Lama, condor e folk latinoamericano: albero e presepe si accendono in piazza San Pietro

10 dicembre 2021 | 18:40
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Lama, condor e folk latinoamericano: albero e presepe si accendono in piazza San Pietro

In piazza San Pietro brillano il presepe peruviano e il grande abete dalle Dolomiti. Il Papa: “Non viviamo un Natale finto, non inquiniamolo col consumismo e l’indifferenza”

Città del Vaticano – Lama, condor e un angelo col flauto andino che ricorda gli Inti-Illimani. Accanto un abete rosso di 28 metri. Risplendono anche sotto la pioggia l’albero di Natale e il presepe che abbelliranno, fino al 9 gennaio 2022, piazza San Pietro.

Il presepe, proveniente dal Perù, che festeggia i 200 anni dell’indipendenza, riproduce uno spaccato della vita dei popoli delle Ande e simboleggia la chiamata universale alla salvezza, in quanto il Figlio di Dio si è incarnato per salvare ogni uomo e donna della terra, a qualunque lingua, popolo, cultura e nazione essi appartengano.

Le statue del Bambino Gesù, della Vergine Maria, di San Giuseppe, dei Re Magi e dei pastori sono realizzate a grandezza naturale con materiali come la ceramica, il legno maguey (agave) e la vetroresina, e sono vestite con i tipici costumi Chopcca. Gesù ha le sembianze di un bambino “Hilipuska”, così chiamato perché avvolto da una tipica coperta Huancavelica ed è legato con un “chumpi” o cintura intrecciata. I Re Magi hanno delle bisacce o sacchi contenenti alimenti caratteristici di Huancavelica, come patate, quinoa, kiwicha, cañihua, e saranno accompagnati da dei lama che porteranno sul dorso una bandiera peruviana. La nascita del Salvatore è annunciata da un angelo bambino, che suonerà il tipico strumento a fiato chiamato Wajrapuco.

Nel Presepe trovano spazio anche statue dei diversi animali appartenenti alla fauna locale come alpaca, vigogne, pecore, vizcachas, parihuanas e il condor andino, simbolo nazionale del Perù. Vi è, in scala ridotta, anche una rappresentazione della comunità Chopcca, con la sua cultura, tradizione e strumenti di lavoro ancestrali, che i contadini usano per arare la terra. Chopcca è una comunità di lingua quechua di poco più di 10.000 abitanti. La comunità rurale si trova a est della città di Huancavelica, capitale del dipartimento omonimo, a un’altitudine che va dai 3.680 ai 4.500 metri sul livello del mare, in un territorio che è attraversato dal Qhapaq Ñan o Sentiero Inca.

L’abete rosso

Altra cultura, quella della popolazione di Andalo, da dove arriva l’abete natalizio. “Ntant che pòlsest va a tagliar su legna” (mentre ti riposi taglia un po’ di legna!). È il detto anderlero che ben rappresenta l’operosità e il modo di affrontare la vita degli abitanti di questa località trentina.

Immersa tra i boschi e il verde altopiano compreso tra le Dolomiti di Brenta e la Paganella, Andalo è incluso nei comuni aderenti al Parco Naturale Adamello Brenta. È circondato da boschi in prevalenza composti da aghifoglie e latifoglie. È da questi boschi secolari che è stato prelevato il grande abete addobbato con palle e decorazioni tipiche.

Il Papa: “Non inquiniamo il Natale con l’indifferenza”

Natale è questo, non lasciamolo inquinare dal consumismo e dall’indifferenza. I suoi simboli, specialmente il presepe e l’albero addobbato, ci riportano alla certezza che ci riempie il cuore di pace, alla gioia per l’Incarnazione, a Dio che diventa familiare: abita con noi, ritma di speranza i nostri giorni”, le parole di Papa Francesco, che questa mattina ha incontrato le delegazioni dei paesi che hanno donato il presepe e l’albero che addobbano piazza San Pietro e l’Aula Paolo VI.

“L’albero e il presepio – sottolinea – ci introducono a quel clima tipico del Natale che fa parte del patrimonio delle nostre comunità: un clima ricco di tenerezza, di condivisione e di intimità familiare. Non viviamo un Natale finto, per favore, un Natale commerciale! Lasciamoci avvolgere dalla vicinanza di Dio, questa vicinanza che è compassionevole, che è tenera; avvolgere dall’atmosfera natalizia che l’arte, le musiche, i canti e le tradizioni fanno scendere nel cuore”.

“Natale – conclude il Papa -, è festa della fiducia e della speranza. La ragione della speranza è che Dio è con noi, si fida di noi e non si stanca mai di noi! E non si stanca mai di perdonare: siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Viene ad abitare con gli uomini, sceglie la terra come sua dimora per stare insieme a noi e assumere le realtà dove trascorriamo i nostri giorni. Questo ci insegna il presepe. A Natale Dio si rivela non come uno che sta in alto per dominare, ma come Colui che si abbassa, piccolo e povero, compagno di strada, per servire: questo significa che per assomigliare a Lui la via è quella dell’abbassamento, del servizio. Perché sia davvero Natale, non dimentichiamo questo: Dio viene a stare con noi e chiede di prendersi cura dei fratelli e delle sorelle, specialmente dei più poveri, dei più deboli, dei più fragili, che la pandemia rischia di emarginare ancora di più. Così è venuto Gesù, e il presepe ce lo ricorda”.

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