nell’Ape Sociale tutta la categoria dei docenti.

Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “occorre adeguarsi ai Paesi più economicamente sviluppati, separando la spesa per le pensioni da quella del bilancio del welfare. Come anche riconoscere una finestra per il rischio burnout per il personale scolastico, particolarmente esposto a patologie anche tumorali. Invece, è stata concessa solo un’apertura ai maestri della scuola primaria che possono aderire all’Ape Social. Sarebbe più giusta una ‘Quota 98’ per tutti e il riscatto gratuito della laurea, come pure proposto dal presidente Inps, anche per svecchiare la categoria”.

Gli emendamenti per lasciare prima il lavoro

Il sindacato ha chiesto, considerando “il carattere peculiare delle professioni” che si svolgono in tali ambiti, “la previsione di un’agevolazione per l’accesso al trattamento di quiescenza, con requisiti che prevedano l’uscita anticipata dai 61 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi”. Inoltre, tale facoltà non dovrebbe comportare il calcolo contributivo dell’assegno pensionistico, alla luce dell’attuale situazione pandemica unita al “diffuso e gravoso stress psicofisico, unito all’attuale pesante gap generazionale tra personale scolastico e discenti”. Per Anief, si legge ancora negli emendamenti, chiede quindi “un’apposita finestra che permetta l’accesso e la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità secondo le regole previgenti la riforma cosiddetta ‘Fornero'”. Di fatto, il sindacato chiede di “allargare l’attuale finestra di pensione anticipata prevista soltanto per il personale delle forze armate” anche “al personale delle istituzioni scolastiche, a decorrere, dal 1° settembre 2022”, applicando quindi gli stessi “trattamenti pensionistici, in ragione del carattere altamente gravoso della professione”.

Riguardo la questione irrisolta dell’Interruzione e recupero del Trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici TFR, Anief chiede “di garantire la parità di trattamento con i dipendenti del settore privato”, facendo venire meno la “trattenuta del 2,50 % sull’80% della retribuzione lorda, ovvero del 2% sulla retribuzione complessiva annuale, per il finanziamento del Trattamento di fine rapporto”. Dal 2022, scrive ancora il sindacato, questa trattenuta dovrà essere effettuata in base all’articolo 2120 c.c., “con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento”, cancellando in tal modo “le illegittime decurtazioni del proprio trattamento retributivo ai fini del finanziamento del TFR che deve essere a totale carico del datore di lavoro – amministrazione, come per i lavoratori privati dove la “rivalsa del 2,50% a carico dei dipendenti non è praticata”.

Infine, Anief chiede di allargare il carattere della gravosità della professione docente a tutti gli ordini di scuola, non fermandosi alla scuola dell’infanzia e primaria, anche perché, si legge nell’emendamento, “i nostri docenti sono i più anziani non solo tra i Paesi sviluppati rispetto all’Europa ma anche a tutto il mondo: ben il 58% dei docenti italiani, tra elementari e superiori, ha più di 50 anni, contro una media OCSE del 34%”.
Il Faro online – Clicca qui per leggere tutte le notizie di Scuola

Più informazioni su